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TUTTO È UNO. LE MASCHERE ROVESCIATE DI ALEX GALLO

TUTTO È UNO. LE MASCHERE ROVESCIATE DI ALEX GALLO 

Mi sono imbattuta nelle foto di Alex Gallo casualmente, su un social network. Mi hanno colpita per la loro purezza: non sono ritoccate; non appartengono al mondo lustro e fasullo delle immagini che ci colpiscono ogni giorno a valanga, confuse in una insignificante melassa dal gusto stucchevole. Siccome vado di pancia e cuore e detesto la melassa, le ho guardate con più attenzione: innanzitutto le donne ritratte sono VERE, è stata la prima considerazione, e parlano una lingua sacra con i loro corpi magnifici. Poi ho osservato le pose, i dettagli, e ho capito che dentro c’è molto di più di una percezione autentica della Bellezza (che già non sarebbe poco). Alex mi ha svelato alcune cose. All’occhio attento dei lettori il piacere di scoprirne altre.

Il sito personale di Alex Gallo ha il nome significativo di RevoltMasked.

Un ringraziamento particolare va a tutte le Muse di Alex, protagoniste e ispiratrici dei suoi scatti.

In fondo all’articolo, la Gallery offre una’ampia e accurata selezione di immagini.

Julia
Julia – anno 2014

La maschera è un oggetto simbolico potente e antico. In molte culture era, ed è, usata come mezzo di comunicazione tra l’uomo e le forze soprannaturali, come tramite iniziatico per un “altrove” divino. Nel mondo greco-romano era legata ai rituali funebri, ai culti misterici in onore di Dioniso, al teatro. Il filo rosso che lega questi usi è completamente opposto all’idea successiva (e contemporanea) della maschera come “travestimento” e occultamento della propria identità. Chi indossa la maschera non finge di essere un dio: è il dio dal quale è posseduto. Così come l’attore in scena è il suo personaggio. Come ti poni con la tua “rivolta mascherata” in questo contesto?

La mia non è una semplice rivolta. La mia visione, perlopiù simbolica, “rivolta le maschere”, cioè ne capovolge il linguaggio semplicistico che il sistema, con i suoi suicidi invisibili, crea in continuazione. Rispecchia una corrente filosofica antinomica, ma non è un andare “contro corrente – contro legge”: è ricercare e procreare in estrema profondità l’essenza del Tutto, saper discernere il bene dal male e mutarli l’uno nell’altro. Io utilizzo le maschere, “rubandone l’anima”, anche quando non siano fisicamente immortalate nella scena; la maschera diventa per me una mediazione, una linea parallela che collega due intime entità: quella conscia e quella paranoica. Chi guarda la mia arte traducendola in immagini trasgressive, terrorizzanti o, peggio ancora, scorrette, si fa oggettivamente un’idea sbagliata.

Serie Il rito, in collaborazione con la Fondazione Passarè. In questo caso le maschere utilizzate sono autentici oggetti rituali.
Sandra e Edoardo con maschera. Serie Il rito, in collaborazione con la Fondazione Passarè. In questo caso le maschere utilizzate sono autentici oggetti rituali.

Mostri una bellezza che certamente non è riconosciuta da tutti come tale…

Mi reputo un sincretista con un occhio sensibile che guarda dove altri non sono abituati a osservare e sa riconoscere come bello, tangibile e glorioso ciò che altri ignorano o addirittura rifuggono. Sono incline a una psicologia evolutiva umanistica che accompagna l’uomo nella percezione dei sottili legami che lo legano a tutto ciò che lo circonda, nella buona e cattiva sorte: uno sposalizio alchemico. Per mia fortuna, questa autentica e visibile emotività, che è l’ingrediente principale della mia arte, ha fornito con il tempo bei riconoscimenti.

Trip in solitaria
Grotta bagnata – anno 2016

Una visione manichea del mondo in termini di opposti è tipica di molte culture antiche e la tendenza a ragionare per coppie antitetiche è il sistema di pensiero più elementare e primordiale. Nonostante oggi sia ancora lo schema di ragionamento più diffuso, è fuori luogo e fuori tempo come un fossile marino disseppellito in alta montagna. Ritengo che una vera evoluzione spirituale e sociale, individuale e collettiva, dovrebbe passare per una conciliazione degli opposti. Non è un pensiero nuovo, è in parte naïf, ma è sempre valido finché rimane irrealizzato. Per questo secondo me l’aspetto forse più provocatorio della tua arte è la conciliazione degli opposti: sacro e blasfemo, dolore e piacere, costrizione e libertà, esibizione e occultamento, spiritualità e carnalità, tenerezza e oscenità. La mia visione corrisponde ai tuoi intenti?

Touché! Essendo un sincretista già dall’apoca accademica, per me la coniunctio è un fondamento primario a livello esistenziale. La COMPLEXIO OPPOSITORUM, la sintesi degli opposti. Un’unica unità nella quale gli opposti si fondono, senza suddividersi, trovando una connessione trascendentale. Ad esempio: per molti la costrizione, che talvolta avviene legando in vari modi una persona o altro (nelle mie immagini sono rappresentate spesso scene di questo genere), è simbolo di violenza e di non-libertà. Per quanto mi riguarda, invece, è preservare, è l’atto sacro di proteggere un’emozione, di “legarsela” addosso, tenerla stretta, una congiunzione perfetta anche solo per un unico istante, per poi farla riecheggiare come ricordo. Ecco la fusione: in un’apparente violenza vi è un’immane poetica d’amore. Sono per le implosioni atomiche e le grandi fusioni organiche.

Eirene in beatitudine
Eirene in beatitudine – anno 2015

Il cristianesimo permea profondamente la nostra cultura: ne siamo imbevuti. C’è superficialità sia nell’uniformarsi acriticamente a un’educazione ricevuta sia nel criticarla senza averla veramente conosciuta e approfondita. Tu sei attratto dal cristianesimo. Le tue Muse sono sante in estasi, passano attraverso il dolore per redimere/redimersi, gli strumenti di punizione diventano reliquie. E non è solo una questione di estetica…

Probabilmente è un’attrazione portata in automatico dalla nostra cultura. Sono affascinato dal sacro a livello sintomatico, ma chiaramente anche estetico, e prendo da ogni dogma l’adeguato nutrimento. Il lavoro con le mie Muse, soprattutto con alcune, e cito in modo privilegiato Rain D Annunzio, con la quale porto avanti tematiche prettamente rituali (il nostro lavoro più famoso è Mysterium Dolorosum, editoriale fotografico che tratta il percorso iniziatico), si può definire con le parole di Eschilo: páthei máthos, ossia raggiungere conoscenza e saggezza attraverso la sofferenza, secondo l’esperienza personale dell’uomo che sperimenta in sé il dolore e la paura. Ognuna delle mie Muse possiede le sue peculiarità e anche in questo caso vi è uno scambio di nutrizione, di ideazione. Se io fossi un polpo, le mie Muse sarebbero i miei tentacoli.

Rain D Annunzio
Rain D Annunzio – Sequela Christi – anno 2015

Guardando le tue foto, infatti, si percepisce una sintonia completa tra artista (del quale a volte compare una mano, o il braccio) e Musa, al punto che ci si immagina l’intera scena in movimento, come fosse il fotogramma di un film in soggettiva. Lo spettatore diventa te. La tua percezione, la tua “regia”, comanda tutto: indirizza il nostro sguardo su dettagli bizzarri ma significativi, spesso esoterici; ci porta a venerare la bellezza di queste dee primordiali. Possiamo dire che la tua è un’arte simbolica che vuole condurre lo spettatore… dove?

La sintonia con i miei soggetti avviene in maniera significativa, istintiva e predestinata, oserei direi. Il Dove, lo può decidere lo spettatore… Lui solo può assaporare il gusto dei propri succhi gastrici.

Julia - anno 2014
Julia – anno 2014

La domanda banale: digitale o analogica? Colore o b/n?

Ogni aspetto della nostra vita vuole precise e svariate strumentazioni, materie, strutture e/o cromatismi.

La domanda finale: dove si nasconde la Bellezza?

Per Dostoevskij la bellezza salverà il mondo. A mio parere essa si nasconde nel Genio, nel Duende che intravedo nel soggetto o nell’oggetto che decido di immortalare. Sta tutto nell’armonia. Essa va protetta come una divinità. Trovo che i fiori siano belli, come anche la pelle segnata, o quando una persona mangia di gusto o gode o si lamenta. Il movimento delle mani, l’imbarazzo, la spudoratezza, lo stupore, la lucentezza dei liquidi, la fossetta del giugolo, il suo incavo e le sue pieghe, le geografie dei corpi, le geometrie dei volti, la geologia delle anime, l’odore dei capelli, le rughe, la corteccia di un albero, le vene pulsanti… l’abbraccio di uno sguardo.

Antonietta
Antonietta – anno 2012

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