Il gusto orientalizzante di Caio Cestio: una piramide nel cuore di Roma

Il gusto orientalizzante di Caio Cestio: una piramide nel cuore di Roma –
![]() |
![]() |
In collaborazione con la pagina Voci Antiche: pagine dal mondo classico.
Il gusto orientalizzante di Caio Cestio: una piramide nel cuore di Roma
Caio Cestio Epulone, il cui cognomen (l’ultimo dei suoi tre nomi) ci ricorda che aveva fatto parte del collegio dei banchettatori, i septemviri epulones appunto, che avevano il compito di organizzare i banchetti pubblici in occasione di festività religiose, aveva voluto come dimora eterna una tomba monumentale a forma di piramide. La sua scelta ben si iscrive in quella contagiosa diffusione del gusto orientalizzante che prese Roma e i romani dopo la conquista dell’Egitto, divenuto provincia nel 30 a.C., a seguito della battaglia di Azio e della vittoria di Ottaviano sui rivali Antonio e Cleopatra.
La realizzazione del monumento può essere datata tra il 18 a.C. e il 12 a.C. : infatti, nel primo dei due anni fu emanata dagli edili una disposizione che vietava gli sprechi legati alle mode orientali, disposizione che costituisce un termine “post quem” per la sepoltura, dato che avvenne senza che fossero sistemati insieme al defunto gli arazzi che egli tanto avrebbe voluto a tenergli compagnia; la seconda data, invece, è un termine “ante quem” perché tra i beneficiari ed esecutori del testamento figura anche Agrippa, genero di Augusto, che morì quell’anno e che doveva essere in vita quando il testamento fu redatto.
La tomba, interamente ricoperta di lastre bianche di marmo di Carrara, ha un’anima di calcestruzzo e mattoni e si eleva per 36, 40 metri su una piattaforma realizzata in opus caementicium, il cui lato di base misura quasi 30 metri. Il suo proprietario, ancora prima di morire, aveva stabilito per testamento che i lavori dovessero essere eseguiti dagli eredi in non più di 330 giorni, pena l’esclusione di questi dal lascito testamentario stesso. Così, una volta terminata la costruzione della tomba, essi non mancarono di ricordare, con un’epigrafe posta sul monumento, che il lavoro era stato concluso entro il numero di giorni fissato:
Opus absolutum ex testamento diebus CCCXXX, arbitratu (L.) Ponti P. f. Cla (udia tribu) Melae heredis et Pothi l(iberti) .
(CIL VI, 1374)Quest’opera è stata completata per testamento in 330 giorni per disposizione dell’erede Lucio Ponzio Mela, figlio di Publio, della tribù Claudia, e del liberto Potho.
C.CESTIVS L.P. POB. EPVLO PR. TR. PL.
VII VIR EPVLONVM
Questa iscrizione dà informazioni essenziali sul proprietario: si chiamava Caio Cestio Epulone, era figlio di Lucio e apparteneva alla tribù Pobilia; inoltre aveva avuto la carica di pretore (PR), di tribuno della plebe (TR PL) e di septemviro (VII VIR) epulone.
All’interno del monumento sepolcrale vi è una sola camera funeraria con volta a botte, piuttosto piccola se paragonata all’intera mole (5,95 e 4,10 metri sono le misure dei lati della base e 4,80 metri è la misura dell’altezza). Essa fu murata, esattamente come avveniva in Egitto, a sepoltura appena avvenuta. Sulle pareti, decorate con affreschi a fondo chiaro, ci sono ninfe alternate a vasi lustrali.