ARTE

Le Case Museo di Milano

Le Case Museo di Milano – Come un museo raccoglie opere e oggetti che tramandano nel tempo il proprio valore storico artistico, ma più di un museo conserva un’identità e un fascino propri che solo un’abitazione privata può avere. Si tratta delle Case Museo, luoghi nei quali il filo della storia collettiva si interseca con la storia di una vita. Poeti, letterati, o più in generale uomini di grande cultura, hanno consegnato al pubblico le chiavi per entrare in contatto con la storia attraverso i propri occhi e le proprie passioni. C’è, in questi luoghi, qualcosa che va al di là della preziosità del singolo oggetto e che mette in evidenza la potenza evocatrice di una casa, che è racconto di sé ma anche racconto di una civiltà, di una cultura, di una storia abitativa.

Il Circuito Case Museo

A Milano è nato nel 2008 il Circuito Case Museo che riunisce quattro istituzioni in grado di fondere il privato alla storia di Milano tra il XIX e il XX secolo: il Museo Bagatti Valsecchi, la Casa Boschi di Stefano, Villa Necchi Campiglio e il Museo Poldi Pezzoli (quest’ultimo eletto ente capofila). Attraverso la creazione di questo Circuito, realizzato per volontà e in collaborazione con Regione Lombardia, Provincia di Milano e Comune di Milano, si delinea la volontà di elaborare un progetto che diventi modello di riferimento metodologico internazionale, valorizzando l’identità di ciascuna realtà museale verso la conoscenza della città a cavallo tra due secoli.

Museo Poldi Pezzoli

Ente capofila del circuito, il Museo Poldi Pezzoli è legato alla personalità di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, nato nel 1822 ed educato all’amore per l’arte e per il collezionismo. Un lungo esilio tra Italia, Londra e Parigi, dovuto alla sua partecipazione ai moti delle Cinque Giornate, si trasforma in un viaggio di fondamentale importanza per il proprio bagaglio culturale e per quello che diventerà, a partire dal 1849, il suo “appartamento particolare”. Situato nell’attuale via Manzoni, l’appartamento si apriva all’interno di un palazzo di famiglia dotato di parco all’inglese, ricco di stanze di rappresentanza che Gian Giacomo, con l’aiuto degli interior designer Giuseppe Bertini e Luigi Scrosati, aveva studiato per rievocare in ciascuna un diverso stile del passato. La raccolta predilige il Rinascimento con il preciso obiettivo di tutelare il patrimonio cittadino e di costituire una collezione “ad uso e beneficio del pubblico”. Inizialmente appassionatosi alla collezione di armi, l’interesse del nobiluomo si sposta alle arti decorative e figurative. Al piano superiore, ben tre sale ospitano il notevole nucleo di dipinti del Rinascimento lombardo, con pezzi di Foppa, Bergognone, Luini e Solario. Originariamente ornato di tappezzerie, oggi il Salone Dorato ospita alcuni esempi gloriosi del Rinascimento toscano e veneto: icona indiscussa del museo è la “Dama” del Pollaiolo, cui si accompagnano un dipinto di Piero della Francesca, due tavole di Sandro Botticelli, opere di Giovanni Bellini e di Andrea Mantegna. Divide il Salone Dorato dalla Saletta degli Stucchi la della camera da letto allo Scalone Barocco del piano terreno, decorato con una fontana del Bertini. Oltre a dipinti, armi, tessuti, ori, porcellane e vetri, il museo nel 1978 si è arricchito della collezione di orologi solari di Piero Portaluppi (architetto, fra gli altri, di Casa Boschi di Stefano e Villa Necchi Campiglio), donata dagli eredi. vetrina di porcellane del Settecento, nella quale trionfa il grande servizio da caffè e da tè Borromeo. Completano la ricca collezione gli arredi di Gian Giacomo, dai mobili intagliati della camera da letto allo Scalone Barocco del piano terreno, decorato con una fontana del Bertini. Oltre a dipinti, armi, tessuti, ori, porcellane e vetri, il museo nel 1978 si è arricchito della collezione di orologi solari di Piero Portaluppi (architetto, fra gli altri, di Casa Boschi di Stefano e Villa Necchi Campiglio), donata dagli eredi.

Museo Bagatti Valsecchi

Nasce dal gusto e dalla passione dei fratelli Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi (nati rispettivamente nel 1843 e nel 1845) la collezione dell’omonimo Museo milanese, sito nell’odierno Quadrilatero della moda, a quel tempo quartiere caratterizzato da monasteri e botteghe artigiane. Alla morte della madre, nel 1880, Fausto e Giuseppe, vicini al mondo dell’arte grazie al padre Pietro (miniaturista molto apprezzato) decidono di occuparsi esclusivamente della ristrutturazione della casa di famiglia, trasformandola nella sontuosa rievocazione di una dimora patrizia del Rinascimento lombardo.
Appartenenti a un’importante famiglia milanese, i fratelli Bagatti Valsecchi danno vita a un vero e proprio progetto abitativo, in cui le opere d’arte arredano la casa e i singoli manufatti diventano oggetti d’uso per chi vi abita, in una sorta di collezionismo globale. Intere schiere di artigiani erano all’opera per Fausto e Giuseppe, approntando apparati decorativi neorinascimentali. In tutti gli ambienti la disposizione di opere e manufatti è fitta e sovrabbondante, dai dipinti alle pareti ai ricchi arredi intagliati, fino agli oggetti allestiti sui mobili con oreficerie, avori e ceramiche. Da notare nella Sala da Bagno una vasca in marmo neorinascimentale che è, in realtà, una doccia, sanitario assolutamente all’avanguardia per la fine dell’Ottocento, e al tempo stesso il lavamano, un vero lavandino ad acqua corrente. Questi e altri elementi di modernità vengono però dissimulati, per non creare discrepanza con l’unitarietà stilistica neorinascimentale.
Nell’appartamento abitato da Giuseppe e dalla moglie Carolina Borromeo (il fratello Fausto, scapolo, visse sempre con loro) il pianoforte della nobildonna è camuffato da credenza neorinascimentale nella Sala della Stufa Valtellinese. Spicca, nella Camera Rossa (la stanza dei coniugi) la Santa Giustina di Giovanni Bellini, mentre la Sala da Pranzo meraviglia per le raccolte dei manufatti in vetro rinascimentali.

Villa Necchi Campiglio

Esponenti dell’alta borghesia imprenditoriale, le sorelle Gigina e Nedda Necchi e Angelo Campiglio (marito di Gigina) si distinsero non solo per le imprese economiche, fondamentali per la Lombardia della prima metà del Novecento, ma anche per una spiccata sensibilità civica e culturale. Il considerevole patrimonio economico, derivante dalla produzione di ghise smaltate e dalle note macchine da cucire, agevolò i tre di via Mozart nella costituzione della Villa, progettata dall’architetto Piero Portaluppi (lo stesso che si occupò di ideare Casa Boschi di Stefano). La residenza si presenta come una vera e propria casa unifamiliare, con tanto di giardino, campo da tennis e piscina, in uno stile che è quello tipico degli anni Trenta, influenzato dal nascente razionalismo ma che non dimentica, negli interni, le linee Decò.
Ecco quindi che all’esterno la dimora si presenta con un disegno di linee e superfici rigoroso, mentre all’interno si sviluppa in linee briose. Agli inizi il Portaluppi, dalla brillante fantasia creativa, pensa alla dimora Necchi Campiglio come a un insieme unitario di architettura, mobili e apparati decorativi; nel dopoguerra però i tre virano il proprio gusto verso mobili e oggetti d’arte antica (XVII e XVIII secolo) rimuovendo così gli arredi originari, in un processo di antichizzazione che vede parte attiva il noto architetto Tomaso Buzzi. Il gusto del collezionismo per il terzetto di via Mozart è, a ben vedere, lontano dal volersi avvicinare alle vicende artistiche a loro contemporanee, preferendo un iter di acquisizione più classica tramite il tradizionale mercato dell’antiquariato. Solo Nedda, la sorella nubile, crea una saletta con una piccola raccolta novecentesca con opere di Jean Arp, Lucio Fontana, Vario Sironi, Renè Magritte e altri.
Dopo l’arrivo del FAI, la Villa si è arricchita di due importanti donazioni: quella della preziosa raccolta di arti decorative del Settecento di Alighiero ed Emilietta dè Micheli e quella del gruppo di dipinti e sculture degli anni Venti e Quaranta di Claudia Gian Ferrari.

Casa-Museo Boschi Di Stefano

Raffinata ceramista, Marieda Di Stefano (nata nel 1901) fu il cuore pulsante dell’appartamento di via Jan, dove condivise la sua vita e il suo amore per l’arte insieme al marito Antonio Boschi. La palazzina viene realizzata su progetto di Piero Portaluppi dalla Società Anonima Immobiliare Picena guidata da Francesco, padre di Marieda. I dettagli decorativi degli interni, i mosaici dei pavimenti e soprattutto il doppio bow-window della sala sono firma inconfondibile dell’architetto. Senza mai abbandonare la propria attività di ceramista (per la quale fonda al piano terra una scuola di ceramica tuttora gestita dalla figlia di Luigi Amigoni, suo maestro), nonostante le modeste condizioni economiche Marieda, insieme al marito, inizia da subito i primi acquisti, arrivando persino a vendere l’automobile per comprare una serie di opere di De Chirico, Sironi e Funi.
Tutta l’attenzione dei coniugi si sofferma sempre sulle opere, e ben poco sugli arredi di casa, oggi in buona parte perduti. La ricca collezione spazia da opere futuriste dei primi anni Dieci, tra le quali spiccano un Boccioni giovanile, due Severini e un Soffici (ereditate dal padre di Marieda), a opere informali della fine degli anni Cinquanta, di Vedova, Turcato e Chighine. La suddivisione degli spazi è stata operata per movimenti e correnti, cominciando dall’ingresso dedicato alla figura dei due collezionisti. Gli artisti del Novecento italiano (Casorati, Carrà, De Grada) sono custoditi nella stanza degli ospiti, mentre a Mario Sironi è dedicata un’intera stanza monografica, dove spicca il capolavoro metafisico “Venere dei Porti”. Personalità di riferimento della rivista “Corrente”, da Sassu, a Guttuso a Birolli, sono esposte nella sala da pranzo, dove Morandi e De Pisis godono di pareti monografiche. Nella sala centrale opere della Scuola di Parigi, mentre lo studio dell’ingegner Boschi sfoggia una straordinaria selezione di “buchi” e “tagli” di Lucio Fontana, artista che i coniugi frequentavano abitualmente nello studio di Corso Monforte. Lo stesso appartamento di via Jan divenne importante punto di ritrovo, ospitando piccoli concerti e serate di scambio intellettuale frequentate da artisti del calibro di Martini, Carrà, Sironi e Fontana.


GALLERY Le Case Museo di Milano

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