ARTE

LA MADONNA “DIABOLICA” DELLA CAPPELLA PORTINARI

LA MADONNA “DIABOLICA” DELLA CAPPELLA PORTINARI –

MilanoPlatinum Storica National Geographic

In collaborazione con la prestigiosa rivista STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC riscopriamo un gioiello di Milano: la cappella Portinari presso la basilica di Sant’Eustorgio, dove si trova un affresco con la Madonna e il bambino con le corna…


LA MADONNA “DIABOLICA” DELLA CAPPELLA PORTINARI

Quando Gesù gli domandò: “Come ti chiami?” “Mi chiamo Legione”, gli rispose, “perché siamo in molti” (Marco 5, 9). La fulminante storia dell’indemoniato di Gerasa è forse una delle narrazioni dell’orrore più efficaci di tutti i tempi. La spersonalizzazione conseguente alla possessione demoniaca è già in sé spaventosa, ma la precisazione che si tratta non di uno, ma di molti, incarna uno degli incubi peggiori dell’uomo moderno: la disgregazione dell’io. Lo spirito maligno chiede a Gesù di poter entrare in un branco di porci: gli viene concesso, e gli animali si precipitano da un burrone nel mare.

Il nemico dai molti nomi

A partire dall’affermazione del cristianesimo, la letteratura, la teologia, l’arte, praticamente tutte le manifestazioni culturali sono percorse dalla presenza immancabile e quasi ossessiva del diavolo. I suoi molti nomi sono spesso di origine ebraica: Satana, Belzebù, Lucifero (“portatore di luce”). Le religioni pagane non conoscevano questa figura, incarnazione del Male in lotta perenne contro il Bene: per i Greci e i Romani esistevano spiriti invisibili, intermedi tra uomini e dèi, chiamati “demoni” (dàimones, “distributori”), che avevano il compito di vegliare sui mortali. Ma con il cristianesimo i demoni benevoli diventano creature malvagie, al servizio di un principe delle tenebre: i demoni diventano il “demonio” o “diavolo” (“colui che separa”).

Velzevul (Belzebù o Beelzebub) in un'icona russa (public domain. via Wikimedia Commons)
Velzevul (Belzebù o Beelzebub) in un’icona russa (public domain. via Wikimedia Commons).

L’archetipico conflitto tra Bene e Male

La presenza del demonio è molto antica nella storia delle religioni orientali, come l’ebraismo e lo zoroastrismo (la religione dei Persiani, che interpretava il mondo come una lotta tra spirito e materia, tra bene e male). Nell’Antico Testamento, il Diavolo appare come attore di un grande conflitto primordiale: ribellatosi al Dio Creatore, Jahvé, iniziò una lotta contro di lui e soprattutto contro la sua creatura, l’uomo. Nel Vangelo, Cristo sconfigge il diavolo tentatore nel deserto e scaccia i demoni dal corpo degli ossessi; la lotta tra Cristo e il diavolo (per san Paolo il “Dio di questo mondo”) è uno degli elementi portanti della teologia e dell’escatologia cristiane. La lotta avrà termine soltanto alla fine dei tempi, quando Cristo salverà l’umanità.

Il grande piano

Il diavolo è fonte inesauribile di tentazioni e inganni: sesso, potere, ogni forma di vana illusione mondana sono le sue armi. Gli eremiti nel deserto, come Antonio (fine del IV secolo), sono assediati dai demoni, contro i quali oppongono forza morale, preghiera e ascetismo. Per sant’Agostino, il diavolo non è un puro nemico ribelle a Dio e ostile alla creazione: al contrario, fa parte del grande piano di Dio, che ha permesso il Male perché possa esistere il Bene. In questa prospettiva, anche la presenza del diavolo fa parte di un universo buono.

Mihály Zichy, Il trionfo del genio della distruzione, 1878 (public domain, via Wikimedia Commons)
Mihály Zichy, Il trionfo del genio della distruzione, 1878 (public domain, via Wikimedia Commons)

Corpi spirituali

Secondo papa Gregorio (VI secolo), l’universo ha una struttura gerarchica, dal più profondo dell’inferno alla cima dei cieli, e tra gli uomini e Dio esistono varie categorie di spiriti buoni: gli angeli. La più alta gerarchia angelica, quella più vicina a Dio, è costituita dai Serafini: Lucifero era stato il più grande degli angeli, perciò un Serafino. Questa visione sopravvive per tutto il Medioevo, per arrivare alla concezione della Divina Commedia di Dante. Tra le molte diatribe dei primi secoli cristiani, si discusse a lungo se diavoli e angeli avessero un corpo: il secondo concilio di Nicea (del 787) concordò che sia gli angeli che i diavoli ce l’hanno, però invisibile e sottile, come l’aria o il fuoco; successivamente, prevalse l’idea che angeli e demoni siano creature esclusivamente spirituali, senza alcun contatto con la materia (concilio Laterano del 1215).

Guillaume Geefs, Lucifero, cattedrale di Liegi (public domain, via Wikimedia Commons)
Guillaume Geefs, Lucifero, cattedrale di Liegi (public domain, via Wikimedia Commons).

Il grande dio Pan

Nell’immaginario popolare il diavolo assunse prestissimo fattezze caprine e corna spaventose, nonostante la sua natura originaria di serafino dovesse far propendere per un aspetto più avvenente. Il maggiore indiziato per questa iconografia è una divinità pagana, Pan, il dio campestre immaginato con testa, zampe e corna di capra. Pan era un dio della natura: inseguiva le ninfe, aveva una sensualità smodata, compariva improvvisamente in luoghi deserti e poteva provocare la follia (il “panico”). Questo dio dei sensi e dell’istinto vitale, per le sue caratteristiche e per l’aspetto deforme e spaventoso, divenne il prototipo del diavolo, anche lui cornuto, tentatore, legato alle gioie del mondo e fornito di piedi caprini. Esistono altri modelli iconografici, spesso tratti dal mondo animale (come i pipistrelli), ma toccò soprattutto al dio della libera natura pagana l’ingrato destino di vestire, già dalla fine dell’epoca antica, i panni del “gran nemico”.

Arnold Böcklin, Sera primaveriale, 1879 (public domain, via Wikimedia Commons)
Arnold Böcklin, Sera primaverile, 1879 (public domain, via Wikimedia Commons).

La leggenda del diavolo-Madonna

Due vistose corna demoniache campeggiano sul capo della Madonna e anche del bambino in un affresco singolare ospitato in una lunetta nella Cappella Portinari, il gioiello rinascimentale visitabile accedendo al Museo di Sant’Eustorgio, in corso di Ripa Ticinese a Milano. La sconcertante figura, e lo sguardo satanico che il bambino rivolge agli spettatori, reso ancora più incisivo dalla particolare curvatura prospettica usata dal pittore Vincenzo Foppa, è poco visibile dal basso e per questo rimane scarsamente conosciuta. Il titolo dell’affresco è San Pietro Martire debella con l’ostia il demonio. Secondo una delle leggende agiografiche fiorite riguardo al santo, un predicatore domenicano vissuto nella prima metà del Duecento, un giorno il diavolo provò a tentare Pietro durante la celebrazione della messa: prese le fattezze di Maria con il bambino in braccio, ma nella fretta di completare la trasformazione si dimenticò di nascondere… le corna. Il domenicano scoprì così l’inganno e scacciò il Maligno con l’ostia consacrata.

Sant'Eustorgio, Cappella Portinari, Miracolo della falsa Madonna (foto Giovanni Dall'Orto, public domain, via Wikimedia Commons)
Vincenzo Foppa, Miracolo della falsa Madonna, Sant’Eustorgio, Cappella Portinari (foto Giovanni Dall’Orto, public domain, via Wikimedia Commons)

Quest’opera, seppur eccezionale, non è unica nel suo genere: in un dipinto coevo (1450-1460), il pittore Antonio Vivarini, nel rappresentare lo stesso episodio, ha aggiunto alla Madonna grandi ali di pipistrello e una lunga coda.

Copertina del volume di S. Lanuzza, sulla quale compare il dipinto di Antonio Vivarini.
Copertina del volume di S. Lanuzza, sulla quale compare il dipinto di Antonio Vivarini.

Il culto di san Pietro martire

A parte la curiosità artistico-demoniaca, la cappella Portinari è un capolavoro da scoprire o riscoprire. Il fiorentino Pigello Portinari (1421-1468) giunse a Milano nel 1452 per dirigere la filiale lombarda del Banco Mediceo e nel 1462 avviò la costruzione del tempietto destinato a conservare la reliquia della testa di san Pietro Martire e a divenire luogo di sepoltura della sua famiglia (la tomba fu inaugurata proprio da lui nell’anno della fine dei lavori, il 1468). La testa è conservata in un’urna che viene esposta una volta all’anno, il 29 aprile, festa del santo. In questo giorno, secondo la tradizione, se si soffre di emicrania conviene appoggiare la testa sull’arca contenente la reliquia, oppure strofinare l’urna con un fazzoletto che poi si avvolge intorno al capo. Nel 1958 l’urna è stata aperta e il cranio sottoposto a un esame medico, che ha rilevato una ferita compatibile con il colpo di roncola che uccise Pietro nei giorni di Pasqua del 1252 nella zona di Seveso.

“Credo”

Pietro da Verona o Pietro Martire (Pietro Rosini) era nato a Verona da una famiglia di eresia catara. Entrato a far parte dell’ordine domenicano, si dedicò con vigore a combattere le eresie, soprattutto quella abbracciata dalla propria famiglia. Papa Innocenzo IV nel 1251 lo nominò inquisitore per le città di Milano e di Como. Nel 1252 Pietro venne aggredito e assassinato con una roncola da alcuni sicari nella foresta di Seveso, precisamente a Barlassina (nel luogo del martirio ora è presente un piccolo altare), mentre percorreva a piedi la strada da Como a Milano. Le agiografie riportano che prima di morire intinse un dito nel proprio sangue e con esso scrisse per terra la parola “Credo”, cadendo poi morto. Uno degli attentatori, Carino Pietro da Balsamo, si pentì del gesto e morì poi in fama di santità presso il convento dei domenicani di Forlì: dal 1822 è riconosciuto come beato dalla Chiesa cattolica.


PER APPROFONDIRE – LA MADONNA “DIABOLICA” DELLA CAPPELLA PORTINARI

  • Antonio Emanuele Piedimonte, Milano Esoterica. Storie, misteri e leggende alla scoperta della città segreta, Intra Moenia, Napoli, 2013.