SULLE ORME DI RENZO. PASSEGGIATA MANZONIANA

Sulle orme di Renzo. Passeggiata manzoniana – Milano cambia ogni giorno, ed è sempre più bella. Milano non è una, ma tante città, e offre infiniti itinerari. Se la storia dell’ingenuo Renzo e della dolce Lucia evoca tetri ricordi scolastici, una passeggiata manzoniana, che richiederà un paio d’ore a partire dal centro di Milano, può aiutarci a esorcizzarli e a riscoprire un grande romanzo che la scuola è riuscita a farci odiare… forse perché bisognerebbe vietarlo ai minori di trent’anni: più o meno è questa l’età minima per apprezzarlo! Del resto, dopo numerose riprese televisive e cinematografiche, oggi è anche un musical, ennesima riprova della sua permanenza e vitalità.
I MIRACOLI DI DON LISANDER
Alessandro Manzoni è una gloria milanese e ci fu un momento in cui si pensò addirittura di farlo santo. Il 31 ottobre del 1959 si preparava la festa dei morti nel Famedio del Cimitero monumentale e gli operai incaricati di spostare l’enorme arca di Don Lisander decisero di smontarla, perché era troppo pesante. Sollevato il coperchio, «d’improvviso si levò un coro di esclamazioni soffocate e alcuni balzarono addirittura verso l’urna scoperchiata: dalla tomba aperta usciva una luce abbagliante, la bara di Alessandro Manzoni risplendeva come un lampadario!» (Enrico Nardini, La Settimana Incom, 24 marzo 1960). La luce fu presto spiegata con un raggio di sole riflesso dal sarcofago di cristallo, ma ad avvalorare l’idea del miracolo si aggiunse il fatto che la salma appariva intatta. Manzoni, si scoprì, era stato imbalsamato alla perfezione da grandi professionisti del settore. Nel frattempo, però, si era diffuso tramite i giornali il tam-tam del “perché non farlo santo?”. Si era già proposto di santificare Dante Alighieri, Cristoforo Colombo e Girolamo Savonarola (proprio così), e allora perché non il Manzoni? Anzi, perché non trasferirlo nel Duomo e metterci anche, per esempio, Giuseppe Verdi, per fare una Santa Croce milanese? Non se ne fece nulla, ma uno studioso dell’epoca era convinto che, per non compromettere l’immagine di rettitudine dello scrittore, fossero state distrutte le prove anagrafiche di una sua paternità illegittima (testimoniata invece da alcune lettere).
MONDI PARALLELI: UNA CITTÀ, TRE EPOCHE
La Milano descritta nei Promessi sposi è sospesa tra due epoche, quella in cui è ambientato il romanzo (il 1628-1630) e quella in cui Manzoni, duecento anni dopo, lo scrisse (1821-1840). Ripercorrere oggi l’itinerario di Renzo descritto nel libro significa sovrapporre una terza dimensione temporale, e altri due secoli di storia. Un bell’esercizio di equilibrismo spazio-temporale. Sarà facile seguire il percorso mentalmente; se non siete pratici di Milano, basterà osservare le mappe che troverete lungo l’articolo.
DA MONZA A MILANO
Renzo arriva a Milano da Monza, dove ha lasciato Lucia al convento della famosa monaca Gertrude, passando per Sesto San Giovanni e Greco Pirelli. Seguendo più o meno quella che oggi è via Emilio De Marchi, raggiunge via Melchiorre Gioia, allo sbocco del Naviglio Martesana. Forse proprio qui, all’altezza della Cassina de Pomm, si ferma ad ammirare il Duomo all’orizzonte e a salutare nostalgicamente il “suo” Resegone. È l’11 novembre 1628 e in città è scoppiata una rivolta per l’aumento del prezzo del pane. Renzo porta con sé una lettera di presentazione di Fra’ Cristoforo ed è diretto al convento di Padre Bonaventura, nei pressi di Porta Orientale (oggi Porta Venezia), nell’odierna via dei Cappuccini. Quindi imbocca via Edolo (da ora in poi, per semplicità, indicheremo i nomi attuali delle vie), oltrepassa viale Lunigiana ed entra in via Ponte Seveso (il fiume omonimo allora scorreva lì); prosegue per via Filzi e all’altezza di via Marangoni incontra un uomo gentile che gli indica una scorciatoia per Porta Venezia.
IL LAZZARETTO
Seguendo il consiglio, Renzo costeggia un lato del Lazzaretto, una struttura destinata ad accogliere gli ammalati di peste, in quel momento vuoto, perché la peste non è ancora scoppiata. Costruito alla fine del Trecento, il Lazzaretto fu demolito alla fine dell’Ottocento: oggi rimangono solo la chiesa di San Carlo al Lazzaretto (che si trovava al centro, in modo che tutti i malati potessero assistere alla messa) e pochi resti in fondo a via San Gregorio, al numero 5, dove si trova la chiesa russa ortodossa di San Nicola.

CORSO BUENOS AIRES
Il lato dell’edificio del Lazzaretto percorso da Renzo termina nell’attuale corso Buenos Aires, che allora era in aperta campagna e si chiamava Stradone per Loreto perché portava alla chiesa di S. Maria di Loreto, luogo di pellegrinaggio dedicato alla Madonna Nera, che si trovava all’incirca in via Vallazze. L’attuale piazzale Loreto, che prendeva il nome dalla vicina chiesa, era fuori Milano (nel Comune di Greco Milanese). La giurisdizione della città, nel Seicento, si fermava alla cerchia interna dei Navigli, che scorrevano fino a via S. Damiano e via Senato.
BASTIONI DI PORTA VENEZIA
Renzo entra a Milano da Porta Orientale, oggi piazza Oberdan. All’epoca, infatti, i due attuali caselli del dazio di Porta Venezia, costruiti verso il 1829, non esistevano. La Porta attraversata da Renzo consiste in due pilastri coperti da una tettoia, con a fianco una piccola costruzione con il presidio delle guardie, che lo lasciano entrare senza fermarlo (motivo di stupore, dopo la gentilezza del passante che gli aveva suggerito la scorciatoia: in provincia non circolavano buone voci sugli abitanti della grande città).
CORSO VENEZIA
Renzo imbocca corso Venezia, in mezzo al quale allora scorreva un piccolo corso d’acqua: una zona periferica e poco abitata, con orti, giardini privati e casette di lavandai. Tutta quest’area venne riprogettata alla fine del Settecento, quando il corso di Porta Orientale (Porta Venezia dal 1859, dopo la pace di Villafranca) diventò la via più moderna e signorile della città, poiché conduceva a Vienna, la capitale. Da allora la nobiltà milanese cominciò a costruirvi palazzi lussuosi. La prima traversa a sinistra di corso Venezia si chiama via Borghetto: all’imbocco di questa via si ergeva la Croce di San Dionigi, sotto la quale Renzo trova delle pagnotte abbandonate. Poco dopo assiste, incredulo, alle discussioni fra i membri di una famiglia che si allontanano carichi di farina e pani.
GIARDINI DI PORTA VENEZIA
Renzo passa vicino agli attuali giardini Pubblici di Porta Venezia, che non esistevano ancora (risalgono al Settecento); più o meno dove adesso si trovano il Museo di Storia Naturale e il Planetario c’era invece l’antichissima basilica di S. Dionigi, fondata da S. Ambrogio, oggi purtroppo andata distrutta. Il sarcofago di Ariberto e la croce del Carroccio, un tempo nella basilica, si trovano oggi al Duomo.
VIA CAPPUCCINI
Renzo è venuto a Milano per chiedere asilo a padre Bonaventura, nel convento dei Cappuccini. Il nome della via ricorda proprio la presenza del convento, di cui oggi non rimane nulla. Padre Bonaventura non c’è, quindi Renzo decide di andare a fare un giro per la città, incuriosito dai rumori che sente in lontananza.
CORSO VITTORIO EMANUELE
All’incrocio tra via S. Damiano e via Senato si trovava un ponte per attraversare il Naviglio che scorreva lì. Da piazza S. Babila, Renzo imbocca corso Vittorio Emanuele, allora denominato corsia dei Servi e diviso in tre parti: la contrada dei Sacchetti, collocata dove adesso si trova la chiesa di S. Carlo al Corso; la Stretta dell’Uomo di pietra, dalla statua romana chiamata dai milanesi l’Omm de preja e usata per attaccarvi foglietti con battute satiriche su uomini famosi; la contrada del Còmpito (forse per la presenza, in epoca romana, di un tempio ai Lari Compitali). Qui, all’incirca all’altezza del numero 1 di corso Vittorio Emanuele, Renzo si ferma a vedere il Forno delle Grucce preso d’assalto dalla folla affamata. Il negozio, realmente esistito, era gestito dalla nobile famiglia degli Scansi, pristinum Scanciorum, che Manzoni traduce erroneamente scambiando il cognome con la traduzione in milanese del termine scansi (“grucce”). Il locale, forte della fortuna manzoniana, riaprì nel 1870 (fino al 1919): il nuovo proprietario regalò a Manzoni dei dolci deliziosi e lo scrittore lo ringraziò con questo messaggio:
Al forno delle Grucce, ricco ormai di fama propria e non bisognoso di fasti genealogici, Alessandro Manzoni, solleticato voluttuosamente con un vario e squisito saggio nella gola e nella vanità, due passioni che crescono con gli anni, presenta i più vivi e sinceri ringraziamenti.
PIAZZA DUOMO
Renzo segue la folla e arriva a piazza del Duomo, dove osserva con meraviglia l’immensa cattedrale, ancora in costruzione (“la gran macchina del Duomo”). La piazza era più piccola di quella attuale e al posto dei portici c’erano dei quartieri popolari.

PIAZZA DEI MERCANTI
Lasciato il Duomo alle spalle, Renzo passa per la piccola via della Pescheria vecchia (dove si teneva il mercato del pesce) e passa sotto l’arco dell’omonima Porta: non è rimasta traccia né della via né della Porta, quindi oggi Renzo imboccherebbe via Mercanti. Manzoni accenna a come doveva essere Piazza Mercanti nel Seicento: una piazza chiusa da portici, con il mercato del pesce, le carceri della Malastalla, il palazzo dei Giureconsulti con la statua di Filippo II (oggi sostituita da quella di S. Ambrogio).
PIAZZA CORDUSIO
In piazza Cordusio c’è un altro forno presidiato dalle guardie. Percorsa via Mercanti, Renzo sbuca nella via dei Fustagnai (che non esiste più) e quindi nel Cordusio, che nel Seicento era solo uno slargo il cui nome deriva forse dall’antico palazzo di Albino, generale di Alboino e primo governatore longobardo della città.
VIA SANTA MARIA SEGRETA
La folla, impossibilitata ad assaltare il forno del Cordusio, si dirige verso la casa del Vicario di Provvisione, ritenuto responsabile della situazione. Il palazzo del Vicario (Ludovico Melzi, la cui famiglia era tra le più importanti di Milano: basti pensare che i suoi avi Giovanni e Francesco erano stati amici e protettori di Leonardo) si trova in via S. Maria Segreta, all’attuale n. 7/9, dove fino ai primi del Novecento esisteva una chiesa nella quale si usava esporre la statua di un angelo per propiziare la pioggia. La casa aveva la facciata in via S. Maria segreta e il lato in via Meravigli: qui si svolge una delle scene più intense ambientate a Milano. Il Gran Cancelliere Ferrer arriva in soccorso del Vicario in carrozza, da Palazzo Reale (quindi da via Orefici). Prelevato il Vicario, si dilegua rapidamente verso il sicuro Castello. Qui, per qualche tempo, verrà ospitato il Vicario, che come risarcimento per lo spavento ottenne anche un indennizzo.
L’OSTERIA DELLA LUNA PIENA
Da qui in poi si fa fatica a ricostruire il tragitto di Renzo nella città prima della sua fuga, la mattina dopo, cioè il 12 novembre 1628, quando seguirà a ritroso il percorso da piazza del Duomo a Porta Orientale. Qualche storico localizza in via Armorari l’osteria della Luna Piena, dove Renzo si ubriaca e viene arrestato.

Renzo tornerà a Milano a fine agosto del 1630, nel pieno della peste: allora troverà Don Rodrigo moribondo al Lazzaretto e, finalmente, la sua Lucia, rifugiatasi in una stanza a pianterreno in viale Tunisia.
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