EXPOEXPO STORIA

EXPO 2000 HANNOVER

EXPO 2000 HANNOVER – Il 14 giugno del 1994 avviene la designazione, da parte del BIE, della città organizzatrice dell’esposizione universale che si svolgerà nel 2000. Le candidate sono Toronto e Hannover, ed è proprio la città tedesca ad aggiudicarsi l’Expo 2000 anche se per un solo voto (21 contro i 20 voti di Toronto). Fino a pochi giorni prima della votazione, in realtà, in lizza vi era anche Venezia, che però decise di rinunciare.
L’esposizione universale di Hannover (The 2000 Hanover’s World Exposition) si svolge dal 1° giugno al 31 ottobre 2000.
Il tema scelto dagli organizzatori fu “Humankind, Nature, Technology” (“Umanità, Natura, Tecnologia”), e come sottotitolo “Energetic and space economy” (“Economia dell’energia e dello spazio”). L’attenzione maggiore fu rivolta allo sviluppo e alla presentazione di soluzioni per il futuro, piuttosto che ai progressi tecnologici e scientifici del momento.
Per l’occasione, inoltre, la band tedesca dei Kraftwerk aveva ricevuto l’incarico di realizzare la colonna sonora dell’evento.
Per la prima volta il BIE concesse di utilizzare anche strutture preesistenti, per cui il sito dell’Expo 2000 coincise, in gran parte, con il complesso fieristico della città, il Messegelände Hannover, tra i maggiori complessi fieristici al mondo. In aggiunta furono resi disponibili per l’esposizione anche 600.000 metri quadrati, per ospitare le varie strutture.
Le nazioni partecipanti furono, nel complesso, 155, con alcune grandi assenti, come Cile, Perù ed Egitto, ma soprattutto Stati Uniti, che per la prima volta non parteciparono all’Expo con un proprio padiglione.
Le nazioni dell’Africa si presentarono unite sotto un unico padiglione, identificato come “Il dono dell’Africa”. Furono presentati due progetti comuni, facenti capo a due organizzazioni internazionali: la SADC (Southern African Development Community, la Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale) presentarono un progetto legato allo sfruttamento dell’acqua, mentre il CILSS (Permanent Interstate Committee for Drought Control in the Sahel, il Comitato interstatale permanente per il controllo della siccità nel Sahel) si concentrò sullo sfruttamento del deserto. Il Kenya, invece, optò per una “fattoria di farfalle”, progetto che univa conservazione e sviluppo attraverso l’allevamento di farfalle da esportare nelle “butterfly house” di Europa e resto del mondo.
Il padiglione della Germania era il più grande dell’esposizione, con una facciata in vetro concava. Al suo interno erano esposti alcuni grandi gessi raffiguranti importanti personalità della cultura tedesca del XX secolo, tra i quali vi erano quelli di Bertolt Brecht e di Thomas Mann. Vi erano inoltre spazi dedicati ai Land tedeschi, che erano raccolti intorno a una piazza, dove ciascun Land esponeva ciò che maggiormente lo rappresentava e identificava (la Turingia aveva portato uno spartito di Bach, mentre la Bassa Sassonia esponeva un esemplare del “mitico” Maggiolino della Volkswagen).
Tra i padiglioni più interessanti vi fu quello del Buthan, un tempio buddhista prefabbricato e composto da 16.000 elementi, riassemblati poi in Germania.
Il padiglione giapponese, progettato da Shigeru Ban, era una innovativa struttura realizzata senza l’utilizzo di chiodi, cemento o mattoni: l’architetto giapponese, infatti, per l’occasione realizzò un padiglione biodegradabile, utilizzando carta e lacci di stoffa, anche se per ottemperare alle regole edilizie vigenti in Germania dovette tuttavia utilizzare anche tiranti in ferro e coperture composte da teli in plastica.
Il padiglione della Svizzera era concepito come una sorta di labirinto, realizzato con travi in legno a incastro, anche qui senza l’utilizzo di chiodi.
Anche altre nazioni scelsero di realizzare i loro padiglioni in legno, come il Portogallo (che optò per il legno di sughero) e quello della Finlandia (che utilizzò la betulla e il bambù).
Tra le nazioni partecipanti vi fu anche la Mongolia, che realizzò una città nomade del XIII secolo (con le yurte, le tipiche tende mongole), chiamata “Chingis’s Town”, per illustrare lo stile di vita all’epoca dell’Impero mongolo dei Gran Khan.
Al termine dell’evento, tuttavia, si dovette registrarne l’insuccesso: invece degli attesi 40 milioni di visitatori, infatti, l’Expo di Hannover ne aveva fatti registrare circa 18 milioni.
Una delle cause del fallimento dell’evento sarebbe da ricercare, secondo alcuni esperti, in una campagna pubblicitaria inefficace, poiché non fu in grado di comunicare in modo chiaro e diretto in cosa effettivamente consistesse l’evento. Secondo esperti di marketing, infatti, gli organizzatori non erano riusciti a dare una chiara e nitida immagine pubblica dell’Expo 2000, per cui le nazioni e le compagnie partecipanti non avevano chiaro se si trattava di un evento a carattere ecologico oppure se servisse per mostrare le ultime innovazioni tecnologiche.

 


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