EXPO STORIA

EXPO 1970 OSAKA

EXPO 1970 OSAKA – Dopo il baratro e la situazione disastrosa in cui si trovava il Giappone dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il Paese asiatico seppe risollevarsi grazie a una impetuosa crescita economica che raggiunse i picchi più alti nel corso degli anni ’50 e ’60. Agli inizi degli anni ’70 (prima della crisi energetica del 1973) il Giappone si era affermato come superpotenza mondiale, facendone un modello economico per tutte le nazioni mondiali.
È questo lo scenario che ha visto nascere la prima esposizione universale tenutasi in Asia, quella di Osaka del 1970.
Dal 15 marzo al 13 settembre si svolse quindi la Japanese World and International Exposition di Osaka, alla quale parteciparono 76 Paesi stranieri, oltre a decine di istituzioni internazionali ed enti giapponesi.
Tema prescelto per l’evento fu “Progresso e Armonia per l’Umanità”, che venne poi declinato in quattro sotto-temi, definiti “i quattro pilastri”: “Donare valore alla vita”, “Migliorare l’utilizzo della natura”, “Migliorare l’organizzazione della vita” e “Migliorare la comprensione reciproca”.
Per ospitare il complesso espositivo fu scelto un sito tra le colline di Senri, a Suita (città a circa 15 chilometri da Osaka). Il parco all’interno del quale sorgerà il complesso dell’Expo di Osaka venne progettato dall’architetto e urbanista giapponese Kenzo Tange, coadiuvato da una équipe di architetti giapponesi.
Il progetto si basava principalmente su due concetti. Il primo era che l’evento avrebbe richiamato popoli e nazioni da tutto il mondo, per un reciproco scambio di idee e di stimoli. Il secondo concetto invece che l’evento avrebbe avuto maggiormente la caratteristiche e l’atmosfera di un festival piuttosto che di un’esposizione in senso “tradizionale”.
I progettisti, quindi, a differenza di quanto accaduto in precedenza decisero di realizzare uno spazio centrale, la Festival Plaza, dove i partecipanti all’evento potevano incontrarsi e socializzare. L’intera area, che comprende anche i padiglioni tematici, venne chiamata Symbol Zone e, prendendo spunto dalla Great Exhibition del 1851 di Londra, venne stabilito di coprire l’area. Fu quindi proposta una struttura reticolare in acciaio a maglia quadrata, alta 30 metri. Lo spazio era chiuso da un doppio film pressurizzato e traslucido.
Al centro della Festival Plaza sorgeva il simbolo dell’Expo di Osaka, la Tower of the Sun (Torre del Sole), enorme totem realizzato dall’artista Taro Okamoto. L’eccentrica costruzione, che svettava al di sopra della struttura, riprendeva il tema dell’evento, che comprendeva anche la speranza che l’umanità potesse continuare sulla via del progresso e dello sviluppo mantenendo tuttavia l’armonia con la natura e tra i diversi popoli. La torre, alta 65 metri, dominava la Symbol Zone ed era composta da tre facce: la Black Sun, la Golden Sun e una terza faccia rimasta anonima, che era rivolta verso l’entrata principale.
All’evento parteciparono naturalmente numerosi colossi industriali giapponesi, come la Ricoh, la Mitsubishi, la Fuji, la Mitsui Group, la Toshiba e la Japan Telecommunications. Alcuni mostrarono anche un certo senso dell’umorismo nel declinare il tema del loro padiglione, come per esempio la Suntory, azienda produttrice di birra e whiskey, che scelse come tema del suo padiglione “Water of Life” (“acqua della vita”).
I vari Stati partecipanti fecero sfoggio di grande creatività con i loro padiglioni, seguendo una tendenza ormai in voga da qualche decennio, per cui i vari Paesi, invece di trarre spunto da ciò che li caratterizzava, scelsero in gran parte temi astratti, dando vita a rappresentazioni evocative.
Enorme successo di pubblico ebbe in particolare il padiglione della Germania Ovest, progettato dall’architetto Fritz Bornemann. Tema del padiglione era “Il giardino della musica” e in esso era presente il primo auditorium sferico del mondo, realizzato seguendo le indicazioni e i canoni artistici dettati dal grande compositore tedesco Karlheinz Stockhausen. Ogni giorno al suo interno risuonavano le note dei maggiori musicisti tedeschi, quali Bach, Beethoven e lo stesso Stockhausen.
Le due grandi superpotenze, USA e URSS, scelsero piuttosto di fare mostra del loro potere e del loro stile di vita. Gli Stati Uniti scelsero come tema “Immagini dell’America”, e al suo interno esponeva anche una roccia lunare, riportata sulla Terra dalla missione Apollo 12 nel 1969. L’Unione Sovietica, invece, scelse come tema “L’armonioso sviluppo dell’individuo sotto il Socialismo”; il padiglione, colorato in bianco e rosso, era il più alto del complesso espositivo.
Tra le attrazioni più popolari va citato il primo film IMAX (sistema di proiezione in grado di mostrare immagini e video con una grandezza e risoluzione superiori rispetto ai sistemi convenzionali) mai prodotto, “Tiger Child”. Diretto dal canadese Donald Brittain, il film era proiettato all’interno del padiglione della Fuji Group.
L’Expo di Osaka fu inoltre caratterizzata dalle dimostrazioni dei primi rudimentali cellulari, di Local Area Network (LAN, una rete informatica di collegamento tra più computer) e della tecnologia maglev (i treni a levitazione magnetica).
Al termine dell’Expo, gran parte delle strutture fu smantellata e sull’area sorse l’Expo Commemorative Park. Parte della copertura della Festival Plaza è sopravvissuta, e anche la Torre del Sole è ancora presente.

 


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