IL REGISTA. INTERVISTA A ELISABETTA CAMETTI

IL REGISTA. INTERVISTA A ELISABETTA CAMETTI –
Il regista di Elisabetta Cametti mette in scena le gesta di un feroce “burattinaio”, un serial killer che, come in una sanguinaria partita a scacchi, muove le sue vittime inducendole a fare esattamente ciò che vuole. Il potenziale distruttivo di una simile strategia è enorme e incontrollabile e rappresenta una svolta nella storia del crimine. Una suspense lunga 29 ore, perché il valore cabalistico di questo numero simboleggia le avversità e gli ostacoli, i sacrifici e i debiti. Non a caso il 29 è raffigurato dalla bara e ritorna nelle statistiche di omicidi seriali. Sembra infatti che buona parte dei serial killer compia il primo omicidio a 29 anni e che il numero medio di vittime dei serial killer più famosi sia 29. Come negli altri romanzi di Elisabetta, le figure femminili – qui la fotoreporter Veronika Evans e la profiler Barbara Shiller – sono apparentemente forti e volitivi, ma in realtà minati da traumi e nevrosi che danno spessore e fascino alla loro personalità.
Elisabetta Cametti, classe 1970, con una laurea in Economia e Commercio in Bocconi, da vent’anni si occupa di editoria e lavora tra Milano e Londra. I suoi libri sono stati pubblicati in 12 paesi. Il regista è il primo romanzo della Serie 29 e viene pubblicato in Italia in contemporanea con il lancio negli Stati Uniti di K – I guardiani della storia, il suo thriller di esordio e bestseller internazionale. K – Nel mare del tempo, secondo della Serie K, è uno dei libri più amati del 2014 secondo un sondaggio di Panorama. La stampa l’ha definita “la signora italiana del thriller” e la sua protagonista Katherine Sinclaire è stata battezzata “il contraltare femminile di Robert Langdon, l’eroe di Dan Brown”. Elisabetta è spesso ospite su Canale 5, nel programma Mattino Cinque, come opinionista sui casi di cronaca.
Non volendo svelare nulla della trama, ho proposto a Elisabetta una breve intervista basata su citazioni dal suo romanzo, che lei ha comentato così.
È nelle esperienze che crediamo di avere già vissuto che si annidano i semi di ciò che possiamo ancora costruire… l’impressione di un ricordo che diventa profezia…
Credo nel destino e nel potere della mente, per questo nelle trame inserisco sempre riferimenti al trascendente. Il mistero che lega passato e futuro è al centro dei miei libri precedenti, K – I guardiani della storia e K – Nel mare del tempo, e ho voluto ricordarlo nel nuovo thriller. Tutti i miei romanzi, anche se fanno parte di saghe diverse, sono collegati l’uno all’altro: dissemino indizi nel testo che rappresentano un trait d’union tra tutte le storie.
Quando cerchi il cibo perché sei affamato, ti nutri di ciò che trovi, anche di veleno.
Una frase con cui ho voluto sottolineare che il bisogno spesso ci porta a compiere azioni folli. Nel Regista c’è una domanda che serpeggia tra le pagine: cosa siamo disposti a fare per paura, necessità, disagio? Fino a dove siamo pronti a spingerci per uscire da una situazione di grande tensione?
La vita di una persona può essere trasformata in una trama complessa? Scrittore non è solo chi pubblica libri. Può esserlo anche chi ha il potere di disegnare, influenzare, segnare l’esistenza di qualcun altro.
Protagonista del romanzo è un Regista del male, un oscuro burattinaio che si diverte a controllare le vite degli altri. Ne manipola il futuro con fatti, dubbi e colpi di scena. A ognuno assegna un ruolo e decide chi sarà protagonista e chi comparsa, chi vittima e chi assassino. Un piano malvagio per sfidare il proprio intelletto e per scrivere una nuova pagina della storia del crimine.
Il buio fa luce su molte cose.
Sono le situazioni difficili a farci capire le priorità e a mostrarci per cosa vale la pena combattere.
I fatti non mentono. È il nostro pensiero che a volte inciampa: quando vogliamo credere in qualcosa, abbiamo la capacità di modificare l’ambiente in ciò che desideriamo vedere.
È la mente a governare le nostre azioni e sono gli obiettivi, i sogni e le speranze a darci la forza di andare avanti. Spesso per non mollare abbiamo bisogno di credere in qualcosa, anche di illuderci.
