CULTURASTORIA

Un viaggio nella Milano romana

Un viaggio nella Milano romana

MilanoPlatinum Voci antiche

In collaborazione con la pagina Voci Antiche: pagine dal mondo classico.


Un viaggio nella Milano romana

Nel 286 d.C., l’imperatore Massimiano fece di Mediolanum, Milano, la capitale dell’Impero Romano. Lo spostamento della sede imperale implicava la costruzione di edifici pubblici e di una residenza per la corte e i funzionari. Il nuovo quartiere imperiale venne costruito, sventrandone altri preesistenti, nella zona tra via Torino, via San Giovanni sul Muro, via Santa Maria alla porta, C.so Magenta, via Santa Maria Fulcorina. Qui, le antiche mura repubblicane dovettero essere ampliate per far posto ai nuovi quartieri. Oggi, di questo imponente sistema difensivo, costituito da un nucleo in conglomerato di ciottoli tenuti insieme dalla malta e rivestito da laterizi, non restano che pochi metri, 15 per l’esattezza, nella zona succitata, dove si conserva anche una torre poligonale, ora parte dell’ex monastero Maggiore presso la chiesa di San Maurizio. Oltre a questa torre, ve ne è un’altra nella zona: si tratta di una delle torri che delimitavano i cancelli di partenza delle corse dei cavalli nel circo. Il circo di Milano era, con i suoi 470 metri di lunghezza e 86 metri di larghezza, uno dei più grandi dell’epoca, anche se oggi non ne rimangono che pochi resti ancora visibili, inglobati nei palazzi moderni delle vie Ansperto, Vigna, Circo, del Torchio. Dopo la caduta della parte occidentale dell’impero, fu ancora usato in occasioni ufficiali, come l’incoronazione del re longobardo Adaloaldo, figlio di Teodolinda (604), ma venne poi distrutto dal Barbarossa durante l’assedio di Milano (1162).

Per chi si trova in questa parte della città e ha un po’ di tempo a disposizione, vale la pena di entrare nel Civico Museo Archeologico di Milano (C.so Magenta 15) per una visita. Benché non abbia la stessa importanza e lo stesso numero di reperti dei Musei Archeologici Nazionali, la sua collezione presenta pezzi di pregio, tra l’altro presentati in un ottimo allestimento. Varie sono le sezioni: nel chiostro d’ingresso è allestito un percorso sull’edilizia pubblica e privata della città in epoca romana, dal I a.C. al IV d.C., con frammenti di decorazioni architettoniche (capitelli, basi di colonne) e sarcofagi; il chiostro interno conserva numerose epigrafi di milanesi antichi e i resti delle mura cittadine del III d.C. e di una domus romana; al primo piano e nel piano interrato sono esposti numerosi oggetti della vita quotidiana e della religione, nonché busti di cittadini illustri e dello stesso Massimiano; oltre il chiostro interno, nella palazzina di via Nirone, infine, si trovano la sezione altomedievale, con interessanti oggetti longobardi, quella etrusca e quella greca.
Ecco le opere da non perdere, durante la visita!

L’ERACLE DI MILANO

ERACLE A RIPOSO (credits Paola Maria Zaccaria)
ERACLE A RIPOSO (credits Paola Maria Zaccaria)

La statua colossale di Eracle a riposo, della seconda metà del II d.C., ritrovata nel 1827 vicino a C.so Vittorio Emanuele, si trovava quasi sicuramente nelle terme erculee, volute in quella zona dall’imperatore Massimiano. Benché mutila, assomiglia molto all’Eracle Farnese, copia contemporanea da un originale greco scolpito da Lisippo nel IV a.C.: come questo, perciò, doveva essere appoggiata alla clava ricoperta dalla pelle del leone di Nemea, conquistata da Eracle nella prima fatica, e tenere nella destra i pomi delle Esperidi, frutto dell’ultima fatica. La foglia, che copre interamente le parti intime, è frutto del “pudore” ottocentesco.

LA MAESTRA ORTENSIA E CAIO VETTIO

MAESTRA ORTENSIA (credits Paola Maria Zaccaria)
MAESTRA ORTENSIA (credits Paola Maria Zaccaria)

Molte sono le epigrafi conservate nei chiostri, soprattutto quello interno, del museo. Tra queste vi è quella della maestra Ortensia, che fece scrivere per la sua lapide:

Ortensia C(ai) l(iberta)
Obsecuens sibi [et …] (fecit)

Ortensia Obesquente era liberta di Caio, cioè schiava liberata. Vissuta nel I secolo d.C., esercitò la professione di maestra, come ci informano le immagini della sua stele funeraria, dove il suo ritratto la mostra con in mano un contenitore di calami e un frustino, lo stesso che brandisce più sotto per colpire un alunno negligente. I rilievi che adornano l’epigrafe e la scelta del prezioso marmo di Paro fanno pensare che la donna riuscì a raggiungere una buona posizione sociale.

Caio Vettio (credits Paola Maria Zaccaria)
Caio Vettio (credits Paola Maria Zaccaria)

Un’altra iscrizione interessante è quella trovata nel 1818, presso la porta orientale, poi collocata sugli archi di Porta Nuova. Essa recita così:

C(aius) Vettius
Novelli f(ilius)
sibi et
Verginiae Lutae
matri et
Privat[a]e l(ibertae)
Adiutor[i] l(iberto)
Methe l(ibertae)
t(estamento) f(ieri) i(ussit)

Caio Vettio, titolare del monumento e contemporaneo di Ortensia, produceva e vendeva stoffe (sono anche qui le immagini dei rilievi a informarci della professione). Il suo ritratto, in alto alla stele, sovrasta quello delle altre persone citate nell’epigrafe: la madre e la liberta Privata a sinistra, poi il liberto Adiutore e la liberta Methe.

Queste due epigrafi insieme sono tra le tante trovate a Milano che ci danno informazioni sulle attività economiche della città nei primi secoli dell’era cristiana. Dai testi e dalle scene scolpite apprendiamo che i milanesi antichi erano negotiatores sagarii o vinarii (venditori di lana o vino), sagarii (lavoravano la lana), carpentarii (manutentori di vetture), peliciarii (pellettieri), centonarii (produttori di coperte con cui si spegnevano gli incendi, quindi anche pompieri), iumentarii (noleggiatori di animali da soma), repunctores (revisori dei conti). Allora, come ora, Milano era una città operosa!

BIBE VIVAS MULTIS ANNIS

Bibe Vivas (credits Paola Maria Zaccaria)
Bibe Vivas (credits Paola Maria Zaccaria)

Uno degli oggetti della vita quotidiana più interessanti è il diatetra Trivulzio, un prezioso bicchiere risalente al IV secolo d.C., quando Milano era una città fiorente. Si tratta di un oggetto in vetro soffiato con decorazione a giorno, realizzato da un artista di area renano-danubiana. La scritta “BIBE VIVAS MULTIS ANNIS”  augura lunga vita a chi beve.

LA TESTA DI CANOPO DI EPOCA ETRUSCA

Testa di canopo (credits Paola Maria Zaccaria)
Testa di canopo (credits Paola Maria Zaccaria)

Tra i tanti bei reperti del museo milanese, c’è una testa femminile di canopo in legno di pero, collocata nella sezione etrusca. Proviene dal territorio di Chiusi, nei pressi di Siena, e risale alla fine del VII a.C. Doveva servire a ricordare la fisionomia del volto della defunta ed era quindi una sorta di ritratto, che chiudeva l’urna cineraria. Il personaggio che rievocava era certamente importante, dato che il legno era coperto da una lamina d’oro, ora quasi completamente scomparsa.

RITRATTO DI DONNA

RITRATTO DI AGRIPPINA MINORE (credits Paola Maria Zaccaria)
RITRATTO DI AGRIPPINA MINORE (credits Paola Maria Zaccaria)

Questo bel ritratto femminile, con acconciatura arricciata, è quello di Agrippina Minore, sorella di Caligola, madre di Nerone e moglie di Claudio. Di lei Tacito racconta (Annali XII, 7) che, sposatasi, “impose un rigido servaggio: palese era la sua severità e assai frequenti gli atteggiamenti superbi; in casa impediva comportamenti impudichi, se non richiesti dalle necessità del comando. Giustificava poi la sua sfrenata brama di oro col pretesto di sostenere lo Stato”.

IL SISTRO DI ISIDE

Sistro di Iside (credits Paola Maria Zaccaria)
Sistro di Iside (credits Paola Maria Zaccaria)

Il culto di Iside, dea egizia, era largamente diffuso nelle terre romane. Anche a Milano la si venerava, tanto che il museo ne conserva uno, ritrovato in città. I sacerdoti lo usavano nelle cerimonie in onore della dea per allontanare le forze maligne con il suono provocato dalle barre laterali in metallo (spesso era il bronzo), le quali, una volta scosse, si colpivano a vicenda e colpivano il corpo centrale. Apuleio (Metamorfosi XI, 4, 2) così descrive lo strumento: “Portava (la dea) cose molto diverse tra loro: nella mano destra un sistro di bronzo, con una lama stretta, curvata in forma di balteo, attraversata da bacchette che, scosse dal braccio tre volte, emanavano un suono acuto”.


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