Edoardo Sylos Labini, “abbiamo ancora bisogno di cultura”

Il teatro, la televisione, la letteratura, la stampa, l’arte e la ricerca. È una figura poliedrica quella di Edoardo Sylos Labini, un artista di quelli a tuttotondo a cui non interessano le etichette e il mainstream. Uno di quelli che non cerca consensi ma che va alla ricerca di talenti, di progetti che valorizzino l’Italia e il suo patrimonio, di persone e di associazioni che ogni giorno si prendono carico e cura di un pezzo della nostra cultura.
Ed è proprio “cultura” la parola chiave della carriera di Edoardo Sylos Labini.
Partiamo dalla fine. Recentemente ha dato il via al format Mondadori OFF, una sorta di salotto culturale proprio all’interno del Mondadori Store in Duomo. Un salotto culturale nel 2018… è davvero possibile?
Non solo possibile, ma anche necessario. Al di là dei numeri e degli algoritmi, c’è ancora un grande bisogno di contenuti, e il successo di Mondadori OFF ne è la riprova. La formula è vincente perché il pubblico è chiamato a intervenire, siamo ben distanti dall’idea di salotto chiuso e radical chic. L’origine di questo format sono le interviste che ho fatto per quattro anni con Manzoni Cultura, che hanno visto susseguirsi personaggi del calibro di Philippe Daverio e Carla Fracci. Mondadori Store si è innamorata di questo format e mi ha chiesto di proporlo proprio lì, tra le guglie del Duomo. Daniele Stefani accompagna questi incontri con le sue canzoni e l’atmosfera che si crea è molto colloquiale.
Tutti i suoi progetti, tra teatro ed editoria, rivelano una forte volontà divulgativa e partecipativa. Qual è la chiave del successo, quella che le ha permesso di entrare veramente in contato con il pubblico?
In teatro ho sempre portato personaggi discussi, mi piace andare oltre, superare il luogo comune e scoprire il mondo sommerso. Mi piace raccontare tutto da angolature diverse, rifuggo il mainstream in favore di persone e situazioni di valore.
Lo spazio e la richiesta per fare cultura esistono, e in questo senso la TV pubblica dovrebbe tornare al suo ruolo originario, ovvero quello di fare anche cultura. I giovani di oggi che vogliono fare gli attori fanno i provini per i reality, io ho studiato recitazione. Ci muoviamo verso una desertificazione culturale che si combatte solo facendo cultura.
Quindi la nascita di Culturaidentità, il movimento che ha fondato lo scorso febbraio, ha proprio questo obiettivo?
Proprio così, quello che vogliamo è valorizzare l’identità culturale del nostro Paese dando voce e spazio ad associazioni, fondazioni, onlus, artisti, intellettuali, imprenditori. Parliamo di cose concrete, di networking e di battaglia politica. Il nostro Paese possiede il 70% dei siti UNESCO di tutto il mondo, non siamo un Paese come gli altri, ma mentre altri Paesi hanno la capacità di valorizzare anche piccoli tesori, noi ignoriamo persone e associazioni che custodiscono storie e saperi preziosissimi che rischiano di rimanere inespressi o sconosciuti.
Artisti come Filippo Tommaso Marinetti e Gabriele D’Annunzio hanno reso internazionale l’italianità. Il Futurismo è l’unico movimento italiano noto nel mondo. D’Annunzio è l’autore più cercato su Google. Entrambi hanno fatto dell’italianità un marchio, entrambi sapevano coinvolgere il pubblico.
I riferimenti al passato non mancano, ma come si può pensare a un modello culturale che si rapporti con il mondo digitale e con gli algoritmi di cui parlavamo?
Si tratta solo di adattare i linguaggi. Cinque anni fa ho fondato il web magazine IlGiornaleOff.it, approfondimento dell’inserto OFF cartaceo del sabato del quotidiano Il Giornale. È uno spazio dedicato agli artisti emergenti che si raccontano attraverso le più importanti firme del giornalismo italiano, è un aggregatore di idee e progetti per la valorizzazione dei talenti italiani. È un piccolo progetto che però prende le distanze dal mainstream, che va a caccia di cultura e che propone contenuti di valore. Qui riesco a lavorare con imprenditori che colgono il valore di un piccolo progetto su cui vale la pena di investire. E proprio con IlGiornaleOFF.it ho vinto il Premio Margutta per l’Editoria 2017.
Milano è ormai la sua città di adozione. Qual è il suo rapporto con la città? Crede che il capoluogo meneghino abbia una sua chiave culturale?
Mi sono trovato sempre molto bene a Milano. Milano è la città italiana dell’efficienza, mentre a Roma stiamo assistendo a un crollo che non ha eguali da secoli. Milano è senza dubbio la capitale della cultura in Italia, non solo dell’economia, ed è l’unica ad avere un vero respiro europeo. A questa stregua Roma dovrebbe avere un respiro mondiale, ma tutti sappiamo quello che sta accadendo nella capitale.