New York World’s Fair 1964-1965: il mondo di domani
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New York World’s Fair 1964-1965: il mondo di domani – Tra il 1964 e il 1965 New York ospita la sua terza esposizione universale, che sarà una delle fiere internazionali più grandiose e dispendiose che siano mai state organizzate negli Stati Uniti. L’esposizione, ufficialmente New York World’s Fair, si svolse nell’arco di due semestri, dal 22 aprile al 18 ottobre 1964, e dal 21 aprile al 17 ottobre 1965.
Il tema ufficiale dell’esposizione newyorkese era “Peace Through Understanding” (“pace attraverso la comprensione”) ed era formalmente dedicata alle conquiste dell’umanità in un mondo che rimpicciolisce all’interno di un universo in espansione (“Man’s Achievement on a Shrinking Globe in an Expanding Universe”). Ampio spazio era dedicato alla cultura e alla tecnologia americana, e grande attenzione era posta in particolare alla nascente Era Spaziale.
L’evento, tuttavia, non ebbe il riconoscimento ufficiale del BIE (Bureau of International Exposition), poiché l’intervallo di tempo tra la precedente edizione dell’Expo, tenutasi a Seattle nel 1962, e l’evento in programma a New York era stato giudicato troppo breve. Per questo la New York World’s Fair fu disertata da molti dei Paesi aderenti al BIE, che le preferirono altre edizioni ufficiali. Non furono quindi presenti nazioni come il Canada (al quale era stata assegnata l’Expo 1967, che si sarebbe tenuta a Montréal), l’Australia e la maggior parte dei Paesi europei, Italia compresa. Avevano invece aderito all’esposizione di New York nazioni come la Spagna, il Giappone, il Messico, la Svezia, l’Austria, la Grecia, la Thailandia e le Filippine.
La New York World’s Fair vide inoltre la massiccia partecipazione di società e industrie private, facendo dell’evento un grande spettacolo del consumismo.
Il sito scelto per ospitare la New York World’s Fair è il Flushing Meadows Corona Park, nel Queens, lo stesso che aveva visto lo svolgersi dell’Expo svoltasi tra il 1939 e il 1940.
Il tema dell’evento era rappresentato simbolicamente dall’Unisfera (Unisphere), una raffigurazione della Terra realizzata in acciaio inox, che con i suoi 37 metri di diametro è ancora oggi il più grande globo esistente. L’enorme sfera è supportata da un tripode, sempre in acciaio, alto 6 metri, portando così l’altezza complessiva a 43 metri. L’Unisfera sorge al centro di una grande vasca d’acqua circolare, circondata da 96 fontane zampillanti che nascondevano il tripode, dando l’illusione che la sfera si librasse nello spazio. Intorno alla sfera sono posti, con diverse angolazioni, tre cerchi in acciaio, che rappresentano le orbite seguite da Yuri Gagarin (il primo uomo nello spazio), John Glenn (il primo americano a orbitare intorno alla Terra) e dal Telstar, il primo satellite per telecomunicazioni. Costruita nello stesso punto in cui sorgeva la Perisfera dell’esposizione del 1939-1940, durante la sera l’Unisfera sfoggiava una spettacolare illuminazione, con luci che simulavano l’alba che si muoveva lungo la superficie del globo. Una luce era inoltre posta in corrispondenza della Kahnawake Indian Reservation, come omaggio al lavoro dei nativi Mohawk che avevano realizzato la sfera.
Sempre all’interno del Flushing Meadows Corona Park vi erano inoltre alcune statue realizzate per l’occasione, tra le quali il “Rocket Thrower”, una statua alta 13 metri in bronzo dello scultore americano Donald De Lue.
La maggior parte dei padiglioni e degli edifici furono realizzati secondo uno stile architettonico futuristico conosciuto come stile Googie (noto anche come Populuxe o Doo-Wop), caratterizzato da chiare influenze provenienti dalla cultura dell’automobile, dell’era spaziale e di quella atomica. Il termine Googie deriverebbe da quello di una caffetteria oggi chiusa che si trovava a West Hollywood. Lo stile si caratterizzava per le forme geometriche, i tetti affilati e l’uso del cristallo e del neon, sorta di metafora del futuro, brillante e tecnologico.
Alcuni padiglioni avevano forme particolare, che erano un esplicito richiamo alla società cui era dedicato, con allusioni ai prodotti da essa realizzati oppure al logo societario. Tra questi si segnala il padiglione della US Royal, produttrice di pneumatici, che fece realizzare la struttura espositiva con la forma di un’enorme ruota d’automobile.
La disponibilità di nuovi materiali edili, come la fibra di vetro, il vetro temperato o l’acciaio inossidabile. Le facciate dei padiglioni erano utilizzate come enormi cartelloni pubblicitari della società o della nazione ospitata all’interno.
Tra i padiglioni più importanti vie era naturalmente quello degli Stati Uniti, il cui tema era “Challenge to Greatness”. Al suo interno, l’attrazione principale era uno spettacolo della durata di 15 minuti, che consisteva in una filmato che ripercorreva la storia americana. Il pubblico sedeva su tribune mobili, che scorrevano attraverso schermi e filmati.
Grande successo di pubblico ebbe anche lo United States Space Park, sponsorizzato dalla Nasa, dal Dipartimento della Difesa e dall’organizzazione dell’esposizione. Il vasto parco espositivo, di oltre 8.000 metri quadrati, ospitava modelli a grandezza naturale di alcuni stadi del Saturn V e del Titan II, oltre a una capsula Gemini e una Mercury, un LEM del progetto Apollo e le sonde Mariner II e IV, solo per citare alcuni degli elementi esposti.
Il padiglione dello Stato di New York era composto da tre strutture in cemento armato e acciaio. La “Tent of Tomorrow” era una struttura ellittica, i cui pilastri reggevano quella che all’epoca era la più grande tensostruttura mai realizzata. Il piano principale era disegnato come una enorme mappa stradale dello Stato di New York, realizzata in battuto di terrazzo alla veneziana, un tipo di pavimentazione composta da granuli di marmo e pietre. Vi erano inoltre le Observation Towers, tre torri in cemento alte 69 metri, che erano dotate di piattaforme di osservazione alle quali si accedeva tramite lo Sky Streak Capsule, ascensori oggi smantellati. Il padiglione era completato dal Theaterama, una struttura a tamburo che era utilizzata per la proiezione di film a 360°. Il teatro era circndato da installazioni artistiche realizzati da famosi artisti della Pop Art, tra i quali Roy Lichtenstein e Andy Warhol.
Il padiglione della città di New York esponeva il “Panorama of the City of New York”, un enorme modello in scala della metropoli. Il plastico, di 867,2 metri quadrati, oggi è custodito presso il Queens Museum.
La Louisiana aveva ricreato, nel suo padiglione, noto come “Louisiana’s Bourbon Street”, il Quartiere Francese di New Orleans, dove erano presenti ristoranti che servivano i tipici piatti della cucina creola, locali jazz e negozi voodoo.
Anche il Belgio, una delle nazioni partecipanti all’evento newyorkese, aveva optato per la ricostruzione di un tipico villaggio belga, dove i visitatori potevano gustare uno dei tradizionali e deliziosi waffel.
Tra i Paesi che avevano aderito all’esposizione vi era inoltre la Città del Vaticano, il cui padiglione venne preso d’assalto per poter ammirare uno dei massimi capolavori artistici di ogni epoca: la Pietà di Michelangelo. L’opera venne eccezionalmente concessa per l’evento per desiderio di papa Giovanni XXIII, che tuttavia morì un anno prima dell’inaugurazione dell’evento e non poté quindi vedere il capolavoro michelangiolesco nella sua collocazione americana. Sarebbe stato il suo successore, Paolo VI, a dare seguito allo straordinario progetto.
L’esposizione di New York rappresentò soprattutto una grande vetrina espositiva per l’industria americana, presente all’evento in modo massiccio. Tra le esposizioni più notevoli si segnala quella organizzata dalla General Motors Corporation, che proponeva al pubblico Futurama, uno spettacolo nel quale i visitatori erano seduti su sedie mobili che si spostavano all’interno di un elaborato scenario tridimensionale che riproduceva una immaginaria città del futuro.
Anche l’avveniristico padiglione dell’IBM, disegnato da Charles Eames e Eero Saarinen, fu particolarmente popolare. Qui il pubblico poteva avvicinarsi a meraviglie tecnologiche quali computer che consentivano di effettuare semplici ricerche di base, una sorta di antenato dei moderni motori di ricerca.
La Ford Motor Company, nel suo padiglione, presentava orgogliosamente la Ford Mustang, auto divenuta un’icona senza tempo, che simboleggia potenza e libertà.
La Westinghouse Corporation, come avvenuto in occasione dell’esposizione svoltasi a New York nel 1939, realizzò una capsula del tempo, che ancora oggi, insieme alla sua gemella, si trova non lontano dall’Unisfera, come indicato da un monumento che sorge sopra il punto in cui è stata sepolta.
Tra le motivazioni alla base del mancato riconoscimento da parte del BIE vi era anche la mancanza di una vera e propria area espressamente dedicata al divertimento e all’intrattenimento. Nonostante questo, Flushing Meadows proponeva vari divertimenti ai visitatori, come un miniparco dei divertimenti realizzato dalla Disney. Il padiglione della Unicef proponeva uno spettacolo che ebbe molto successo. Un motivetto orecchiabile, “It’s a small world”, faceva da colonna sonora a una sorta di giro del mondo in miniatura che simboleggiava una Terra di pace e fratellanza.
La New York World’s Fair fu letteralmente una miniera di innovazioni, presentate per la prima volta, che è praticamente impossibile elencare in modo esaustivo. Tra dinosauri a grandezza naturale, antesignani del videotelefono, jet pack degni di James Bond e varie anticipazioni di ciò che ci si sarebbe aspettati di vedere, all’epoca, nel futuro, l’evento newyorkese tenne fede al suo tema principale, quello di mostrare i progressi dell’umanità e di immaginare le meraviglie che l’uomo avrebbe compiuto in un futuro che si avvicinava a grande velocità.