Giacometti al Guggenheim

Giacometti al Guggenheim – 175 opere tra sculture, dipinti e disegni, molti dei quali inediti per il pubblico americano.
Si è aperta l’8 giugno al Guggenheim Museum di New York la mostra antologica dedicata al geniale Alberto Giacometti, artista svizzero scomparso nel 1966.
Non è la prima volta che il Solomon R. Guggenheim Museum and Fondation si occupa di Giacometti: nel 1955 la prima mostra dell’artista fu presentata a New York nella sede temporanea in Fifth Avenue. Le opinioni sull’arte di Giacometti erano contrastanti all’epoca, ma un critico riconobbe che il direttore della Fondazione, James Johnson Sweeney, aveva perseguito con convinzione il suo scopo, quello di “portare al Guggenheim Musem le opere più controverse dell’epoca”. Nel 1974 il Guggenheim presentò, nella sua rotonda progettata da Frank Lloyd Wright, una retrospettiva postuma di Giacometti. Quella attualmente in corso è la prima esposizione interamente dedicata all’artista svizzero negli Stati Uniti da quindici anni a questa parte.
Organizzata da Megan Fontanella, curatrice di Modern Art and Provenance del Solomon R. Guggenheim Museum, e da Catherine Grenier, direttrice della fondazione Giacometti di Parigi, durerà fino al 12 settembre prossimo.
Alberto Giacometti nasce a Borgonovo, in Svizzera, il 10 ottobre 1901. E’ figlio di un pittore post-impressionista e decide quindi di intraprendere studi artistici a Ginevra. Nel 1920 viaggia in Italia, dove rimane colpito dalle opere di Paul Cézanne e Alexander Archipenko esposte alla Biennale di Venezia.
Nel 1922 si trasferisce a Parigi. Quando qualcuno gli chiede se lo faccia per il suo interesse verso l’arte, risponde: “Sì, certo, l’arte mi interessa moltissimo. Ma la verità mi interessa ancora di più”, principio che Giacometti non abbandonerà mai.
A Parigi, Giacometti affitta un minuscolo atelier con il soffitto altissimo a Montparnasse, da cui non si trasferirà mai. Prosegue gli studi presso il noto scultore Antoine Bourdelle, a sua volta allievo di Rodin. Si avvicina al Surrealismo, corrente che, come egli stesso dice, “stimola il suo desiderio di penetrare i paradossi che materiano la nostra vita”.
E’ inoltre affascinato dall’arte egiziana, conosciuta nei musei parigini, e dall’arte etrusca che aveva visto in un viaggio in Italia nel 1920. Stringe amicizia con artisti di primo piano come Picasso, Ernst, Mirò, Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir.
Acquista notorietà solo molto tardi nella vita, grazie al riconoscimento ottenuto alla 31.ma Biennale di Venezia che nel 1962 gli assegna il Gran Premio per la scultura.
Una delle ultime sue opere, il busto del filosofo giapponese Isaku Yanaihaura, gli richiede duecentotrenta sedute. “E’ perché sono costretto ad arrivare al nocciolo della vita”, dice l’artista.
Nel ’65, già malato, lavora senza sosta, e scrive: “Io sto là dove tutto sta fermo e aspetta […], uscire dal tempo per essere senza fine”. Muore l’11 gennaio del 1966.
Per tutta la vita, Giacometti ha cercato l’essenza inalterata delle cose, ha avuto un bisogno profondamente sentito di fare un’arte centrata sull’umano e basata sull’osservazione diretta.
Le figure sono allungate e smaterializzate, il trattamento delle superfici, che risultano scabre, le rende sensibili alla luce in un modo del tutto particolare.
Le figure sottili di Giacometti sottolineano il concetto che l’essenza dell’individuo perdura anche quando il corpo sembra svanire e riflettono la sua personale ricerca della verità, ricerca che è stata il motore della sua arte.
Tra le opere in esposizione, spicca L’Homme qui marche (L’uomo che cammina), titolo che contrassegna ciascuna delle sculture in bronzo che comprendono sei versioni numerate più quattro prove d’artista. Il 3 febbraio 2010, la seconda edizione della scultura divenne una delle opere d’arte più costose mai battuta ad un’asta, venduta al prezzo di circa $ 104,3 milioni, superata solo da un’altra opera di Giacometti, L’Homme au doigt, venduta nel maggio 2015.
La scultura bronzea raffigura un uomo colto nel bel mezzo del suo andare, con le braccia che penzolano lungo i fianchi. Il pezzo è descritto come “sia un’umile immagine di un uomo ordinario, che un potente simbolo di umanità”. I critici dicono che Giacometti ha interpretato “il naturale equilibrio del passo” come un simbolo di “forza vitale propria dell’uomo”.
Nel 1960, Giacometti fu invitato a far parte di un progetto pubblico del Chase Manhattan Plaza a New York per l’allestimento di statue di bronzo all’esterno dell’edificio. Per questo, Giacometti creò diverse sculture, tra cui ‘L’Homme qui marche I’, ma alla fine non accettò la commessa. Nel 1961, ne fece una versione a grandezza naturale che fu poi esposta alla Biennale di Venezia un anno dopo. ‘L’Homme qui Marche I’ fu creata all’apice del periodo maturo di Giacometti e rappresenta il punto più alto della sua sperimentazione con la figura umana; è considerata una delle opere più importanti dell’artista, oltre che una delle immagini iconiche dell’Arte Moderna, tanto che nel 1988 è stata stampata sulla banconota da cento franchi svizzeri.
INFO
Giacometti
- Solomon R. Guggenheim Museum, New York
- Dall’8 giugno al 12 settembre 2018
- Orari: Lun., mer., ven., dom.: 10 – 17:45; Mar.: 10 – 21; Sab.: 10 – 19,45; Gio.: chiusura settimanale
