I GRECI ANTICHI, UN POPOLO CON LA PASSIONE PER L’ARTE
![GRECI ANTICHI - Cavalcade south frieze Parthenon - Di sconosciuto (Jastrow (2006)) [Public domain], attraverso Wikimedia Commons](https://www.milanoplatinum.com/wp-content/uploads/2016/03/GRECI-ANTICHI-Cavalcade-south-frieze-Parthenon-Di-sconosciuto-Jastrow-2006-Public-domain-attraverso-Wikimedia-Commons-750x614.jpg)
I GRECI ANTICHI, UN POPOLO CON LA PASSIONE PER L’ARTE –
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In collaborazione con la pagina Voci Antiche: pagine dal mondo classico.
I GRECI ANTICHI, UN POPOLO CON LA PASSIONE PER L’ARTE
I greci erano circondati da manufatti artistici: statue, templi, decorazioni in rilievo erano ovunque nelle città. Perciò possiamo ritenere a ragione che quotidiana fosse la loro esperienza estetica: sia in casa, dove abbondavano, per esempio, vasi di ceramica dipinti sia fuori casa, dove ci si trovava – diremmo oggi – in un vero e proprio museo a cielo aperto. Del resto l’arte e le immagini erano fondamentali, in mancanza di altri strumenti e a causa della limitata capacità di leggere della popolazione, per veicolare messaggi politici e religiosi, che potessero arrivare in maniera diretta agli spettatori.
Dunque, passiamo a considerare quei fattori che facevano di un prodotto, uscito dalla bottega di un artigiano, un’opera degna di essere ammirata.
In primo luogo, gli occhi degli antichi si soffermavano sulla materia con cui gli oggetti erano fatti: si trattava sempre di materiali preziosi come oro, argento, bronzo, avorio, elettro, che avevano anche un’altra proprietà, quella di riflettere la luce facendo brillare i manufatti. Non a caso, nelle parole di quegli autori che descrivono, spesso in versi, le bellezze dell’arte antica, aggettivi come “splendente”, “brillante”, “lucido”, “scintillante” sono frequentissimi e si ripetono continuamente. Naturalmente, la preziosità dei materiali e la loro bellezza li rendevano adatti a essere usati per creare oggetti importanti, legati spesso al culto o usati per fare doni.
E veniamo così al terzo fattore, non meno importante e indispensabile degli altri due: la naturalezza, intesa non tanto come la resa realistica dell’opera, ma come la presenza di vita in essa. A dispetto della materia, dura e, una volta lavorata, destinata ad assumere quella forma per sempre, l’oggetto a cui dava vita, per essere davvero ritenuto bello e quindi apprezzato, doveva sembrare vivo e, paradossalmente, in movimento. In questo modo e solo così, era possibile abbattere la barriera che separa l’opera d’arte e lo spettatore e dare vita a un’esperienza estetica che fosse anche esperienza emotiva, capace dunque di suscitare emozioni (stupore, commozione, pianto…). Ecco perché sui frontoni dei templi, per esempio, erano raffigurate scene che erano al contempo azioni, spesso di lotta: la vivacità dei movimenti faceva sì che lo sguardo si spostasse continuamente da un punto all’altro, rendendo in tal modo viva una rappresentazione che per sua natura era imprigionata nella materia per sempre.
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In collaborazione con Voci Antiche: pagine dal mondo classico.