Marco Pariani a Tribeca

Marco Pariani a Tribeca – Gli eventi artistici di New York riprendono il loro corso post-Covid con la mostra di Marco Pariani, un giovanissimo artista italiano, le cui opere saranno esposte virtualmente alla The Journal Tribeca Gallery dal 4 al 10 luglio.
Per fare un ritratto di questo giovane talento, ci siamo avvalsi del contributo delle sue stesse parole, tratte da un’intervista rilasciata all’inizio di quest’anno.
Pariani si racconta con la freschezza della sua età (ha 34 anni) e, probabilmente, della sua predisposizione caratteriale.
Il rapporto con il suo lavoro, con la vita di studio, dice, è fantastico, un sogno, in quanto gli sembra di stare in un campo di gioco segreto in cui non si finisce mai di giocare. Questa dimensione un po’ irreale lo porta a sentirsi distaccato dalla società, cosa che trapela decisamente nelle sue opere.
A volte Pariani si accorge di indulgere nei suoi “giochi preferiti” (e questo spiega la serialità dei suoi lavori).
L’artista afferma che le sue opere, apparentemente astratte, in realtà contengono moltissimi elementi di arte figurativa: per esempio, le forme rosa, le scarpe, i cani, sono per lui parti del corpo umano.
Per questo, Pariani non ama essere classificato in un genere, preferisce che ciascuno, guardando le sue opere, tragga le proprie conclusioni.
Nel’intervista, racconta di essere cresciuto in una cittadina a 40 minuti da Milano, e di essere stato circondato da droga e brutti giri da cui si è salvato grazie ai suoi amici, con cui ha condiviso molte esperienze di crescita in età adolescenziale.
Suo padre faceva il falegname, vivevano in campagna e lui ricorda con piacere di essere cresciuto nei campi, con conigli, polli, etc.
Il nonno, ex partigiano e figura importantissima per la sua formazione, un giorno gli regala libri, carta e pennarelli; così comincia a disegnare e copiare cartoons. Crescendo, viene indirizzato dai suoi insegnanti al liceo artistico di Busto Arsizio, dove per la maturità porta un enorme disegno che srotola davanti ai professori, una specie di mappa dei temi che aveva approfondito nella sua preparazione.
Il disegno ha talmente successo che viene appeso sullo sfondo del palco dell’Aula Magna del liceo. Dopodichè, Pariani si iscrive all’Accademia di belle arti di Brera, ma sempre lavorando per potersi mantenere agli studi. Per vari motivi, non riesce a terminare gli studi, ma nel 2005-2006 c’è una svolta nella sua vita, perchè comincia a “giocare” con grandi tele e colori.
Nel 2014 viene travolto da una macchina mentre è in bicicletta, rischia di rimanere paralizzato, e questo evento lo porta a decidere un drastico cambiamento: due anni dopo parte per New York, dove viene notato da Pali Kashi, il capo di Safe Gallery di Brooklyn, che gli propone una mostra nella sua galleria. Da lì parte il suo successo, e allo stesso tempo il suo percorso, perchè a Brooklyn impara a capire cosa è l’arte contemporanea e fino a che punto è arrivata, ad ammirare artisti che, come dice lui stesso, senza applicare alcuna regola, mettono sempre i loro punti di vista nelle loro opere, a convivere con una città come New York, in cui indubbiamente non è facile dimostrare chi si è.
Pariani dice che New York lo fa sentire parte di qualcosa e questa sensazione è “cool”.
Segue e apprezza moltissimi artisti americani, ma è convinto di dovere trovare la propria strada a prescindere dagli stimoli esterni.
Il percorso di Pariani è iniziato con l’uso della vernice spray sui muri della propria città. Poi, c’è stato il passaggio alle tele, sulle quali Pariani reinterpreta la figura chiave dell'”eroe” medievale, il cavaliere, soggetto molto amato da tantissimi artisti, dandogli una connotazione di modernità che è principalmente trasmessa dall’uso di colori e forme elementari, con un avvicendarsi di forme geometriche che riescono, nella loro semplicità, a trasferire all’osservatore l’impressione di trovarsi di fronte a simboli antichi, eppure modernissimi.
Il tratto rapido e immediato dell’artista ci consegna al mondo del mito, in cui vizi e virtù degli uomini sono sempre descritti con taglio chirurgico.
Nonostante la giovanissima età, Pariani affronta fin dall’inizio temi profondi e colti, declinati sempre con un’idea di fondo che man mano viene espressa in modo diverso.
Un curatore italiano, Giuseppe Frangi, ha paragonato la “cornice bianca” di Pariani a quella presente nei quadri di Rothko,come se il frame racchiudesse un’esplosione di forme e colori trattenuti all’interno di un confine.
Negli ultimi tempi, Pariani ha abbandonato i colori acrilici sostituendoli con olio e spray, con cui afferma di riuscire a trasferire meglio le sue idee.
Se gli si domanda qual è il suo colore preferito, risponde: “Sarebbe come se un attore agli Oscar ringraziasse solo una o due persone. I colori sono colori…”