Intervista allo chef Fabio Silva “sull’Arca di Noè porto l’olio d’oliva”

Una vita spesa ai fornelli, studiando dai grandi chef ma soprattutto dando spazio alla curiosità e al rispetto degli ingredienti. Dopo aver provato la sua cucina al Derby Grill, il ristorante dell’Hotel De la Ville di Monza, storico albergo affiliato a Chateaux&Hotels Collection’, abbiamo intervistato lo chef Fabio Silva.
Quali sono state le esperienze professionalmente più importanti prima dell’arrivo al Derby Grill?
Sebbene abbia trascorso gli ultimi 20 anni della mia carriera al Derby Grill, ho iniziato a lavorare sin da molto giovane in vari ristoranti d’Italia, spostandomi per fare le cosiddette “stagioni estive” lontano da Napoli, dove sono nato. Le esperienze più rilevanti sono state quelle all’Hotel La Locanda del Ponte a Monticiano (SI) e all’Hotel Ambasciatori Palace di Roma. Anche se ciò che più mi ha formato è stata l’esperienza in un piccolo albergo 3 stelle vicino a Feltre, in cui completamente solo ho davvero imparato le basi della cucina di oggi, sperimentando in tutti i settori, dagli antipasti alla pasticceria.
Ci sono stati degli chef che nel passato l’hanno ispirata? E oggi quali sono i colleghi a cui guarda con maggior stima?
In passato, i grandi che ho seguito sono stati Cannavacciuolo, Budel e Sadler, dai quali ho avuto la fortuna di lavorare per brevi periodi di stage. Oggi guardo con ammirazione a Giancarlo Morelli, per la cucina di altissimo livello e il sistema imprenditoriale che è riuscito a creare, e a Gianni Tarabini, grande conoscitore dei prodotti del territorio e abilissimo chef della tradizione valtellinese.
Come si è evoluta la sua cucina dagli inizi a oggi?
Ciò che non si esaurisce mai è la mia curiosità. Questo mi ha spinto nel tempo a studiare e apprendere nuove tecniche di cottura, mi sono interessato alla fermentazione e, con gli anni, sono andato alla minuziosa ricerca di fornitori d’eccellenza, quelli che hanno dimostrato di avere la passione per i prodotti di qualità.
Come descriverebbe la sua cucina?
Contemporanea con uno sguardo alle tradizioni della cucina italiana, regionale e spesso campana, ma senza perdere di vista le tecniche attuali. È anche importante cercare di anticipare il futuro, altrimenti si corre il rischio di ritrovarsi inesperti in una realtà che viaggia alla velocità della luce.
Qual è la soddisfazione più grande che le può dare un cliente?
Vedere un cliente felice della serata che ha trascorso non ha prezzo. Soprattutto se, andandosene, mi promette che tornerà presto.
Come nasce la creazione di un nuovo piatto?
Solitamente dal mio desiderio di mangiare un determinato ingrediente. Questo diventa dunque il cardine attorno al quale poi “costruisco” il piatto. Poi diventa tutto un gioco di consistenze, aromi ed equilibri che mira a rendere la ricetta unica al gusto. È istinto, memoria del passato, o ricordi di un viaggio intrapreso o di una persona che ti ispira…
Sono 6 anni che firma la cucina di Derby Grill: come siete cresciuti in questo arco di tempo insieme?
Ho cercato di dare la mia impronta personale alla cucina, supportata dal costante studio di nuove tecniche, che mi ha portato a creare una mia identità che coincide con quella del Derby Grill. Ad oggi, chi assaggia un mio piatto subito lo identifica con il Derby Grill e questo mi dà la conferma che la strada sia quella giusta.
Cucina “locale” e cucina internazionale: quale le dà maggiori soddisfazioni?
Sono aperto a tutti i sapori del mondo, dunque quando sono dietro ai fornelli mi piace cucinare qualsiasi cosa, italiana e internazionale. Ma se devo scegliere che tipo di cucina preferisco mangiare, allora rispondo quella locale, di qualsiasi regione d’Italia, perché nella sua semplicità ti permette di scoprire le radici delle sue ricette.
Immagini un’arca di Noè gastronomica… deve salvare: una ricetta della tradizione, una ricetta contemporanea, uno chef, un ristorante e un ingrediente. Cosa sceglie?
La parmigiana di melanzane, per quanto riguarda la ricetta della tradizione, ne sono golosissimo. Ricetta contemporanea: Riso, aglio nero fermentato e frutti rossi. Uno chef… il collega Eugenio Boer, mentre tra i ristoranti da portare in salvo per i posteri, il Per Se di New York. L’ingrediente? L’olio extravergine di oliva.