STORIA

Delfi, l’ombelico del mondo

DELFI, L’OMBELICO DEL MONDO


Delphi, acquerello di Albert Tournaire (1862-1958) – [Public-domain]-via-Wikimedia-Commons

Secondo il mito, Zeus avrebbe liberato due aquile dagli opposti limiti della Terra e i due uccelli si sarebbero riunti a Delfi, che divenne quindi, per designazione divina, il centro del mondo, o, come era indicato dai Greci, l’ombelico del mondo (omphalos). Il luogo prescelto, sulle pendici del monte Parnaso, nella Focide, secondo un altro mito era posto in relazione con Gea, la madre terra, che sarebbe stata anche la profetessa di quello che in seguito sarebbe divenuto l’oracolo più influente e importante dell’antica Grecia. L’oracolo era custodito da Pitone, il mostruoso serpente figlio di Gea, che sempre secondo il mito sarebbe stato sconfitto e ucciso da Apollo. Il dio del Sole, impossessatosi dell’oracolo, si guadagnò l’appellativo di “Pizio” o “Pitico”, ovvero “uccisore di Pitone”, e di conseguenza la sacerdotessa del suo oracolo fu designata come Pizia o Pitonessa.

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Al di là del mito, le informazioni storiche ci dicono che già in età micenea (XI-X secolo a.C.) a Delfi era presente un insediamento, anche se le prime testimonianze di un culto, di carattere votivo, risalgono all’VIII secolo a.C. Questo culto era legato a Gea e Pitone, che in epoche successive sarebbe stato invece sostituito da quello di Apollo Pizio. Gli scavi archeologici hanno dimostrato che il nucleo più antico fu realizzato intorno al VII secolo a.C., che tuttavia andò ripetutamente distrutto a causa di incendi e terremoti, frequenti nella zona.
Nel corso del VI secolo a.C. (tra il 591 e il 586) a Delfi iniziarono a svolgersi anche competizioni atletiche, i Giochi Pitici, che avevano luogo ogni quattro anni in onore del dio Apollo. Uno dei quattro Giochi panellenici (insieme ai Giochi Olimpici, ai Giochi Nemei e a quelli Istmici), i Giochi Pitici prevedevano anche competizioni per musicisti e poeti.
L’oracolo di Delfi assunse un ruolo sempre più centrale nella vita sociale e politica della Grecia, come testimoniato in particolare con la cosiddetta Grande Colonizzazione dell’VIII-VI secolo a.C., quando i responsi dell’oracolo fecero da guida per i coloni greci. Tale ruolo è significativo e rivelatore circa l’attività dell’oracolo di Delfi, i cui responsi non intendevano svelare il futuro, quanto piuttosto fare da guida e consigliare. E questo era appunto il ruolo primario dell’oracolo delfico, ovvero fare da consigliere circa decisioni da prendere, soprattutto a livello comunitario. La maggior parte dei “clienti” dell’oracolo, infatti, non erano privati cittadini, quanto piuttosto le poleis e i loro organi di governo, che si rivolgevano alla Pizia per consigli su decisioni quali intraprendere o meno una guerra, per la ratificazione di leggi o, appunto, circa l’attività di colonizzazione.
Secondo quanto tramandato da Plutarco nelle sue “Vite parallele”, basandosi sulla perduta “Costituzione degli Spartani” di Aristotele, la Grande Rhetra di Sparta (ovvero il documento che stabiliva le istituzioni politiche e regolava le decisioni legislative della polis) sarebbe stata suggerita a Licurgo, il principale legislatore di Sparta secondo la tradizione, proprio da un responso dell’oracolo di Delfi.
Non deve quindi meravigliare che le polis e le famiglie aristocratiche dell’antica Grecia cercassero di accaparrarsi i favori della Pizia e dell’oracolo di Apollo, come avvenne con la potente famiglia ateniese degli Alcmeonidi (la famiglia cui appartennero anche Pericle e Alcibiade), che fece ricostruire a sue spese il santuario quando andò distrutto in un incendio nel 548 a.C.
Proprio per salvaguardare la neutralità dell’oracolo fu fondato un ente, l’Anfizionia Delfica, che secondo il mito sarebbe sorta poco dopo la guerra di Troia grazie al suo fondatore eponimo, Anfizione, che secondo il mito era figlio di Deucalione e Pirra nonché fratello di Elleno, l’antenato di tutti gli Elleni. L’Anfizionia Delfica, attraverso il suo consiglio, aveva autorità religiosa e il potere di pronunciare condanne nei confronti dei trasgressori. L’Anfizionia Delfica diverrà inoltre politicamente importante a partire dal VI secolo a.C., quando le polis più importanti iniziarono a usare l’organizzazione per fare pressioni politiche sulle minori.
L’Anfizionia Delfica fu anche al centro di numerosi conflitti bellici, noti come Guerre Sacre, l’ultima delle quali, la quarta, si svolse tra il 340 e il 338 a.C. e avrebbe sancito, con la battaglia di Cheronea, la definitiva egemonia della Macedonia sulle poleis greche.
A partire dal 168 a.C., con la battaglia di Pidna, che vide la sconfitta dell’esercito macedone a opera delle legioni del console Lucio Emilio Paolo, sarà Roma a esercitare la sua influenza su santuario.
Il definitivo declino si avrà in epoca cristiana, e il santuario sarà chiuso definitivamente con l’imperatore Teodosio I, nel 394 (i culti pagani, tuttavia, erano già stati aboliti nel 391).

 

15.Delfi_GR-H07-0007_By-NikosFF-(Own-work)-[CC-BY-SA-4.0],-via-Wikimedia-Commons
Delfi_Tempio-di-Apollo_By-NikosFF-(Own-work)-[CC-BY-SA-4.0],-via-Wikimedia-Commons
Grazie agli scavi effettuati nel sito archeologico di Delfi (Patrimonio Unesco dal 1987) è stato possibile ricostruire la struttura del santuario, che si snoda lungo una via principale lastricata, la Via Sacra. Ai suoi lati sorgevano i cosiddetti Tesori, tempietti votivi fatti costruire dalle polis greche per custodirvi le proprie offerte all’oracolo. Di questi oggi rimangono solo pochi resti, fatta eccezione per il Tesoro degli Ateniesi e per quello di Sifni.
Oltre al teatro e allo stadio che ospitava i Giochi Pitici, il cuore del santuario era il tempio di Apollo. L’architrave del tempio riportava il celebre motto gnothi seauton (“conosci te stesso”), che sarebbe stato ripreso da Socrate. Il tempio periptero, di 58,18 per 21,64 metri, è dotato di 6 colonne in stile dorico sulla facciata e di 15 su ogni lato. Al di sotto del tempio era presente l’adyton, luogo accessibile solo alla Pizia, dove questa pronunciava gli oracoli. All’interno del tempio era inoltre conservato l’omphalos, la pietra che simboleggiava il centro del mondo.

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Egeo, re di Atene, consulta la Pizia, da un kylix (coppa da vino) attica a figure rosse del V secolo a.C. – [Public-domain]-via-Wikimedia-Commons
 Le consultazioni avvenivano solo una volta al mese, probabilmente al settimo giorno, dal momento che il 7 del mese di Bisio (corrispondente a marzo/aprile) secondo il mito era il “compleanno” del dio Apollo. L’iter tramandatoci dalle fonti ci dicono che la Pizia si recava all’alba presso la fonte Castalia per purificarsi alle sue acque. Una volta tornata al santuario, rendeva omaggio ad Apollo bruciando foglie di alloro e farina d’orzo, come offerte votive.
I sacerdoti del tempio verificavano quindi che la giornata fosse propizia per la consultazione, aspergendo d’acqua fredda una capra; se l’animale rabbrividiva, era segno che Apollo era incline a essere consultato. La capra veniva quindi sacrificata e potevano avere inizio le consultazioni.
A questo punto entravano in gioco gli interpellanti, che dopo la necessaria purificazione dovevano organizzarsi seguendo regole molto rigide, in particolare per quanto riguardava l’ordine di consultazione. Il diritto di consultare per primi la Pizia spettava agli abitanti di Delfi. L’ordine di precedenza prevedeva quindi che la priorità fosse data ai Greci la cui città faceva parte dell’Anfizionia Delfica. Toccava quindi agli altri Greci, e infine ai non Greci. Erano comunque previste eccezioni e casi particolari, in base alla cosiddetta promanteia, ovvero il diritto di consultare l’oracolo prima di altri, che veniva concesso a singoli individui o a una polis per esprimere gratitudine oppure sottolineare un legame particolarmente stretto.
Si procedeva quindi al pagamento della consultazione, offrendo il cosiddetto pelanos; si trattava di una piccola focaccia sacrificale da bruciare sull’altare, che veniva acquistata presso le botteghe di Delfi, e rappresentava quindi una importante entrata economica per il santuario e il vicino insediamento urbano. 
La procedura era lunga e richiedeva tempo, per cui i postulanti in genere dovevano preparasi a una lunga attesa. Giunto finalmente il proprio turno, il postulante entrava nel tempio e compiva un nuovo sacrificio. Chi non era di Delfi doveva essere accompagnato da un abitante della città, una sorta di “rappresentante locale” (proxenos). Il postulante, quindi, giungeva di fronte alla Pizia e poteva così avere inizio la consultazione.
Secondo alcune fonti, tra le quali anche raffigurazioni iconografiche presenti su alcuni vasi, la Pizia emetteva i suoi responsi seduta su un tripode e di fronte al postulante. La tradizione tuttavia parla anche della Pizia che pronuncia profezie dall’adyton, che si troverebbe al di sotto della pavimentazione del tempio o secondo altri faceva parte della “cella”. 
Erodoto e Plutarco (che fu anche sacerdote del santuario di Delfi) riportano inoltre che all’interno del tempio era presente un’altra struttura, chiamata megaron da Erodoto e oikos da Plutarco, dove sedevano i postulanti; la struttura, tuttavia, non è stata identificata dagli archeologi.
Oltre alla Pizia e al postulante dovevano essere presenti anche i sacerdoti, ma le fonti nominano anche i cosiddetti prophetes, mentre altre citano alcune figure chiamate hosioi (“pii”). 
Per quanto riguarda il modo in cui la Pizia veniva “ispirata” vi sono varie ipotesi. La maggior parte delle fonti, successive al IV secolo a.C., affermano che la Pizia agitava un ramo d’alloro. Diodoro Siculo (I secolo a.C.) è il primo autore a citare una “voragine” al di sotto della Pizia, come riportato poi anche da autori posteriori. Dalla voragine fuoriusciva un potente vapore, inalando il quale la Pizia veniva invasa dal furore divino. Plutarco (I secolo d.C.) parla dello pneuma e di una deliziosa fragranza che riempiva l’oikos
Attraverso le varie fonti viene ricostruita l’immagine composita di una Pizia ispirata o resa folle e delirante da vapori. Si tratterebbe, tuttavia, di un fraintendimento culturale.
I primi scavi archeologici a Delfi non riportarono alla luce alcuna voragine o fenditura sotto il tempio di Apollo, con grande delusione degli archeologi.
Dopo il susseguirsi di una infinita e variegata serie di ipotesi, in tempi più recenti alcune analisi geologiche hanno fatto avanzare l’ipotesi che il substrato roccioso al di sotto del tempio sia ricco di spaccature che farebbero fuoriuscire piccole quantità di gas, proveniente dal calcare bituminoso (ricco quindi di idrocarburi) che caratterizza la zona.
Tuttavia l’immagine della Pizia delirante e invasata si scontra con il fatto che le risposte date, anche se manipolate e adattate dai sacerdoti del santuario, dovevano comunque risultare utili e coerenti, altrimenti non si spiegherebbe il millenario successo dell’istituzione.
Per comprendere come la Pizia e l’oracolo di Delfi siano stati in grado di mantenere la loro reputazione nel corso dei secoli bisogna considerare anche la tipologia di informazioni che i postulanti cercavano di ottenere. L’esempio più famoso di responso oracolare è quello di Creso, il sovrano di Lidia del VI secolo a.C. che, come riporta Erodoto, chiese alla Pizia che esito avrebbe avuto la sua guerra contro la Persia di Ciro. La risposta della Pizia (“Se Creso attraverserà il fiume Halys cadrà un grande impero”) è ben nota, come anche il fatto che Creso, nello scontro, fece cadere sì un grande impero, ma si trattava del suo regno.
Il quesito di Creso, in realtà, era molto insolito e non rappresentava il “tipico” interrogativo posto a un oracolo. Sembra infatti che la maggior parte delle domande erano relative all’opportunità di fare una determinata azione o un’altra, oppure i postulanti chiedevano a quale divinità era meglio rivolgere le proprie preghiere prima di fare una determinata cosa. I postulanti, insomma, erano alla ricerca di una guida piuttosto che di una rivelazione sul futuro. L’oracolo di Delfi era quindi l’istituzione alla quale un individuo oppure una comunità si rivolgeva per superare momenti di indecisione e trovare un accordo.
Interpellare la Pizia era quindi l’occasione per osservare da una prospettiva diversa una decisione particolarmente complessa e difficile da prendere. 
Questo importante ruolo di mediazione tra la divinità e l’uomo, nonché di potente istituzione il cui autorevole consiglio era cercato e seguito da intere comunità, è alla base del prestigio di Delfi, grazie alla quale assunse una posizione di preminenza che sarebbe durata fino alla fine del IV secolo d.C.

 


LETTURE CONSIGLIATE

  • Michael Scott, “Delfi. Il centro del mondo antico”, Laterza (2015)
  • Simone Beta, “Il labirinto della parola”, Einaudi (2016)
  • Marie Delcourt, “L’oracolo di Delfi”, ECIG (1998)
  • Dino Baldi, Maria Ballo Charmet, “Oracoli, santuari e altri prodigi”, Quodlibet (2013)
  • Plutarco, “Dialoghi delfici”, Adelphi (1983)