STORIA

Il tesoro di Boscoreale, storia di un “espatrio” illegale

Il tesoro di Boscoreale, storia di un “espatrio” illegale

MilanoPlatinum Voci antiche

In collaborazione con la pagina Voci Antiche: pagine dal mondo classico.


Il tesoro di Boscoreale, storia di un “espatrio” illegale

Fa bella mostra di sé, nelle teche del Museo del Louvre, un vero e proprio tesoro: si tratta di centonove pezzi di squisita oreficeria, molti risalenti al I secolo dell’era cristiana e trovati nella località di Boscoreale, oggi un centro dell’area metropolitana di Napoli, un tempo ricco sobborgo di Pompei, andato distrutto con l’eruzione del Vesuvio. Al museo parigino questo tesoro giunse come donazione da parte del barone Edmond James de Rothschild e di altri collezionisti, che li avevano acquistati sul mercato antiquario. Di fatto, però, la vicenda è molto meno cristallina. Ma andiamo con ordine.

Nella primavera del 1895, nel territorio di Boscoreale, venne rinvenuta nel torcularium (dove era posto il torchio per la spremitura dell’uva) della villa romana della Pisanella, una cassa: c’erano al suo interno un servizio da tavola in argento, alcuni monili d’oro (collane, braccialetti, orecchini), tre specchi e un sacchetto di pelle contenente mille monete d’oro, gli aurei. Tutti questi oggetti erano stati fatti nascondere nella pars rustica di questa, poco prima dell’eruzione del 79 d.C. e lì erano rimasti sepolti dalla devastazione successiva.

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Quando li trovarono, i fratelli De Prisco, proprietari del terreno, erano rimasti soli con un operaio, Michele Finelli. Era il 13 aprile, giorno di Pasqua, perciò gli altri scavatori se ne erano andati. Il giorno prima, inoltre, a seguito delle esalazioni velenose da un cunicolo che si stava liberando, anche gli ultimi rimasti si erano allontanati. I tre uomini, col favore delle tenebre, misero in più ceste quanto rinvenuto e lo sistemarono in un nascondiglio. Poi, con l’aiuto dei Canessa, antiquari napoletani, li trafugarono, benché la legge italiana lo vietasse. I pezzi uscirono poi dall’Italia e raggiunsero Parigi, dove tredici mesi dopo erano già in possesso del Louvre.

Per la sua bellezza e la raffinata fattura che lo caratterizza, il tesoro non poteva appartenere se non a una famiglia ricchissima, probabilmente quella di L. Caecilius lucundus. Su alcuni esemplari, tuttavia, è inciso il nome di Maxima, di cui non si sa altro, nemmeno se sia la donna il cui scheletro, insieme a quello di due uomini, fu rinvenuto nel torcularium stesso, dove i tre cercarono rifugio durante l’eruzione.

I pezzi migliori e meglio conosciuti della collezione sono senz’altro due coppe decorate con una teoria di scheletri, che invitano a godere della vita e dei piaceri, fintanto che è possibile; la coppa di Augusto, dove l’imperatore riceve l’omaggio dei vinti in una campagna militare e siede, sull’altra faccia, con alcune divinità come Cupido, Venere, Marte; la coppa di Tiberio, che ritrae l’imperatore in trionfo su un carro per le vie di Roma e poi nell’atto di sacrificare un bue davanti al tempio di Giove.

Skyphos, Boscoreale - Louvre - © Marie-Lan Nguyen, via Wikimedia Commons
Skyphos, Boscoreale – Louvre – © Marie-Lan Nguyen, via Wikimedia Commons

Gli scavi condotti in varie campagne sul finire del XIX secolo portarono alla luce anche diverse sezioni della villa, che nella parte padronale, dove risiedeva il proprietario insieme alla famiglia, aveva bei pavimenti in mosaico nonché pareti finemente affrescate. Questi no, non sono andati oltre confine.

boscoreale-kithara-via-wikimedia-commons
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