Mario Botta: progetti per Lugano

Mario Botta: progetti per Lugano – Nato nel 1943 a Mendrisio, Mario Botta è uno degli esponenti più rilevanti dell’architettura contemporanea, vanto dell’area ticinese. Le sue opere sono presenti in tutto il mondo, ma il baricentro della sua attività è proprio Lugano, cuore del Cantone, dove nel 1970 apre il suo studio dopo essersi laureato in Architettura a Venezia. Da allora svolge un’importante attività didattica, tenendo conferenze, seminari e corsi presso scuole d’architettura in Europa, in Asia, negli Stati Uniti e in America Latina. Nel 1976 è nominato professore invitato presso il Politecnico di Losanna e nel 1987 presso la Yale School of Architecture a New Haven, USA. Dal 1983 è nominato professore titolare delle Scuole Politecniche Svizzere, dal 1982 al 1987 è stato membro della Commissione Federale Svizzera delle Belle Arti.
Dalle case unifamiliari in Canton Ticino il suo lavoro ha abbracciato tutte le tipologie edilizie: scuole, banche, edifici amministrativi, biblioteche, musei ed edifici del sacro. Nel corso degli ultimi anni si è impegnato come ideatore e fondatore della nuova Accademia di architettura di Mendrisio, dove tuttora insegna e dove ha ricoperto l’incarico di direttore per l’anno accademico 2002/03. Il suo lavoro è stato premiato con importanti riconoscimenti internazionali (tra i quali il Merit Award for Excellence in Design by the AIA per il MOMA, museo d’arte moderna a San Francisco) e numerose sono le mostre dedicate alla sua ricerca. A settembre 2010 si è aperta al museo MART di Trento e Rovereto una grande retrospettiva sui 50 anni di attività dell’architetto.
Tra le sue opere più celebri: il teatro e casa per la cultura a Chambéry; la mediateca a Villeurbanne; il MOMA museo d’arte moderna a San Francisco; la cattedrale della resurrezione a Evry; il museo Jean Tinguely a Basilea; la sinagoga Cymbalista e centro dell’eredità ebraica a Tel Aviv; la biblioteca municipale a Dortmund; il centro Dürrenmatt a Neuchâtel; il MART museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto; la torre Kyobo e il museo Leeum a Seoul; gli edifici amministrativi della Tata Consultancy Services a Nuova Delhi e Hyderabad; il museo e biblioteca Fondation Martin Bodmer a Cologny; la chiesa Papa Giovanni XXIII a Seriate; la ristrutturazione del Teatro alla Scala di Milano; la chiesa del Santo Volto, Torino; il centro benessere Tschuggen Berg Oase, Arosa; la cantina Château Faugères a Saint-Emilion, il museo Bechtler a Charlotte, la chiesa di Santa Maria Nuova a Terranuova Bracciolini.
Dagli anni Ottanta ad oggi, numerosi sono gli interventi sul territorio svizzero che portano la firma dell’architetto.
Il primo è l’Edificio Ransila 1 realizzato tra il 1981 e il 1985 proprio a Lugano, in via Pretorio. L’edificio valorizza la legge di contiguità con il tessuto urbano e ristabilisce l’unità del lotto novecentesco in una posizione d’angolo, di fronte ad una piazza nel centro storico della città. Il volume massiccio è scavato da grandi aperture a gradoni che individuano una sorte di torre angolare, segnata sulla sommità dalla presenza di un albero.
La separazione tra rivestimento esterno in mattoni e struttura portante è fortemente evidenziata. La pianta si articola intorno al nucleo dei percorsi verticali e dei servizi, in due ali che accolgono ai vari piani gli uffici, distribuiti da un corridoio centrale e illuminati zenitalmente all’ultimo livello. Il portico che si apre sulla via mette in contatto la città con gli ambienti commerciali.
Degli stessi anni è il progetto della Banca del Gottardo (ora BSI), che per l’architetto ha significato un’occasione di disegnare una nuova immagine della città. “Credo che l’istituto della “banca”, come quello della “posta’’ o della “chiesa“ o del “teatro“ – ha spiegato Botta – sia un’attrezzatura urbana di servizio per la collettività.
La città è il luogo privilegiato per gli scambi, per gli incontri, per i commerci. La banca è una delle istituzioni che concorrono a considerare questa vocazione. In quest’ottica mi è sembrato opportuno sottolineare, anche attraverso il disegno architettonico, il ruolo istituzionale di un’attività che in tempi recenti è stata unicamente considerata come un insieme di parti amministrative che non hanno voluto, o non hanno saputo proporre un’immagine e un segno architettonico proprio all’interno del contesto urbano. Il gran numero di edifici bancari costruiti negli ultimi decenni hanno, infatti, rincorso un’immagine neutra e “internazionale“ attraverso modelli tipologici ampiamente sperimentati e collaudati”. La sfida che l’architetto ticinese ha voluto lanciare è stata quella di ritrovare invece le peculiarità del contesto storico e geografico, realizzando un edificio in grado di dialogare e integrarsi con il tessuto cittadino.
Si inserisce nel tessuto urbano come un punto esclamativo l’Edificio per uffici e appartamenti di forma cilindrica realizzato per la città tra il 1989 e il 1990 con un diametro di 25 metri. La potente immagine della struttura, oltre alla qualità dei materiali e delle finiture, sta a significare che anche un programma banale (negozi, uffici, appartamenti e studio) può offrire l’opportunità di portare a compimento un’azione efficace nel contesto urbano. La forma cilindrica contrasta con le costruzioni lineari lungo le strade. L’architetto ha infatti optato per un insieme di funzioni volendo che l’edificio fosse il più vitale possibile ma preservando il legame tra architettura e uomo.
Il Centro Cinque Continenti (1986-1992) si affaccia all’imbocco della via Generale Guisan, una via che distaccandosi dal lungolago risale in diagonale la collina, insinuandosi nella parte più compatta di quest’area cresciuta nel seno della grande ansa del tracciato ferroviario.
Proprio a voler rimarcare l’opposizione al presunto obbligo di un’ edificazione lungo via Guisan, Botta ha arretrato l’edificio in modo da liberarne lo spazio antistante e soprattutto lo ha dilatato sino al limite consentito dal regolamento edilizio per rendere ancor più emozionante l’improvvisa interruzione del cilindro che si gonfia per poi sfondarsi al centro a generare una piazza interna.
Lo spazio urbano antistante viene come risucchiato all’interno di questo ambiente inaspettato dal fascino discreto e raccolto. Le alte murature opache che si ergono a circoscriverne la geometria regolare invitano a scoprire il ventre luminoso della grande cavità protetta verso l’alto da una copertura in ferro e vetro e circondata dal reticolo minuto di quinte in vetrocemento.
Il gigantesco trilite in mattoni che si allinea lungo le sponde del fiume Cassarate ci avverte della presenza dell’Edificio per uffici “Caimato” (1986-1993) che si fa spazio nel tessuto di espansione ad est della città. Alte colonne in mattoni sfaccettate che si perdono nella struttura regolare della campitura in alluminio e vetri della facciata rientrata rivelano alle spalle di questo corpo di fabbrica la trasparenza di un’ampia corte. Seguendo il percorso suggerito dalle colonne si scopre su via Maggio il grande fornice d’accesso. Due quinte murarie finemente intessute nel gioco sporgente di corsi alternati di mattoni immettono nello spazio raccolto della corte interna dominata dal corpo cilindrico di accesso all’autosilo interrato. Sullo sfondo un vasto portale trafora la continuità del corpo edilizio sulla via al Chioso, dando un preciso orientamento a questo spazio interno. Le piccole aperture finestrate che si susseguono ordinatamente a misurare la dimensione delle pareti vengono sprofondate nella massa muraria a riprodurre una solidità del costruito inusuale.
A firma dell’architetto ticinese è anche la Pensilina per la fermata centrale dei bus, realizzata nel 2001 su richiesta della Città di Lugano. La copertura per la nuova fermata è collocata lungo corso Pestalozzi con un fronte di circa 70 metri di lunghezza per una larghezza di 18. Il progetto propone una navata centrale alta 7 metri e due navate laterali di 5 metri di altezza. L’insieme di queste due strutture contrapposte disegna un nuovo spazio urbano che, sul fronte stradale di corso Pestalozzi, permette la copertura della fermata dei bus e sul fronte sud il raccordo con l’area dei parcheggi in contiguità con lo stazionamento di biciclette e motocicli. La struttura portante è costruita con profilati di ferro che disegnano una doppia trave centrale verticale poggiata unicamente su 4 pilastri e rivestita da un materiale traslucido cellulare tipo plexiglas che rende la superficie opaca e in grado di permettere un passaggio filtrato della luce. L’effetto dato dalla superficie traslucida caratterizza tutto l’insieme di questa fermata di interscambio, sia durante il giorno, con ampi spazi coperti dalle intemperie ma permeabili alla luce naturale, sia durante le ore notturne, con un irraggiamento ottenuto con la collocazione di fonti luminose all’interno delle strutture.