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Facile dire barbera

Facile dire barbera

Milano Platinum AIS Milano

In collaborazione con AIS Milano.


Normalmente i nomi dei vini sono utilizzati al maschile ma se la lettera finale è la “a” sorgono, a volte, delle incertezze. È corretto dire la barbera o il barbera? Il dizionario ci dice che possono essere utilizzate indifferentemente le due opzioni. Nella parlata comune, il femminile forse è più utilizzato in caso di vino e quindi “la barbera” mentre il maschile è generalmente usato per definire l’omonimo vitigno, “il vitigno barbera”. Ma il tutto è estremamente variabile.

La barbera è una delle uve più coltivate in Italia con circa 50.000 ettari vitati che si estendono, in buona parte, nel basso Piemonte, nelle provincie di Alessandria, Cuneo e Asti, dove ha trovato il suo habitat di elezione rappresentando circa la metà delle uve prodotte nella regione. È altrettanto diffuso in Oltrepò Pavese e si rilevano significative presenze anche in Emilia-Romagna, nei colli piacentini, nel bolognese e nel parmense e in Sardegna.

Seppure la sua origine sia antichissima, i primi riferimenti precisi risalgono al XVII secolo; in un documento conservato nel comune di Nizza Monferrato si fa cenno ad un’uva definita “grisa” (o “grisola”) e accumunata all’uva spina per la sua rilevante acidità. Nel 1798 compare ufficialmente, per la prima volta, nell’elenco delle varietà coltivate in Piemonte. Un centinaio di anni più tardi, nel 1873 nel testo di “Ampelografia della Provincia di Alessandria” si riporta che la barbera “è vitigno conosciutissimo ed una delle basi principali dei vini dell’Astigiano e del basso Monferrato, dove è indigeno e da lunghissimo tempo coltivato”.

Il vitigno barbera predilige i terreni profondi con buone dosi di argilla; si adatta bene a climi siccitosi e teme le gelate invernali. Anche grazie alle sue caratteristiche, è un’uva che consente la produzione di vini molto differenti tra loro: con la barbera si può produrre dal novello alle grandi riserve da lungo invecchiamento.

Ed è proprio l’acidità la caratteristica principale di questo vitigno che lo rende così riconoscibile e apprezzato anche in assemblaggio ad altri vitigni a cui riesce a conferire quella spinta fresca che rende piacevole la degustazione.

Vinificato in purezza si presenta con una smagliante veste color rubino profondo tanto da potersi definire impenetrabile. Con l’invecchiamento i suoi riflessi, inizialmente porpora, si ammantano di granato. Esuberante al naso, colpisce immediatamente con le sue note di frutta rossa, di sottobosco e di spezie. Al palato è un vino robusto, di piacevole beva grazie appunto alla sua spiccata freschezza.

Da sempre considerato il vino da tavola piemontese per antonomasia, grazie alle attente vinificazioni introdotte da bravi viticoltori, riesce ad esprimere versioni eccellenti dotate di grande finezza ed estrema pulizia aromatica.

È un vino che si abbina perfettamente a secondi piatti di carne, sia essa bianca o rossa, ad arrosti o stufati; se vinificato nella versione leggermente frizzante e servito ad una temperatura intorno ai 14 °C si abbina tradizionalmente ad affettati e salumi.

di Paolo Valente


In collaborazione con AIS Milano.

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