MILANO NAPOLEONICA
![MILANO NAPOLEONICA [Giovanni Antonio Antolini, Foro Buonaparte, vista dalla parte della città] (wikimedia commons)](https://www.milanoplatinum.com/wp-content/uploads/2015/12/Giovanni_Antonio_Antolini_Foro_Buonaparte_fronte_città-750x269.jpg)
MILANO NAPOLEONICA –
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In collaborazione con la prestigiosa rivista STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC, scopriamo i fasti e le trasformazioni della Milano napoleonica: nel giro di pochi anni, dal 1796 al 1814, Milano si trasforma completamente e, anche se molti progetti, come quello del Foro, rimangono solo utopie, diventa una moderna capitale europea.
MILANO NAPOLEONICA
«Dio me l’ha data, guai a chi me la toglie»
Il 15 maggio 1796 l’esercito francese comandato dal generale Napoleone Bonaparte entra in Milano. Anche per l’Italia è arrivato il momento di far parte del processo storico che, germinato dalla Rivoluzione francese, coinvolge ora tutta l’Europa, scardinando l’assetto politico e sociale dell’antico regime. Nove anni dopo, il 26 maggio del 1805, Napoleone viene incoronato re d’Italia in Duomo. La città è solennemente parata a festa e addobbata con archi trionfali; le campane suonano a distesa e le artiglierie sparano a salve. La cerimonia dura tre ore, al mattino, sotto un sole sfolgorante, in una piazza Duomo gremita di folla. Mettendosi in testa la corona ferrea, usata fin dal Medioevo per l’incoronazione del re d’Italia e che, secondo alcune cronache, gli andava un pochino stretta, Napoleone avrebbe pronunciato la famosa frase: «Dio me l’ha data, guai a chi me la toglie».
![La corona ferrea, museo e tesoro del Duomo di Monza [Public domain], via Wikimedia Commons)](http://www.milanoplatinum.com/wp-content/uploads/2015/12/1024px-Iron_Crown.jpg)
Milano capitale: utopia e realtà
Napoleone considerava importantissima la città di Milano: doveva essere una delle tre capitali d’Europa, insieme a Parigi e Francoforte. Roma non gli piaceva, anche perché lì c’era il papa. Per Milano aveva commissionato un ambizioso progetto architettonico e urbanistico: intorno al Castello sforzesco (trasformato da un rivestimento di marmi e colonnati che gli avrebbe conferito un aspetto classicheggiante) dovevano essere costruiti 14 edifici (terme, dogana, borsa, teatro, museo, pantheon e otto sale per le assemblee del popolo), tutti collegati mediante colonnati con i magazzini del piano terra, le botteghe e le abitazioni dei negozianti. Un portico continuo sarebbe servito da passaggio coperto e un canale navigabile unito ai navigli verso porta Vercellina avrebbe circondato all’interno la piazza parallelamente ai portici, permettendo il passaggio delle barche con le merci dalla dogana ai magazzini. L’ingresso alla piazza dall’esterno della città, al termine della grande strada verso la Francia (oggi corso Sempione) sarebbe stato presidiato da due caselli daziari, dalle statue di Castore e Polluce e da due colonne miliari. La carica innovativa di questa utopia sta nell’attribuire ai servizi civili e alla cultura laica una monumentalità eroica, suggellata dalle forme classicheggianti. Il progetto (di Giovanni Antonio Antolini), pur approvato dalla Repubblica cisalpina e battezzato dalla posa della prima pietra il 30 luglio 1801 nel corso di una solenne cerimonia per i festeggiamenti della pace di Lunéville, non sarà mai completato. Sostituito dal più modesto (e meno dispendioso) progetto di Luigi Canonica, il nuovo piano si svilupperà da una parte verso la strada del Sempione, quella che portava in Francia, con l’Arco della Pace; dall’altra, verso Venezia e la villa di Monza, con la trasformazione di corso Venezia nell’arteria principale della città, costeggiata da palazzi monumentali e destinazione ideale per il passeggio di pedoni e carrozze.
![Giovanni Antonio Antolini, Foro Buonaparte, fronte campagna [Public domain], via Wikimedia Commons)](http://www.milanoplatinum.com/wp-content/uploads/2015/12/Giovanni_Antonio_Antolini_Foro_Buonaparte_fronte_campagna.jpg)
Il paradiso dei pagnottanti
Il progetto del Foro è emblematico dell’impegno degli architetti durante la breve età napoleonica (1796-1814) per trasformare Milano in capitale attraverso progetti edilizi e urbanistici. Benché molti di questi progetti siano rimasti tali, essi avevano tutti l’intento e il merito di mettere al centro della città moderna la riorganizzazione dello spazio pubblico e dei servizi collettivi. Del resto, la popolazione urbana aumenta e, a fianco dell’aristocrazia, che pure detiene ancora il potere, emerge l’alta borghesia e si moltiplica il numero dei funzionari governativi. A Milano affluiscono avventurieri in cerca di fortuna, idealisti, uomini d’affari e soldati: i cosiddetti “pagnottanti”, uomini che sperano di sbarcare il lunario e guadagnarsi la “pagnotta” nella grande città. Nonostante le tasse imposte dal governo francese siano elevate, Milano riesce a prosperare. L’esercito necessita di uniformi, armi e accessori, la corte di abiti e gioielli, i viaggiatori di carrozze e cavalli. Il proliferare di uffici offre opportunità di lavoro a ragionieri e contabili (i ragionatt, pilastro della società milanese onesta e precisa). Si stampano molti libri, perché diventa di moda possederne ed esibirli bene in ordine sugli scaffali delle case della buona società. Prospera l’alta moda alla maniera di Parigi, tanto che vicino al Duomo apre un negozio di moda francese. La voglia di grandezza dell’antico regime risuscita rinnovata. I milanesi hanno fame di musica e nel 1808, anno della nascita del Conservatorio, Giovanni Ricordi fonda la sua casa editrice musicale, destinata a essere una delle più importanti d’Europa.
![Antica sede della casa editrice musicale Ricordi vicino alla Scala [Public domain], via Wikimedia Commons)](http://www.milanoplatinum.com/wp-content/uploads/2015/12/800px-Sanquirico_ricordi.png)
La Commissione di Pubblico Ornato
Anche gli accademici di Brera promuovono iniziative di interesse urbanistico: un’esperienza interessante e originale è la costituzione nel 1807 della Commissione di Pubblico Ornato, che si occupava dell’architettura civile e dei servizi collettivi (mercati, bagni pubblici, macelli, orfanotrofi, cimiteri). Ma il suo compito più specifico e più importante era quello di redigere un piano regolatore della città e di sovrintendere a tutta la produzione edilizia, privata e pubblica, “minuta” e monumentale. La commissione contribuirà a determinare quell’omogeneità dell’architettura neoclassica milanese ancora oggi riconoscibile nella ripetizione di schemi semplici e rigorosi. Anche se la fine del regno italico ne impedirà l’attuazione, è a questo piano regolatore che bisogna risalire per rintracciare le origini dello sviluppo della Milano di oggi.
I platani di Napoleone
All’Accademia di Brera Napoleone tiene particolarmente: vuole farne una specie di Louvre e per questo, esattamente come il Louvre, la riempie di opere sottratte ad altri musei. Inoltre fa risistemare e riarredare Palazzo Reale, dove dedica un appartamento alle occasioni ufficiali e uno alla vita privata. Legni laccati e chiari; fregi dorati e azzurri; damasco azzurro alle pareti. A corte aveva chiamato tutta la famiglia: le sorelle Elisa e Paolina, la “Signora Madre”, la moglie Giuseppina (che a palazzo Serbelloni si era fatta raggiungere da un suo amante) e il figlio di lei Eugène Beauharnais (che, diventato viceré, aveva scelto come residenza la Villa di via Palestro). Per Giuseppina Milano è provinciale, ma Napoleone ne è estasiato, pur preferendo ritirarsi a Monza o a Mombello quando, d’estate, fa troppo caldo. La grande presenza di platani a Milano è dovuta a lui: adorava questi alberi e pensava che fossero ideali come riparo dal gran caldo milanese. Nel 1812 inizia il declino: Napoleone ha bisogno di soldi per la guerra e aumenta la pressione fiscale. Il ministro delle finanze Prina finisce vittima di un linciaggio a punte di ombrello. Nel 1814 Napoleone abdica.
PER APPROFONDIRE – MILANO NAPOLEONICA
- Marta Boneschi, Milano, l’avventura di una città. Tre secoli di storie, idee, battaglie che hanno fatto l’Italia, Ledizioni, Milano, 2014.
- Mariellla Tanzarella, Milano francese 200 anni dopo, la Repubblica, 26 maggio 2005
- Eleonora Bairati, Anna Finocchi, Percorsi nella storia dell’arte, Loescher editore, Torino, 2000
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In collaborazione con STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC