Intelligenza artificiale Made in Italy

Intelligenza Artificiale Made in Italy – L’equilibrio va di pari passo con l’intelligenza, e noi italiani possiamo ben vantare di esserci fatti promotori, in più di un’occasione, di iniziative dotate di entrambe queste doti.
Anche in quei settori in cui tutti sarebbero portati a pensare che i veri stakeholder siano statunitensi, possiamo enumerare eccellenze illustri.
Basti pensare all’Intelligenza Artificiale: il famoso laboratorio Center for Brains, Minds and Machines, sorto per volontà del MIT di Boston nel 1981, era ed è ancora oggi infatti guidato da un brillante scienziato genovese, Tommaso Poggio.
Poggio, negli anni Novanta, è stato uno dei primi a lanciare un progetto che ricorreva a tecniche di machine learning, sponsorizzato da Daimler.
Anche oggi, partendo dai primi test degli anni ‘90, si utilizzano, nel laboratorio del MIT, tecniche di supervised learning che possono ricorrere ai big data, ovvero a grandi quantità di informazioni.
Per quanti ritengono che tra dieci o vent’anni ci saranno sistemi capaci di eguagliare la nostra intelligenza, Poggio afferma che si sta certamente lavorando in quella direzione, ma, a suo avviso, ciò è ben lungi dal poter essere realizzato.
Un altro settore in cui i nostri ricercatori italiani sono all’avanguardia è quello della connessione tra I.A. e robot.
In questo ambito, nel 2015, è nato Annabell, progetto di ricerca sviluppato da Bruno Golosio, ricercatore dell’Universita’ di Sassari.
Annabell, grazie a una rete neurale artificiale, è riuscita a imparare a parlare “da sola”, semplicemente conversando con le persone.
Golosio è riuscito a ottenere questo risultato grazie al contributo di Angelo Cangelosio, allora professore di Scienze cognitive e intelligenza artificiale all’Universita’ di Plymouth, nel Regno Unito (ora insegna all’Universita’ di Manchester).
Cangelosi collabora anche con il team di robotici dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, impegnato nello sviluppo di diversi automi che potrebbero essere messi in commercio in futuro.
Lo sviluppo di questi autori si appoggerà alla tecnologia 5G che renderà possibile lo scambio di notevoli quantità di dati.
Sempre l’ITT di Genova è capofila di un progetto europeo, AnDy, che ha lo scopo di migliorare le interazioni tra uomo e robot nelle fabbriche.
Anche nel dipartimento DEIB del Politecnico di Milano, diretto dal professor Paolo Rocco, è stato messo a punto un sistema di I.A. che permette a un robot di intervenire in una sequenza di produzione gestita da un operatore umano, cosa che potrebbe portare a un risparmio del 20% del tempo dedicato alle operazioni manuali.
Al Politecnico di Torino, invece, uno studio condotto da Dario Antonelli, docente di Tecnologia e Sistemi di Lavorazione, permette a un robot di imparare un processo di lavorazione semplicemente osservando un operatore che lo esegue.
Abbiamo già parlato del Laboratorio dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dove è nata una straordinaria protesi di mano artificiale che rivoluzionerà il futuro di questo genere di impianti.
Curatore, insieme al collega dell’Universita’ di Stanford, Oussama Khatib, dello “Springer Handbook of Robotics”, manuale di oltre mille pagine dedicato a questa disciplina, è il professor Bruno Siciliano, che guida, all’Universita’ Federico II di Napoli, il PRISMALab, il cui progetto più innovativo è costituito da un robot pizzaiolo, RoDyMan, nato anche dall’esperienza maturata dal Laboratorio di Napoli nella collaborazione con la DLR, l’ente aerospaziale tedesco, che sviluppò Justin, un robot in grado di coadiuvare gli astronauti nelle operazioni svolte sulle stazioni spaziali.
Il professor Siciliano spiega che la specializzazione italiana nell’ambito dei controlli automatici è stata raggiunta tramite un approccio di tipo bottom-up, ovvero sviluppando prima le conoscenze dei movimenti più semplici dei robot, per poi passare allo studio dell’interazione dei robot nell’ambiente.
Anche le auto del futuro partono dall’Italia, per la precisione dal VisLab, laboratorio dell’Universita’ di Parma, che è stato il primo al mondo a far circolare un’auto senza conducente nel traffico di una città.
La capacità di questo team di ricerca è stata subito compresa da un gruppo americano, Ambarella, che lo ha acquisito nel 2015. Il laboratorio è rimasto però a Parma, dietro richiesta del suo creatore, Massimo Broggi.
Stesso filone per il laboratorio i.Drive, del Politecnico di Milano, che studia le interazioni tra conducente e macchine a guida autonoma.
Infine, Giorgio Metta, responsabile del progetto di sviluppo del robot umanoide ICub, anche questo nel laboratorio ITT di Genova, spiega che si tratta del prototipo di un assistente personale che in futuro potrebbe svolgere molti lavori domestici.
In conclusione, possiamo tranquillamente pensare che il nostro Paese sia all’avanguardia anche nei settori tecnologici più avanzati, tra i primi al mondo per progetti innovativi.