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Ruché di Castagnole Monferrato

Ruché di Castagnole Monferrato

Milano Platinum AIS Milano

In collaborazione con AIS Milano.


Il suo nome si pronuncia così com’è scritto, ruché e non ruscé. È un vitigno autoctono del Monferrato astigiano dal corredo semi aromatico. L’etimologia del nome non è certa: forse legata alle roche, termine piemontese che indica le cime collinari impervie e solatie, con terreni calcarei e asciutti; oppure al roncet, un virus che nei tempi passati colpì duramente i vitigni della zona ed al quale il ruché si rivelò eccezionalmente resistente; oppure ancora, ricorda la presenza nel territorio di una comunità benedettina devota a San Rocco che avrebbe introdotto la coltivazione di un vitigno importato dalla Borgogna o dall’Alta Savoia.

Un vitigno quasi abbandonato…

Nell’Italia contadina l’uva veniva coltivata soprattutto per essere venduta a peso a chi il vino lo faceva di mestiere. La quantità era il fattore determinante. Il ruché, vigoroso e di buona produzione, però molto sensibile alle annate, non garantiva la costanza nella produzione e quindi la certezza del sostentamento.

Comunque qualche pianta l’avevano tutti a Castagnole Monferrato e dintorni. Era destinata al vino da fare in casa, destinato alle occasioni importanti.

 La rinascita…

Nel 1964 Don Giacomo Cauda arrivò a Castagnole Monferrato e si ritrovò anche un piccolo appezzamento di vigna dove si trovavano alcune piante di ruché. Il giovane sacerdote ne fu subito entusiasta: sistemò il vigneto e si dedicò alla vinificazione di quell’uva dal colore intenso, i profumi suadenti, il sapore lievemente aromatico; pochi anni e ne uscì il Ruché del Parroco. La sua opera non passò inosservata e il sindaco di Castagnole, Lidia Bianco, un passato all’istituto di agraria di Asti, lavorò con impegno per l’ottenimento della denominazione di origine controllata: nel 1987 nacque il Ruché di Castagnole Monferrato DOC.

La DOCG arriva nel 2010, dopo un lavoro di consolidamento tra i produttori e una revisione restrittiva del disciplinare, che non cambia l’areale di produzione; se l’esposizione e l’altitudine sono fattori significativi, fondamentale per questo vitigno è il suolo: quei terreni calcarei delle roche, poveri, sciolti e ricchi di fossili.

Il Ruché oggi…

Vinificato per la maggior parte solo in acciaio, il vino viene messo in commercio nella primavera successiva alla vendemmia. Le caratteristiche varietali sono infatti così interessanti che anche il vino di annata è in grado di mostrare subito la propria identità. Non mancano comunque pregevoli esempi affinati in legno grande e in barrique, che ci permettono di valutarne con successo l’evoluzione anche a distanza di alcuni anni.

Il ruché sta vivendo un momento di grande espansione: gli impianti sono passati dai 26 ettari del 2000 ai 120 ettari del 2014, la produzione da 1.517 a 6.082 ettolitri. È importante che gli standard qualitativi siano rigidi e ben determinati, perché solo un’identità omogenea può permettere alla denominazione una crescita forte.

Il Consorzio di Tutela è il punto di riferimento e il coordinamento di tutte le politiche di promozione, valorizzazione e tutela della denominazione.

Una lunga strada quella del Ruché di Castagnole Monferrato, partita da mani umili e diretta lontano, ma sempre fedele alle sue radici storiche di gioiosa convivialità, come celebra il grande cartello di benvenuto posto ai limiti del comune: “Se a Castagnole Monferrato qualcuno vi offre il Ruchè è perché ha piacere di voi”.

di Anita Croci


In collaborazione con AIS Milano.

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