CULTURASTORIA

Lo Stendardo di Ur: guerra e pace in Mesopotamia

Lo Stendardo di Ur: guerra e pace in Mesopotamia

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La Ziggurat di Ur, monumento religioso dedicato a Nanna, divinità della Luna, costruito intorno alla metà del III millennio a.C. [By-Tla2006-at-English-Wikipedia-[Public-domain],-via-Wikimedia-Commons].
Nel 1922 l’archeologo britannico Leonard Woolley aveva dato inizio a una campagna di scavi nel sito dell’antica città sumerica di Ur, per conto del British Museum e del Philadelphia University Museum. Anticamente la città sorgeva vicino alla foce del Tigri e dell’Eufrate, ma nel corso dei secoli l’accumulo di detriti ha modificato il corso dell’Eufrate, così che oggi le rovine di Ur sorgono nell’entroterra, a circa 15 chilometri dall’odierno corso del fiume. Nel corso degli scavi, che sarebbero proseguiti fino al 1934, Woolley riportò alla luce la necropoli reale di Ur, con circa 1850 tombe, delle quali 16 furono descritte come “tombe reali” poiché, oltre all’aver rinvenuto al loro interno un gran numero di importanti manufatti, erano caratterizzate da un diverso rituale di sepoltura, che comprendevano anche sacrifici umani. Per accompagnare i re e le regine nel loro viaggio verso l’aldilà, infatti, il rituale prevedeva il sacrificio di cortigiani, domestici, musicisti e altre figure legate alla corte reale. Risalenti in gran parte al 2600 a.C., tra le tombe reali fu scoperta anche quella, ancora intatta, della regina Puabi, il cui sonno eterno era vegliato da 10 dame di corte e altre 7 vittime umane. Nella tomba furono rinvenuti splendidi e preziosi ornamenti, come una collana in perle, oro e lapislazzuli, insieme a orecchini e aun un pettine per capelli in oro e lapislazzuli. Fu inoltre rinvenuto anche un copricapo, sempre in oro.
Anche altre tombe reali custodivano preziosi tesori, come il cosiddetto “montone del roseto” (Ram in a Thicket, oggi in mostra al British Museum) e alcune tavole da gioco relative al celebre gioco reale di Ur, tra i più antichi reperti completi di un gioco da tavolo che sia mai stato scoperto.
Tra il 1927 e il 1928, Woolley fu in particolare impegnato negli scavi della tomba PG 779, una delle maggiori della necropoli, che è stata associata a Ur-Pabilsah, sovrano sumero morto intorno al 2550 a.C. In un angolo della tomba, l’archeologo britannico trovò un manufatto che viene da lui descritto come “una placca di legno lunga 23 pollici e larga 7,5 [21,59 × 48,53 cm, ndr], ricoperta su entrambe le facce da un mosaico di conchiglie, pietra rossa e lapislazzuli”. Woolley ritenne che l’oggetto venisse infilato su un palo e portato in processione come uno stendardo, ed è quindi con il nome di Stendardo di Ur che l’oggetto è ancora oggi noto ed esposto al British Museum.
L’ipotesi dell’archeologo britannico non è più accettata, anche se il nome è rimasto. L’enigma circa la funzione dell’oggetto non è ancora stato risolto, ma alcuni studiosi ritengono fosse la cassa di risonanza di uno strumento musicale, oppure più semplicemente uno scrigno per oggetti preziosi.

 

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Il lato detto “della pace” dello Stendardo di Ur. British Museum, Londra. [Standard_of_Ur_-_peace_side_[Public-domain],-via-Wikimedia-Commons].

Lo Stendardo di Ur ha in realtà l’aspetto di una scatola dalla forma particolare, una sorta di trapezio, con due pannelli (i lati più lunghi). L’oggetto è interamente intarsiato con inserti in lapislazzuli, pietra calcarea rossastra e conchiglie marine. La decorazione è stata utilizzata con la tecnica musiva, e le varie figure realizzate su un fondo blu (in lapislazzuli).
Le scene, su entrambi i lati, sono divise in tre registri. Inoltre, uno dei lati riporta scene di pace, mentre l’altro di guerra.
Il lato detto “della pace” rappresenta la scena di un banchetto e di una processione, che si tengono alla presenza del sovrano (riconoscibile per le maggiori dimensioni con le quali è stato raffigurato, a sottolinearne l’importanza). Il sovrano indossa un kaunakes, un mantello realizzato tessuti di grande pregio, solitamente lana, che cadevano in lunghe ciocche sovrapposte. È seduto su un trono, attorniato da altri sei commensali oltre che da cortigiani, danzatori, un coppiere e un arpista. Nei due registri inferiori è invece raffigurata una processione alla quale partecipano cortigiani e contadini, con doni, animali e cibi.
Sul lato opposto, quello “della guerra”, è invece raffigurato l’esercito e la casta militare. I soldati indossano un lungo mantello e una cuffia sul capo. Sono inoltre raffigurati anche alcuni carri da guerra, che calpestano i nemici caduti in battaglia con le loro grandi ruote in legno. Si tratta di una delle prime rappresentazioni della ruota che ci sia pervenuta. Anche su questo lato è presente una raffigurazione del sovrano, visibilmente più alto rispetto ai soldati.

 

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Il lato detto “della guerra” dello Stendardo di Ur. British Museum, Londra. [Standard_of_Ur_-_War [Public-domain],-via-Wikimedia-Commons].

LoStendardo di Ur è un documento storico di eccezionale importanza, che ci racconta della vita nell’antica Mesopotamia e in una città come Ur. Fu in questa regione che ebbe origine il modello urbano che ancora oggi caratterizza le città odierne. La straordinaria fertilità della Mezzaluna, la zona compresa tra il Tigri e l’Eufrate, diede vita a una produzione agricola straordinaria, le cui eccedenze incoraggiarono la nascita di insediamenti urbani stabili e dando così vita alle prime città, circa 5000 anni fa. La crescente prosperità delle città e l’aumento della popolazione portarono alla nascita di un complesso sistema amministrativo e fece inoltre sorgere gerarchie e ruoli specialistici all’interno di una società sempre più articolata e complessa. Le eccedenze agricole, infatti, permisero a molti di svincolarsi dalla necessità di lavorare la terra per la propria sussistenza: ecco quindi fare la comparsa figure come sacerdoti, soldati, amministratori e artigiani, in grado di realizzare oggetti sofisticati e preziosi come appunto lo Stendardo di Ur e gli altri manufatti rinvenuti nella necropoli reale dell’antica città mesopotamica.
I diversi materiali, alcuni anche esotici, con i quali è stato realizzato lo Stendardo di Ur, inoltre, ci raccontano di una società in espansione, anche dal punto di vista territoriale. I Sumeri avevano contatti con altre regioni, anche lontane, con le quali avevano rapporti commerciali, come dimostrano i lapislazzuli provenienti dall’Afghanistan, il marmo rosso dell’India e le conchiglie provenienti dal Golfo Persico. Tutti materiali presenti nello stendardo, che venivano scambiati con prodotti agricoli in surplus.
Il lato “della guerra” testimonia invece la necessità di proteggere e difendere a ogni costo questa prosperità. Ecco quindi la nascita di un esercito sempre più organizzato, le cui conquiste e successi militari sottolineano la potenza del sovrano.
Un lato, quindi, mostra il sovrano che amministra un’economia fiorente, mentre l’altro lato lo mostra mentre, alla guida dell’esercito, difende questo status dai nemici.

Lo Stendardo di Ur è quindi una straordinaria testimonianza storica, che ci racconta di come piccole comunità agricole si siano trasformate in fiorenti centri urbani, dove il surplus agricolo permise la nascita di classi sociali, con la differenziazione tra chi lavora per produrre questo surplus e chi vive di esso, potendo così rivestire altri ruoli all’interno della società. I passi successivi sono un esercito sempre più organizzato e la riscossione di tributi per finanziare un organismo che assomiglia sempre più a uno Stato, dando vita a una nuova forma di potere.
Anche se la funzione dello Stendardo di Ur rimane ancora un enigma, il messaggio che intende trasmettere è invece estremamente chiaro: la ricchezza e prosperità di una società hanno origine dall’organizzazione sociale al suo interno, e sopravvive grazie alla protezione (anche militare) e all’amministrazione delle sue risorse.