STORIA

FIDIA E LO ZEUS DI OLIMPIA

FIDIA E LO ZEUS DI OLIMPIA

MilanoPlatinum Voci antiche

In collaborazione con la pagina Voci Antiche: pagine dal mondo classico.


FIDIA E LO ZEUS DI OLIMPIA

Temple of Zeus - Olympia - Di Mauro Cateb (Opera propria) [CC BY-SA 3.0], attraverso Wikimedia Commons
Temple of Zeus – Olympia – Di Mauro Cateb (Opera propria) [CC BY-SA 3.0], attraverso Wikimedia Commons
Quando, nel 436 a.C., Fidia giunse ad Olimpia per realizzare la statua di Zeus, aveva già acquistato grande fama ad Atene, dove solo due anni prima era stata inaugurata la sua Atena Parthenos, statua di culto della divinità che fu collocata nel Partenone. Il nuovo impegno richiedeva spazio e così, a disposizione dell’artista, fu messo un edificio a ovest del tempio di Zeus, che divenne per i quattro anni successivi la sua bottega. Lì bisogna pensarlo impegnato a lavorare lui stesso, ma anche a dirigere gli uomini che ebbe come aiutanti. La statua al padre degli dei fu conclusa in tre anni e destò fin da subito grande ammirazione sia per la sua bellezza sia per le sue dimensioni. Non poteva che essere così, del resto: vista l’importanze che Olimpia rivestiva come centro panellenico, dove ogni quattro anni avevano luogo le olimpiadi, doveva essere messa in risalto da opere grandiose.

Plan Olympia Sanctuary - by Bibi Saint-Pol [Public domain], attraverso Wikimedia Commons
Plan Olympia Sanctuary – by Bibi Saint-Pol [Public domain], attraverso Wikimedia Commons
Secoli dopo, l’ammirazione per il lavoro dell’artista ateniese non era affatto diminuita, se, in visita al tempio di Zeus, sia Pausania sia Strabone lasciarono traccia della loro esperienza di fronte all’opera d’arte. Il primo, che vide la statua nel II d.C., ne esaltò i particolari (Periegesi V, 11, 1-10) sia relativamente ai materiali di pregio utilizzati (oro, argento, avorio, pietre preziose) sia per quanto riguarda i dettagli compositivi del manufatto, quali la corona simile a rami intrecciati d’ulivo, la vittoria sorretta dalla mano destra e lo scettro con aquila appoggiata nella sinistra. Lo scrittore non mancò di descrivere minuziosamente anche le gambe del trono, abbellite, insieme alle sbarre che le uniscono sia nella parte anteriore sia in quella posteriore, da varie figure mitologiche, quali Sfingi, Amazzoni e divinità come Eracle, Artemide ed Apollo. Riferì inoltre di un danno alla statua: una di queste figure di ornamento al trono era andata perduta “non sanno come”.

Forngrekiska - [Public domain or Public domain], via Wikimedia Commons
Forngrekiska – [Public domain or Public domain], via Wikimedia Commons
Quanto al geografo Strabone, vissuto nel I d.C., egli ne esaltò la grandezza (Geografia VIII, 3.30), sostenendo che la statua era così alta “che quasi tocca il soffitto con la testa al punto che sembra che, se si alza in piedi, scoperchia il tempio”.

Ma come realizzò Fidia questa impresa? Sappiamo che aveva a disposizione uno spazio nel quale lavorare, la sua bottega, come emerse dagli scavi compiuti già a metà del Novecento dall’Istituto Archeologico Germanico, grazie ai quali vennero alla luce vari attrezzi adatti per scolpire e pezzi di materiale scartato, come frammenti d’avorio, di vetro, di metalli, ma anche calchi di terracotta che erano serviti per elaborare i drappeggi della veste. Era però impossibile realizzare completamente la statua in quel luogo, viste soprattutto le dimensioni e il conseguente peso. Non solo il pavimento dell’edificio sarebbe ceduto, ma il trasporto avrebbe richiesto forze sovrumane. È più ovvio pensare che la statua sia stata lavorata a pezzi nella bottega dagli uomini di Fidia e che poi questi siano stati messi insieme all’interno del tempio. Qui era stata fatta costruire una struttura in legno in grado di occupare in larghezza ed altezza tutto lo spazio della scultura finita. Ogni pezzo montato doveva combaciare con quello vicino in modo perfetto, senza che fossero evidenti le giunture: tutto doveva comunicare senso di compattezza e austerità. Una volta montata, poi, la statua poteva essere abbellita anche dal colore, l’ultimo tocco artistico all’opera.

Di questa statua non esiste più nulla oggi, se non qualche rappresentazione su antiche monete greche. Nonostante le sue dimensioni, infatti, anch’essa è andata incontro al destino che attende ogni civiltà al tramonto: quando l’imperatore Teodosio ordinò la chiusura dei templi pagani e i giochi panellenici furono sospesi, l’intera Olimpia cadde in abbandono.

Olympia ruins near the Temple of Zeus - Di Wknight94 talk (Opera propria) [GFDL o CC BY-SA 3.0], attraverso Wikimedia Commons
Olympia ruins near the Temple of Zeus – Di Wknight94 talk (Opera propria) [GFDL o CC BY-SA 3.0], attraverso Wikimedia Commons
La statua di Zeus, che a quel tempo aveva circa ottocento anni, fu trasportata a Costantinopoli per abbellire un palazzo, ma nel 426 un incendio la distrusse. L’anno prima anche il tempio era stato seriemente danneggiato dalle fiamme. Vennero poi frane, terremoti e inondazioni, che finirono per ridurre il macerie ciò che restava del più importante centro religioso, sociale e culturale panellenico.

Ruins of Olympia - Di wiredtourist.com (Ruins of Olympia Greece #2) [CC BY 2.0], attraverso Wikimedia Commons
Ruins of Olympia – Di wiredtourist.com (Ruins of Olympia Greece #2) [CC BY 2.0], attraverso Wikimedia Commons

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