FULVIO ARNOLDI, UNA STORIA MUSICALE

FULVIO ARNOLDI, UNA STORIA MUSICALE –
Fulvio Arnoldi è un musicista e cantautore dal talento raffinato. Con la sua voce un po’ “graffiata”, riesce a raggiungere un’ottima escursione vocale e il suo stile cantautorale rende inconfondibile ogni brano (proprio o altrui). Conosciamolo insieme.
Parliamo un po’ del piccolo Fulvio e dei suoi primi passi nel mondo della musica dalle parti del lago di Como. Avevi solo 6 anni e già dimostravi un interesse particolare per il piano.
Proprio sotto Natale, i miei genitori mi regalarono un organetto Bontempi, uno strumento molto in voga negli anni Settanta: in definitiva, mi sono ritrovato sopra questo oggetto e non me ne sono più staccato. È diventato fin da subito il mio compagno preferito.
Poi hai scoperto il mondo dei sintetizzatori e hai iniziato ad arrangiare e a scrivere.
I synth negli anni Ottanta vivevano un periodo di auge e io me ne appassionai moltissimo, per via di tutte le sonorità che si potevano creare con questo strumento. Dai 12 anni in avanti, ho iniziato a trascorrere i miei pomeriggi in un negozio di musica di Lecco, dove Marco Battistini, tastierista nonché uno dei tre fratelli gestori del negozio, aveva un buon campionario di synth: per me era il paradiso! Alla fine mio padre ha dovuto mettere mano al portafoglio per comprarmene uno, al posto della moto. Lo conservo ancora.
A 20 anni scopri il mondo delle 6 corde e di lì a poco nasce “Il Dottor Zaatar”, band con cui inizi a suonare in live brani composti da te.
Io ho cominciato fin da subito a scrivere canzoni: la mia idea primigenia, anche se non ancora ben delineata, era di fare il cantautore. Accompagnarsi con il synth era un po’ anomalo, oltreché scomodo, quindi la chitarra ha risposto alla mia esigenza di esibirmi con uno strumento comodo in mano. Erano i tempi del militare (1986) e, una volta terminato, ho formato il gruppo e ho preso in mano la chitarra per accompagnarmi. Già a 13/14 anni mi esibivo a casa accompagnandomi da solo (con l’organo), poi alla fine degli anni Ottanta ho iniziato a cantare seriamente, proprio con il gruppo “Il Dottor Zaatar”, con cui si girava e si suonava parecchio, solo brani nostri. A un certo punto venni licenziato dal negozio presso cui lavoravo come commesso e il chitarrista del “Dottor Zaatar” Marco Biancolella mi dice che a Voghera c’era una persona che cercava musicisti per formare un gruppo che suonasse cover nei locali. Mi ci sono buttato anima e corpo e solo in quell’anno ho finito per esibirmi in 150 concerti.
E poi arriva il primo grande nome per cui scrivi alcuni testi e con cui collabori come musicista. Sto parlando di Francesco Renga. Iniziano gli anni di tour, che ti tengono impegnato a oggi.
E che mi salvano l’economia familiare! Il primo nome importante con cui ho lavorato (a 19 anni) è stato Gatto Panceri: con lui mi esibivo come tastierista. Poi ho imboccato una strada diversa, più da cantautore: erano gli anni in cui proponevo i miei lavori alle case discografiche (anni Novanta), e ho fatto la conoscenza di un discografico della Polygram, Leo De Rosa, che si è dimostrato un mio estimatore. Alla fine incontrai Francesco Renga: stava lavorando al suo secondo disco, “Tracce”, e proprio De Rosa propose un mio pezzo a Francesco. Io non avevo mai considerato la strada dell’autore per altri, però, conoscendo il talento di Renga, ho accettato con entusiasmo. E così ci siamo conosciuti. Il mio pezzo Un giorno in più è stato inserito in quell’album di successo che ha venduto oltre 150.000 copie. Non è così usuale che cantanti e autori si conoscano di persona: nel caso di Francesco e me, ci siamo incontrati volontariamente e a pelle ci siamo piaciuti fin da subito.
Ho tenuto per ultimo il gruppo che conosco meglio, gli “Statobrado”, una band di grande talento che vede anche la partecipazione di musicisti come Enzo Messina, Mario Belluscio (con cui già collaboravi fin dai tempi dei “S.Buka Rock Machine”, un gruppo attivo nel 1993), Leif Searcy e Giorgio Secco. I “Bradi” si sono velocemente distinti: avete vinto un’edizione di “Sanremo Rock” proprio con un tuo brano, avete accompagnato Renga in alcuni suoi tour e vi siete esibiti (e vi esibite tuttora) in club e locali.
Francesco stava cercando un gruppo che lo accompagnasse in turnè e ha scelto proprio noi: io avevo un gruppo (gli “Statobrado”, appunto) popolato da musicisti di spessore, come Messina, Searcy, Belluscio, Secco. Con questo gruppo abbiamo sempre suonato solo cover. Abbiamo provato a fare qualcosa di nostro (nel 2000 vincemmo “Sanremo Rock”!), ma alla fine non ci siamo riusciti e allora ci siamo dedicati alle cover. Il nome originale del gruppo è “Statobrado”, poi ci siamo via via sempre più presentati come i “Bradi”, perché ho scoperto che in Italia ci sono altri 5 gruppi che si chiamano “Statobrado”… Così ci siamo differenziati!
Nel tuo palmarés si conta anche un’esibizione come supporter di Vasco Rossi, nel 2004, e nel 2008 nasce “Attack and Party”.
Eravamo in tour con Renga (con gli “Statobrado”) e ho conosciuto un personaggio unico: il tour-manager Diego Spagnoli, che è anche lo stage-director di Vasco Rossi. Diego è oggi una colonna portante di Vasco: durante i concerti, a un certo punto verso la fine del concerto, sale sul palco travestito e presenta la band. È una persona davvero eclettica che ha una visuale completa dello spettacolo, pur non essendo un cantante, né un musicista, né un presentatore. Succede che Vasco era in tour e a Pescara si crea un buco tra i supporter: Diego mi chiama e mi propone all’ultimo minuto uno spazio come supporter di Vasco. Io non me lo faccio ripetere e parto subito alla volta dell’Abruzzo con un gruppo creato per l’occasione: ci siamo preparati in soli tre giorni! Al tempo c’era anche Leandro Misuriello, un grande bassista (883, Carmen Consoli) che purtroppo è venuto a mancare nel 2006, Diego Corradin, un batterista di grido, e il chitarrista Giorgio Secco. “Attack and Party” è stata una creatura di Diego Spagnoli: aveva intenzione di offrire un intrattenimento musicale a tutti quei ragazzi che si accampavano ore e ore in attesa dei concerti di Vasco. Così mi ha a proposto questo esperimento. Avuto il benestare da Guido Elmi, ci siamo attrezzati e abbiamo montato una scaletta: la particolarità era che tutti i brani scelti erano cover femminili. La prima, a Mantova davanti a 7/8.000 ragazzi, è stata un vero successo, tanto che ci hanno subito detto di riproporci a ogni data del tour. E così abbiamo accompagnato Vasco per tutto il tour indoor e abbiamo fatto 41 date. Alla fine è addirittura uscito un EP, “Attack & Party”, e l’unico inedito era il mio singolo Un secondo.
E non è finita qui. Dal 2012 inizi a collaborare come tastierista con un altro talentuoso cantautore, Folco Orselli.
Con Folco ho iniziato a collaborare grazie a Enzo Messina, un fratello con cui suono da quasi diciotto anni. Erano i tempi dell’uscita del penultimo disco di Folco, “Generi di conforto” (2011, n.d.r.), un disco per lo più orchestrale. Oggi è molto difficile esibirsi dal vivo con continuità insieme a una band con all’interno un quartetto di archi, così si è trovato un compromesso e io mi sono occupato delle tastiere per la parte relativa agli archi. Con Folco c’è anche stata una bella affinità, elemento fondamentale per collaborare con lui, tanto è vero che la collaborazione perdura anche oggi, in occasione dell’uscita del suo nuovo album “Outside is my side”.
E finalmente arriva “Fatto in casa”, del 2013, un tuo disco realizzato in crowdfunding: qui hai collaborato con musicisti rodati con cui lavori da anni. Qual è il messaggio o il concept alla base di questo lavoro?
In realtà non c’è un vero e proprio concept. “Fatto in casa” è un album che propone canzoni scritte nell’arco di dieci anni. Questo disco è espressione di tutti gli anni in cui mi sono arrovellato nel tentativo di lavorare come cantautore: anche oggi, nonostante io lavori come session-man e autore per altri artisti, fatico a digerire la scelta di mettere da parte le mie velleità cantautorali. Una volta messi insieme i pezzi, ho trovato un filo conduttore: la volontà di archiviare il passato per poter liberamente dedicarmi ad altro.
Tra l’altro si intitola “Fatto in casa” proprio perché tu l’hai fatto in casa davvero.
Sì, oggi la tecnologia ti permette di produrre ottimi lavori in casa. Il disco è stato interamente registrato a casa mia, a parte un paio di batterie aggiunte in studio, così come anche i missaggi e la masterizzazione.
Ti chiedo di descrivermi alcun brani che mi hanno particolarmente colpito. Sarebbe ora propone sonorità quasi dal gusto british: a tratti mi ha ricordato qualcosa di David Bowie. Qual è il messaggio del brano?
Questo è il brano più recente. È il pezzo della disillusione e traccia un’analisi della mia età di cinquantenne. Oggi, seppure felice con la mia famiglia, mi guardo parecchi anni indietro con una punta di nostalgia, perché sento la mancanza di certi sussulti. La frase emblematica è: “L’odore di certe stagioni e il futuro davanti in orizzontale”. È tutta la vita che corro dietro a qualcosa e ora è arrivato il momento di “quagliare”. Oltre alla nostalgia, convive anche un messaggio di sprone: “è ora di darsi una prospettiva!”.
Il colore è quasi un pezzo a tratti gaberiano, soprattutto nel primo minuto. A cosa ti sei ispirato?
Il Signor G l’ho preso un po’ di sponda: Gaber l’ho assimilato grazie a mia madre, ma in quegli anni ero più influenzato da altre correnti, più esterofile. Tuttavia in questo pezzo io sento molto Guccini, e c’è anche una citazione gucciniana, laddove parlo di “tiramento”. Attraversavo un periodo difficile e ho voluto scrivere un pezzo che mi aiutasse e mi risollevasse il morale.
Sottofondo è un brano un po’ prog, un po’ rock, un po’ onirico. Chi è che “sopporta tutto tranne le carezze”?
Chi vede morire la relazione di coppia. Alcune persone trascinano avanti per varie ragioni un rapporto che è già defunto: si accettano compromessi, ma ci sono dei momenti in cui le carezze è meglio non farle, per via della crisi profonda che sta dietro. Se le tenerezze diventano un proforma, non hanno senso di esistere, anzi, danno addirittura fastidio. Sebbene sia un pezzo molto recente, ci tengo a dire che non è autobiografico!
“L’inquietudine mi serve a non restare indifferente”. Lo canti in Vergine.
Questa è per me valida da sempre e lo è ancora adesso. L’inquietudine esistenziale rivela un essere umano sensibile, che assorbe tutto ciò che gli scorre accanto e lo fa suo. È il contrario dell’essere amorfo, cosa che per alcuni è una forma di autodifesa.
Raccontaci del tuo “essere contro” che troviamo in Viaggio trasversale.
Questo pezzo è di un’ingenuità disarmante, ma è nel contempo un brano riuscito proprio per questo motivo. Al tempo mi piaceva l’idea del “sono contro”, tanto che la ripresi paro-paro dagli Skiantos, quando Freak Antoni cantava proprio “Sono contro” in quel suo pezzo pazzesco. Non cerco assolutamente confronti con Antoni: Viaggio trasversale è un brano scherzoso, ironico, ma anche uno strumento per esprimere il mio stato d’animo di quell’epoca. Vivevo in una sorta di terra di mezzo, in cui non ero evidentemente abbastanza contro per suonare nei centri sociali (visto che non mi facevano andare), ma neppure così poco contro da suonare nei locali convenzionali. Quindi questo brano era un modo per comunicare la mia appartenenza musicale: io sono un artista pop di estrazione, dove con “pop” non intendo un genere di etichetta. Prima abbiamo parlato di Bowie: bene, lui è stato un grandissimo artista pop, ed ecco che allora il genere pop non è sempre scontato o poco profondo, ma può anche rappresentare qualcosa di elevatissimo.
Tempi migliori comunica più un auspicio o una critica?
Comunica una speranza da trasmettere a una mia amica. È un brano dedicato alla mia migliore amica, Irina, che all’epoca stava attraversando un periodo difficile della sua vita. Così ho scritto questo pezzo leggero che incoraggia a non perdere mai la speranza.
La tematica del viaggio (e del cambiamento) ritorna spesso nei tuoi testi. Bruce Chatwin ha scritto: “Diversivo, distrazione, fantasia, cambiamenti di moda, di cibo, amore e paesaggio. Ne abbiamo bisogno come dell’aria che respiriamo”. Sei d’accordo?
Di fondo, sono d’accordo. La prima cosa che mi viene in mente è che per me cambiare non rappresenta una scelta: cambiare è inevitabile, quindi tanto vale farlo portandosi dietro tutto ciò che c’è stato di buono nella propria vita. Per me è molto importante il viaggio, che inevitabilmente porta a un cambiamento: non si può tornare allo stato primordiale, perché l’evoluzione implica cambiamento.
E ora stai lavorando a un nuovo disco. Qualche anticipazione?
In questo caso il nuovo disco avrà un concept di fondo. C’è un progetto che prevede che tutti i pezzi alla fine saranno stati scritti e prodotti nell’arco di un anno. Sono già a buon punto con i lavori, anche se non ho ancora ben capito come riuscirò a finanziarlo! Negli ultimi anni ho molto sofferto il condizionamento del lavoro e della sussistenza e di ciò ne ha molto risentito la mia parte creativa. Avere come tutti necessità quotidiane impellenti, può stemperare la parte più creativa di un autore e per essere un autore per terzi si deve per forza essere molto prolifici e scrivere tantissimo. Questo nuovo disco segna una presa di coscienza, l’accettazione di ciò che è stato: il che non significa che ho rinunciato a fare il cantautore, ma significa che oggi io scrivo un pezzo senza prima pensare come e dove dovrò collocarlo, cosa che condiziona fin dapprincipio lo spunto creativo. Mi sono lasciato andare e il risultato è che sta venendo fuori un disco rock: “Fatto in casa” è un disco abbastanza insuonabile dal vivo, perché molto arrangiato, questo nuovo disco, invece, nasce con l’intento di essere suonato dal vivo, quindi mi sono imposto dei limiti. In sostanza, quello che sta spuntando fuori mi piace molto!
Hai preventivato una ipotetica data di uscita?
Un periodo ancora nebuloso che dovrebbe porsi tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate. Tutto dipende da come riuscirò a finanziarlo: sono attualmente alla ricerca di un’etichetta che sia interessata a produrmi.
LINK UTILI
GALLERY FULVIO ARNOLDI, UNA STORIA MUSICALE
Tutte le fotografie presenti in questo articolo sono state fornite dall’intervistato e pubblicate con il suo consenso.
VIDEO FULVIO ARNOLDI, UNA STORIA MUSICALE
- FULVIO ARNOLDI – Audizioni live Musicultura 2014
- Un secondo
- Domani ( F.Arnoldi )
https://www.youtube.com/watch?v=bU0J99383UY