Tommaso Marino, un canestro per Slums Dunk

Tommaso Marino, un canestro per Slums Dunk – MilanoPlatinum ha incontrato Tommaso Marino, playmaker di Treviglio e uno dei fondatori insieme a Bruno Cerella della onlus Slums Dunk.
Parlaci un po’ di te
Sono nato a Siena il 5 febbraio 1986, e pur essendo ormai da diversi anni lontano da casa mi considero ancora un senese purosangue. Mi ritengo un giocatore di pallacanestro molto atipico, rispetto a quanti fanno la mia stessa “professione”, nel senso che cerco di non limitarmi a una vita fatta di allenamento e poco altro. Ho infatti molte passioni e mi piace fare tante cose, e mi piace avere un approccio molto dinamico alle mie giornate. Non riesco a stare fermo senza fare nulla. Ritengo di avere un approccio alla vita molto positivo, e cerco sempre di fare qualcosa o comunque di fare meglio ciò che sto facendo. Mi piace avere sempre nuovi argomenti e condividere la mia vita sui social network. Insomma, oltre al basket ho tanti altri interessi.
Come è nata la tua passione per il basket?
Siena non è mai stata una città totalmente “calciofila”; il calcio e la serie A sono arrivati dopo, quando la pallacanestro era lo sport principale. Avevo quindi tanti amici e conoscenti che iniziavano a giocare a basket, e in più i miei genitori erano appassionati di questo sport e andavano spesso a vedere le partite. La mia iniziazione al basket quindi è stata molto facile. Il problema era che io abitavo un po’ fuori città e la scuola che frequentavo era ancora più distante dal centro città. Devo ringraziare mia madre, che pur di permettermi di continuare a dedicarmi al basket ha chiesto un lavoro part time. Anche mia sorella si è dedicata allo sport, ma al pattinaggio artistico, allenandosi anche 3 ore al giorno. Mia madre è stata davvero eroica, perché ci accompagnava agli allenamenti, sobbarcandosi viaggi di andata e ritorno. La mia era una passione “malata”, perché dedicavo la maggior parte della giornata al basket: prima di iniziare gli allenamenti, ero già fuori dal palazzetto a palleggiare.
Hai qualche icona, dentro e fuori dai campi di basket?
Naturalmente una delle mie icone del basket è Michael Jordan, a Siena ho ancora un suo poster. Guardavo le sue partite in tv e poi andavo in camera mia, cercando di ripetere le sue giocate. Fuori dal campo, devo essere onesto, io cerco di imparare dalle persone che conosco. Ho conosciuto mia moglie 5 anni fa, e lei è una delle persone dalle quali ho preso tantissimo spunto, a livello di approccio alla vita, è una persona che ha sempre un approccio positivo; se c’è un problema, trova la soluzione. Da quando ho conosciuto lei, sono migliorato molto come persona.
Oltre al basket, quali sono i tuoi interessi e le tue passioni?
La mia principale passione è viaggiare; ho tanti tatuaggi che mi ricordano altrettanti viaggi, oppure altri, pur non essendo legati a un particolare viaggio, hanno comunque un legame con l’idea di viaggiare. Appena posso, mi piace andare in posti che siano il più lontano possibile, come per esempio le Hawaii e gli Stati Uniti. Nell’arco di qualche anno mi piacerebbe aver visitato più posti possibile. Ho anche diversi progetti al di fuori del basket che potrebbero comportare il viaggiare molto.
Mi piacciono moltissimo i tatuaggi, in modo spropositato. Mi piace anche mangiare bene, e sentirmi bene. Mi prendo molta cura di me, allenarmi e stare in forma.
Non voglio giocare a basket fino ai 40 anni, e tra i miei progetti c’è appunto quello di continuare a giocare finché sono fisicamente al top. Una volta smesso, vorrei poter fare qualcosa, possibilmente lontano dal basket. Non farò mai l’allenatore o il dirigente. Sarò sempre appassionato di basket, ma lontano dal “campo”.
Come è nata la tua onlus Slums Dunk?
È nata da un viaggio che ho fatto con uno dei miei più cari amici, Bruno Cerella, che è stato anche mio testimone di nozze. Nel 2011 abbiamo fatto un viaggio di circa un mese in Kenya, dove ci siamo messi in contatto con una onlus che si chiama Karibu Africa, che ci ha permesso di girare per le baraccopoli di Nairobi, giocando a basket con i ragazzini del luogo, il viaggio ci ha permesso di conoscere molti allenatori e insegnanti del posto, e abbiamo girato il Paese, innamorandoci dell’Africa. Abbiamo così deciso che avremmo messo in piedi un progetto. Il primo passo fu quello di contattare un allenatore, Michele Carrea, che ora è capo-allenatore a Biella, e abbiamo deciso che avremmo gradualmente creato delle scuole-basket, che avrebbero preso il nome di Basketball Academy, tramite la formazione di allenatori e il coinvolgimento dei bambini delle baraccopoli. La prima raccolta fondi fu avviata 2 anno e mezzo fa e grazie a questa raccolta abbiamo costruito il primo campo. Attualmente il nostro team è composto da 10 allenatori in totale, dei quali 3 sono i responsabili, e oltre 100 bambini che fanno attività tutti i giorni, a gruppi di 30-35 al giorno, e adesso quindi a Madare c’è una scuola-basket che funziona. La stessa cosa è stata costruita a Kisumu, anche se lì c’era già uno spiazzo in cemento da usare come campo. L’anno scorso sono stato in Zambia, per creare qualcosa di simile.
Oggi siamo divenuti una onlus, che ha coinvolto altre persone oltre a me e Bruno.
Come possiamo sostenere le attività di Slums Dunk?
Ci sono tanti modi per sostenere Slums Dunk. Siamo molto attivi sui social network; abbiamo tanti gadget, come felpe o maglie, braccialetti e altro ancora, che si possono acquistare per sostenere l’onlus. È anche possibile destinare a Slums Dunk il 5 per mille, visto che siamo una onlus. Ci sono tanti modi, anche solo condividere la nostra pagina Facebook.
Quali sono i progetti per il futuro?
Tra i progetti futuri c’è quello legato allo Zambia, per quella che sarà la terza scuola-basket. L’obiettivo principale è quello, nel giro di qualche anno, di aver realizzato altre scuole-basket in varie zone dell’Africa. Tra i progetti più a lungo termine c’è anche quello di andare in Argentina, dove è nato Bruno, per creare anche lì qualcosa di simile. L’obiettivo è quello di andare avanti, un passo alla volta, e crescere sempre più, per dare a più ragazzi possibile di dare la possibilità di impegnarsi in un’attività sportiva.
GALLERY Tommaso Marino, un canestro per Slums Dunk
Crediti fotografici:
Simone Raso