Faro: un rosso siciliano

Faro: un rosso siciliano
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In collaborazione con AIS Milano.
Sicilia, territorio del comune di Messina, estremo lembo a nord, rivolto verso lo stretto e la Calabria. È qui che si estende la Denominazione di Origine Controllata Faro.
Il nome Faro riconduce ad una antica popolazione greca, i Pharii, che si stanziò nelle colline del messinese dedicandosi all’agricoltura e alla viticoltura.
Già nel 14° secolo a.C. in questa regione della Sicilia veniva prodotto del vino; altre testimonianze riportano di un’importante attività vinicola anche in epoca greca. In tempi recenti, alla fine dell’Ottocento, la produzione di questa regione veniva esportata in Francia, a Bordeaux e in Borgogna, come vino da taglio anche per compensare la mancanza di prodotto locale causata dal distruttivo attacco della fillossera.
Verso la metà del 1800, gli ettari vitati erano circa 18.000; una cinquantina di anni più tardi raggiunsero i 40.000 per una produzione di circa mezzo milione di ettolitri. Oggi gli ettari coltivati nella provincia sono decisamente meno ma questa drastica riduzione ha dato una significativa spinta nell’incremento della qualità delle produzioni.
La DOC Faro ha visto la luce nel 1976 ma solo negli anni ’90, anche grazie agli sforzi di qualche produttore, si cominciano a vedere le prime bottiglie dopo un periodo di oblio. Si tratta comunque di una delle più piccole DOC della Sicilia e oggi sono una ventina i produttori che rivendicano la Denominazione che può contare da una decina d’anni anche di un Consorzio di Tutela.
Il disciplinare prevede un’unica tipologia di vino rosso con l’utilizzo di diversi vitigni in una composizione piuttosto articolata: Nerello Mascalese dal 45 al 60%, Nocera dal 5 al 10%, Nerello cappuccio dal 15 al 30%; possono inoltre concorrere, sole o congiuntamente, fino ad un massimo del 15%, le uve proveniente dai vitigni Nero d’Avola, Gaglioppo e Sangiovese.
Il vino Faro, che deve essere sottoposto ad un periodo di invecchiamento minimo di un anno; all’atto dell’immissione al consumo deve avere un titolo alcolometrico volumico minimo del 12,00 %.
Alla vista presenta un colore rubino che in fase di maturazione tende ad assumere note tendenti al mattone; ha un profumo delicato e un ampio bouquet con riconoscimenti di frutta matura, di macchia mediterranea e di fiori. In bocca è secco con un buon corpo e tannini in evidenza. Piacevole la corrispondenza gusto olfattiva che con una buona propensione ad un lungo affinamento ne completa le caratteristiche. La temperatura di servizio si colloca intorno ai 18 °C.
Si abbina felicemente a primi piatti di pasta al ragù o a formaggi stagionati ma anche a secondi di carne di capretto o di montone.
di Paolo Valente
In collaborazione con AIS Milano.
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