Giro di Milano… in happy hour

Giro di Milano… in happy hour – Inizia con questo articolo un percorso in tre tappe dedicato a una famosa istituzione milanese: l’aperitivo.
DALL’IMPERO ROMANO AI RUGGENTI ANNI OTTANTA – Giro di Milano… in happy hour
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’aperitivo non è un’invenzione della modernità. Abituati come siamo ai locali caotici e affollati, dove per raggiungere il bancone colmo di antipasti si impiegano interi minuti, abbiamo sicuramente dimenticato le antiche radici di questo rituale quotidiano. Il primo aperitivo, infatti, fu preparato dalle mani di un suddito dell’impero romano che, per accompagnare una sorta di antipasto noto come gustatio, ideò una miscela composta da tre parti di vino e una di miele, in seguito battezzata con il nome di mulsum. Anche se questa ricetta richiedeva tempi di preparazione più lunghi delle odierne bevande, poiché prevedeva una fase di fermentazione che durava un mese, possiamo ritenerla un’antenata dei moderni cocktail, considerando anche il suo contenuto alcolico.
Perché l’aperitivo conquisti un ruolo di primo piano nella vita quotidiana, però, bisogna aspettare l’inizio del XX secolo quando, nella Milano del primo dopoguerra, si diffuse l’abitudine di riunirsi prima del pranzo e della cena per degustare una bevanda in compagnia degli amici. In quegli anni, il locale più in voga era situato all’angolo tra piazza Duomo e Galleria Vittorio Emanuele II, e portava il nome di Camparino, poi per un certo periodo noto anche come bar Zucca. Fu proprio qui che nacque il leggendario aperitivo milanese, costituito da un cocktail a base di Campari (considerando il nome del locale, non poteva essere altrimenti!) e da alcuni stuzzichini freddi. Un esperimento riuscito, questo, che qualche tempo dopo fu riprodotto anche in una delle location più esclusive di Milano: la Terrazza Martini, situata ad alcune decine di metri sopra piazza Duomo. La vera e propria svolta nella storia dell’aperitivo ambrosiano, tuttavia, avvenne soltanto all’inizio degli anni Ottanta quando, ispirandosi alle esperienze più interessanti del mondo anglosassone, l’intraprendente proprietario del Cap St. Martin (al civico 9 di via De Amicis) rinnovò completamente l’aspetto del proprio bancone, trasformandolo in un vero e proprio arsenale di pizze e focacce. Fu così che nacque l’happy hour, una fascia oraria “speciale” in cui i prezzi delle consumazioni conoscono una sensibile riduzione, introdotta sull’esempio dei pub inglesi e americani degli anni Settanta. Nel frattempo anche il Tropico Latino (che oggi, oltre a diverse sedi in città conta anche di alcune presenze in provincia), decise di rinnovare il rituale dell’aperitivo, abolendo la rigida separazione tra spazio bar e sala ristorante, e creando quella suggestiva commistione tra cena e spuntino che, ancora oggi, caratterizza così fortemente l’happy hour meneghino.
All’alba del terzo millennio, mentre la metropoli si prepara a cambiare volto in vista dell’Expo 2015, il rito dell’aperitivo si è trasformato in una vera e propria colonna portante del life style cittadino, imponendosi come un appuntamento ormai irrinunciabile. Si pensi alle folle di studenti universitari che, addentando una tartina al salmone e sorseggiando un Negroni Sbagliato, possono conoscere studenti Erasmus provenienti da tutto il mondo. E si pensi anche ai business manager più incalliti, che davanti a un bicchiere di Mojto chiudono le trattative più estenuanti della giornata.