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LIFE ON MARS

Life on MARS – Come molti sanno, Elon Musk, il visionario CEO di SpaceX, sta sviluppando una navicella riutilizzabile, Starship, che, secondo le sue dichiarazioni, sarà in grado di volare tre volte al giorno per un totale di mille voli l’anno, trasportando merci, materiali e uomini necessari a costruire una città su Marte; inoltre prevede di riuscire a far partire la costruzione della città “marziana” nel 2022, mentre la NASA si è posta come obiettivo il 2024, e non disdegna di fare commenti negativi su Elon Musk (che tra l’altro è il loro fornitore di Crew Dragon, la capsula per il trasporto degli astronauti che effettueranno voli commerciali promossi dalla NASA).

“In medio stat virtus”, direbbe qualcuno, quindi un buon metodo per farsi un’idea di come stanno le cose veramente potrebbe essere quello di informarsi sulle comunicazioni dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea) al riguardo, dato che non riveste un ruolo di main competitor ed ha quindi posizioni più moderate.

Secondo l’ESA, i viaggi interplanetari su Marte non saranno possibili prima di vent’anni, anche perchè la Terra e Marte si allineano in modo favorevole ogni due anni, e solo per poco tempo. Ciò vuol dire che tornare indietro sarà possibile solo o entro 30/40 giorni o dopo 500 giorni.

Nel frattempo, l’ESA sta lavorando su progetti automatizzati, tra cui Mars Sample Returns, che prevede l’utilizzo di un grande lander e di un rover che effettueranno il prelievo di campioni su Marte. Dopodiché, i campioni saranno custoditi su una navicella dell’ESA che li porterà sulla Terra.

Molti si chiederanno perché la “colonizzazione” di Marte è diventata così importante: ebbene, si è scientificamente dimostrato che 3,8 milioni di anni fa Marte era molto simile alla Terra, e ciò suggerisce che ci fosse vita e che forme di vita possano ancora esserci sotto la superficie.

È del mese scorso una delle scoperte più importanti fatta da Curiosity, il laboratorio presente su Marte dal 2012.

Gli strumenti di Curiosity hanno rilevato tracce di ossigeno su Marte, misurandone la presenza negli ultimi tre anni marziani, pari a sei anni terrestri.

A ciò si aggiunge che a giugno erano state rilevate tracce di gas metano in concentrazioni elevate.

Entrambi i gas sembrano comportarsi nello stesso modo: i loro livelli sono molto bassi nel periodo invernale, al di sotto dell’1%, ma crescono parecchio in primavera e in estate.

Si stanno considerando tutte le ipotesi relative a queste fluttuazioni, tra cui la presenza di eventuali forme di vita batterica.

Ed ecco che l’idea di costruire una città su Marte diventa sempre più realistica, al punto che la progettazione è stata affidata non solo a semplici ingegneri aerospaziali, ma a team affiancati da veri e propri architetti.

Al MIT, a capo di questo team, c’è Valentina Sumini che, dopo aver conseguito una doppia laurea in Architettura e Costruzione presso il Politecnico di Milano e di Torino, aver superato un master in Alta Scuola Politecnica, e aver sostenuto l’esame di Stato per entrare nell’Ordine degli Ingegneri, ha vinto una borsa di studio appunto di questo prestigioso Istituto per lavorare come ricercatrice in un  team che ha lo scopo di realizzare il primo insediamento umano su Marte.

Il suo interesse per l’ottimizzazione degli spazi abitativi nello Spazio risale già al 2010, quando, all’Alta Scuola Politecnica, aveva presentato una tesi su un habitat per la Luna.

Il progetto di habitat su Marte si chiama Redwood Forest, in quanto si ispira alla struttura degli alberi, che sono veicolatori di acqua, importantissima perchè in grado di formare uno scudo contro le radiazioni cosmiche.

La struttura si presenta come un insieme di cupole poste sulla superficie di Marte, dalle quali partono delle “radici” in cui sono posti gli insediamenti umani.

I materiali principalmente utilizzati sono quelli presenti in situ, ovvero la regolite (il terreno marziano) e il ghiaccio (che sarà estratto dalla superficie lunare), da cui si ricaverà l’acqua.

L’acqua scorrerà all’interno della superficie delle cupole, costituendo sia una protezione contro le radiazioni cosmiche che un modo ottimale di “bilanciare” le forze in azione, in modo da mantenere le cupole agganciate al terreno.

L’acqua sarà inoltre utilizzata dai futuri abitanti di Marte per impiantare coltivazioni idroponiche, in cui produrre vegetali necessari per il sostentamento.

Gli insediamenti umani sono posti sotto terra anche per proteggere gli abitanti dal possibile impatto di meteoriti sul suolo marziano. Il punto di arrivo dei viaggiatori interplanetari sarà situato in un cratere che si è costituito per la caduta di un meteorite, e dove quindi le probabilità che ne cada un altro sono inferiori.

Le tempistiche di realizzazione del progetto sono lunghe, dato che all’inizio saranno inviati sul pianeta solo dei robot che provvederanno all’estrazione dei materiali occorrenti e alla costruzione di tutto quanto necessario per rendere fattibile l’arrivo degli uomini.

Nel frattempo, la Sumini ha già progettato un hotel orbitante di gran lusso con otto stanze, una palestra e un’area di ristorazione, ovvero una stazione spaziale orbitante in grado di accogliere turisti, più o meno dal 2025.

Per ora, il biglietto “aerospaziale” dovrebbe avere un costo di qualche milione di dollari, ma Valentina auspica che i costi vengano ridotti considerevolmente dall’entrata in campo di compagnie private e sponsor.

Valentina Sumini ha scelto di lasciare l’Italia per non rinunciare ad un’opportunità che le ha dato la possibilità di utilizzare strumenti e risorse inimmaginabili per l’Italia, ma tra i suoi sogni nel cassetto c’è quello di tornare qui e costituire un suo laboratorio di ricerca per l’architettura nello spazio.

Per ora, si accontenta di collaborare da lontano con il Politecnico di Milano e l’Università di Bologna, e studiare soluzioni di risparmio delle risorse che possano essere valide non solo nello spazio, ma anche sul nostro Pianeta.

Anche lei sogna un futuro migliore, come la ragazza della canzone di David Bowie che si chiede se c’è vita su Marte.