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Morro d’Alba e la sua Lacrima

Morro d’Alba e la sua Lacrima

Milano Platinum AIS Milano

In collaborazione con AIS Milano.


Il vitigno lacrima deve essere utilizzato per almeno l’85% nella produzione dei vini che si vogliano fregiare della Denominazione di Origine Controllata Lacrima di Morro d’Alba o Lacrima di Morro. Per la restante parte possono essere utilizzati altri vitigni ammessi tra cui, in particolare, montepulciano e/o verdicchio.

Siamo in provincia di Ancona, nelle Marche, e questa piccola denominazione vede la sua area di produzione coincidere con quella di sei comuni: Morro d’Alba, da cui prende il nome, e quelli ad esso limitrofi. I vigneti devono essere posti su terreni vocati ad esclusione dei fondivalle e dei pendii prospicenti il mare.

Solo la tenacia di alcuni produttori che, dopo aver operato per far istituire la DOC nel 1985, si sono dedicati alla sua coltivazione ha fatto sì che questo vitigno, dalle origini antiche, sopravvivesse all’espianto a favore di altri vitigni maggiormente coltivati. La superficie vitata, all’epoca di soli 7 ettari, si è moltiplicata e ha raggiunto quasi 300 ettari.

Il nome del vitigno deriva dalla sua caratteristica di “lacrimare” durante le fasi finali della maturazione a causa della buccia estremamente delicata che tende a lacerarsi e quindi a lasciar fuoriuscire parte del succo. La città di Morro d’Alba deve presumibilmente il suo nome alla combinazione di due elementi: l’origine collinare della cittadina, “morro” in dialetto marchigiano significa appunto collina e Alba, termine che sembra voglia riferirsi all’est, dove sorge il sole. Il nome del borgo significherebbe quindi “collina a est”.

Le prime tracce della produzione di vino a Morro d’Alba si fanno risalire a metà del 1100 quando l’Imperatore Federico Barbarossa, durante l’assedio alla città di Ancona, scelse proprio Morro d’Alba per stabilire l suo quartier generale costringendo gli abitanti a offrirgli le prelibatezze del luogo e tra queste anche il famoso, per l’epoca, vino.

Sono tre le versioni autorizzate dal disciplinare: oltre a quella base, è prevista la versione superiore, che prevede un affinamento in bottiglia di almeno 12 mesi, e quella passita che può essere messa in commercio dal 1° dicembre dell’anno successivo a quello della vendemmia.

La Lacrima di Morro d’Alba si presenta nel calice di un bel colore rosso rubino con sfumature che rimandano ancora al porpora. Al naso si esprime con piacevoli note vinose che, con l’invecchiamento, assumono i toni della frutta a bacca nera e dei fiori: ciliegia, mora, mirtilli, viole e violette sono profumi facilmente identificabili. Di media struttura, la beva è supportata dalla presenza dei tannini che, seppur evidenti, non sono mai invadenti e spigolosi.
Nella tipologia passita è un vino pieno e consistente le cui note spiccatamente fruttate lo caratterizzano all’olfatto.

A tavola trova felice connubio con i salumi tipici marchigiani come il ciavuscolo, con i primi piatti anche conditi da sughi importanti e le carni bianche. Interessante è anche l’abbinamento con il tipico brodetto all’anconetana o piatti a base di pesce azzurro. La versione passita si accompagna ai dolci al cioccolato oltre che ai formaggi stagionati o erborinati.

di Paolo Valente


In collaborazione con AIS Milano.

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