Valtellina, calici di storia e di prestigio

Valtellina, calici di storia e di prestigio
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In collaborazione con AIS Milano.
Territorio impervio e inadatto alle coltivazioni, con vette oltre i 3.000 metri, rocce e dirupi dove la pendenza oscilla tra il 45 e il 65%: siamo nel cuore delle Alpi Retiche, un trampolino sull’Adda che scorre a valle lungo la Statale 36.
La montagna è stata ridisegnata dall’uomo e fatta a scalini, con terrazzamenti a strapiombo delimitati da muretti in pietra a secco che reggono le viti fino a 750 metri: un’opera di ingegno che è un inno al lavoro aspro e che affonda le radici tra micascisti, strie quarzifere e gneiss.
In quel grande pannello solare che è la valle, ogni muretto a secco esprime un gradiente geotermico ed un’intensità luminosa differenti: il vino ne diventa espressione, differenziandosi in misura considerevole per concentrazione di profumi, struttura ed alcol.
Guardi i filari e ti chiedi come sia possibile lavorare la vigna in un fazzoletto di terra e raccogliere i grappoli tra filari stretti calpestati con pazienza solo dall’uomo: c’è qualcosa di romantico nella lavorazione manuale. Un orgoglio nordico per il “fare bene” che si declina nel nebbiolo, il vitigno principe della zona.
È qui che Ermanno Olmi ha girato nel 2009 il documentario “Le rupi del vino”: un paesaggio unico che candida la Valtellina tra i beni Unesco come Patrimonio Culturale dell’Umanità.
Due DOCG, Valtellina Superiore (sottozone Sassella, Grumello, Inferno, Valgella e Maroggia) e Sforzato di Valtellina (vino passito secco), la DOC Rosso di Valtellina e l’IGT Terrazze Retiche di Sondrio.
I vitigni: nebbiolo (biotipo chiavennasca, caratterizza la produzione di DOCG e DOC), pignola nera, rossola nera e brugnola.
Uve perfette, rese limitate, lavorazioni manuali, lieviti autoctoni, legni nobili per materia e dimensioni ed appassimento in pianta se il clima lo consente: tradizione e sperimentazione, soprattutto nelle lunghe macerazioni e nel tannino domato ma vivo, potente e aggraziato.
Il terroir nel lungo invecchiamento regala un’espressività unica che poche altre zone al mondo riescono ad esprimere: la Valtellina sembra poter fare micro vinificazioni per singolo vigneto al pari di una piccola Borgogna.
Il rispetto del tempo è la chiave per l’eccellenza. Qui nascono calici di rosso caldo, figli del freddo: rosso rubino tendente al granato per vini destinati a lungo invecchiamento, austeri, complessi e vellutati.
I profumi sono un’arma di seduzione, la carezza di una mano ruvida: frutti rossi, spezie dolci, nocciola, buccia d’arancia, caramello, liquirizia e note fumé.
Carattere versatile e intrigante, la freschezza minerale e la piacevole persistenza di questi vini chiamano cibo: il nostro pensiero insegue abbinamenti della tradizione regionale: da piatti di grande struttura come risotto ai funghi o con il bitto a carni rosse o cacciagione come camoscio o cervo.
Nei racconti delle cantine storiche, simbolo di una viticoltura eroica, ritroviamo l’intensità e la generosità di questa terra: gli uomini e le donne del vino valtellinese esprimono la filosofia ed i valori delle loro aziende con intensità e generosità, rispettosi e riconoscenti della loro terra: nel loro incedere nulla di fuori posto, esattamente come i loro vini.
Il tintinnio dei calici davanti a un camino acceso scandisce un tempo leggero che non ha confini.
Siamo in Valtellina. È solo poesia.
di Sara Missaglia
In collaborazione con AIS Milano.
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