STORIA

LE PERIPEZIE DEI MARMI DEL PARTENONE

LE PERIPEZIE DEI MARMI DEL PARTENONE

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In collaborazione con la pagina Voci Antiche: pagine dal mondo classico.


LE PERIPEZIE DEI MARMI DEL PARTENONE

La vicenda dei marmi del Partenone, che a un certo punto presero la via dell’Inghilterra, è una storia complicata, che si intreccia con le vicende turbolente dell’epoca napoleonica e ha inizio in Egitto, dove il conte di Elgin, Thomas Bruce, ambasciatore inglese presso il sultano di Costantinopoli, fu artefice della sconfitta dei francesi.

James Bruce, Lord Elgin - Theophile Hamel [Public domain], via Wikimedia Commons
James Bruce, Lord Elgin – Theophile Hamel [Public domain], via Wikimedia Commons
Ottenne, per questo, oltre a una sontuosa festa di una settimana, tenutasi nella capitale dell’impero ottomano, la riconoscenza del sovrano, che formalmente governava sull’Egitto, e conseguentemente anche la possibilità di chiedere favori per sé. Ne chiese uno in particolare: il permesso per il pittore Giovanni Battista Lusieri di continuare indisturbato a studiare le architetture e le sculture dell’Acropoli di Atene, cosa che ottenne con il “firmano” del 6 luglio 1801, nel quale veniva concessa la facoltà, poi interpretata in senso allargato, “di portare via le sculture che non arrechino danno alle mura della Cittadella”.

I lavori per staccare le metope iniziarono già a fine mese, insieme agli scavi nell’area archeologica, che portarono alla luce un vero e proprio “bottino” di statue, monete, vasi… e l’Eretteo, il quale sarebbe stato smantellato immediatamente se si fosse resa disponibile una nave per il suo trasporto in Inghilterra.

The South-east Corner of the Parthenon, Athens - By Giovanni Battista Lusieri about 1755 Details of artist on Google Art Project [Public domain], via Wikimedia Commons
The South-east Corner of the Parthenon, Athens – By Giovanni Battista Lusieri about 1755 Details of artist on Google Art Project [Public domain], via Wikimedia Commons
Lord Elgin, informato di tutti i ritrovamenti, giunse sul posto nel 1802, quando buona parte delle opere d’arte era già stata sistemata in casse di legno e trasportata al Pireo. Se il trasporto dall’Acropoli al porto di Atene era stato un’operazione tutto sommato semplice, non così si prospettava il viaggio Mediterraneo alla volta dell’Inghilterra perché i tempi erano difficili e le navi da guerra inglesi, impegnate a pattugliare la zona orientale, avevano ben altro da fare. Lord Egin, però, in qualità di ambasciatore, aveva il dritto di usarle per riportare in patria tutti i suoi effetti personali. Ci vollero naturalmente più viaggi e numerose navi per compiere la missione. Una di queste, la Mentor, salpata da Atene il 6 settembre 1802, fece perfino naufragio e affondò davanti al porto dell’isola di Cerigo con tutto il suo carico, che fortunatamente fu recuperato grazie ai pescatori di spugne attivi in quelle acque e portato a Londra nientemeno che dall’ammiraglio Nelson.

Quando finalmente tutte le casse raggiunsero la capitale inglese, non c’era ancora un luogo per ospitarle, così le centoventi tonnellate di marmo finirono provvisoriamente nel giardino sul retro di una casa del centro, tra Piccadilly e Park Lane. Solo la promessa di Lord Elgin di cedere gratuitamente le opere “razziate” al British Museum ci consente di vederli ora in quella sede.

Elgin Marbles 8 - By Urban (Own work (Own picture)) [CC BY-SA 2.5], via Wikimedia Commons
Elgin Marbles 8 – By Urban (Own work (Own picture)) [CC BY-SA 2.5], via Wikimedia Commons
Un’ultima curiosità: per restaurare alcune statue che nel trasporto erano state danneggiate, fu chiamato il Canova, che declinò l’invito ritenendo un sacrilegio toccare col proprio scalpello quello che Fidia aveva creato.


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