ARTE

De Chirico e Savinio: Mito, Bellezza e Visione dei Dioscuri

De Chirico e Savinio: Mito, Bellezza e Visione dei Dioscuri – A poca distanza dal Castello di Torrechiara, maniero quattrocentesco in provincia di Parma splendidamente conservato, sorge la Villa dei Capolavori di Mamiano di Traversetolo, sede della Fondazione Magnani-Rocca.

La Fondazione nasce nel 1977 per volontà di Luigi Magnani, musicologo e critico d’arte, con il sostegno della Cassa di Risparmio di Parma (oggi Credit Agricole) allo scopo di diffondere cultura.

Nel 1990 Magnani destina la Villa di Mamiano a sede della Fondazione  e la arricchisce con la sua collezione d’arte che comprende, tra l’altro, opere di Gentile da Fabriano, Filippo Lippi, Carpaccio, Duerer, Tiziano, Rubens, Van Dyck, Monet, Renoir, Cezanne, De Chirico, De Pisis, un gruppo di cinquanta opere di Morandi, Burri, Canova e Bartolini, e il grande quadro di Goya La famiglia dell’infante.

La collezione permanente già di per se’ varrebbe una visita, anche per la collocazione in una cornice che ci trasporta indietro nel tempo, con gli arredi preziosi e gli oggetti stile Impero, e la suggestione data dal parco circostante, popolato di alberi antichi e sontuosi pavoni.

In questi giorni, e fino al 30 giugno, le sale di Villa Magnani-Rocca sono ulteriormente impreziosite da una mostra, a cura di Alice Ensabella e Stefano Roffi, che ospita le opere di due fratelli, Giorgio De Chirico e Alberto Savinio.

L’allestimento prevede la suddivisione delle opere in sale tematiche, in cui le tele dei due fratelli sono poste l’una di fianco all’altra, a sottolineare gli elementi in comune (l’infanzia in Grecia, gli influssi della mitologia, l’amore per il teatro, tra gli altri).

La prima sala è dedicata alla mitologia, elemento che viene spesso citato nelle opere dei due fratelli e che sottolinea la loro appartenenza al ceto altoborghese, le loro esperienze cosmopolite, gli influssi del romanticismo e del nichilismo tedesco, della cultura classica mediterranea, sia greca che italiana.

Tutti questi elementi si fondono nelle opere dei due fratelli con le suggestioni dell’avanguardia parigina, con la tensione a rispondere ai grandi enigmi dell’uomo ispirata dalla filosofia di Nietzsche, fino alla gestazione di una mitologia moderna , come la definisce Breton.

L’approccio di De Chirico è più freddo e concettuale, quello di Savinio più ironico e fantasioso.

In questo periodo i due fratelli si ispirano al loro modello dichiarato, Arnold Boecklin, esponente del Simbolismo tedesco.

Esempio eclatante è L’astrologo meridiano, opera del 1929, in cui l’astrologo è un gigante bianco dalla testa minuscola (la figura del Titano spesso presente nelle opere di Savinio), presentato in una situazione teatrale, con la finestra sulla destra che si apre su un cielo azzurro popolato di figure geometriche dai colori sgargianti. Questi elementi, di chiaro stampo metafisico, sono riferiti anche a temi futuristi e cubisti e preludono alla pop art.

Nella sala successiva, Gli Abitanti della Città, incontriamo i cosiddetti manichini , personaggi metafisici per eccellenza, “senza voce, senza occhi, e senza volto”, come li descrive Savinio.

All’inizio composti da elementi geometrici, assumono negli anni Venti forme più dolci, indossano toghe che coprono le ginocchia e sembrano trasmettere sentimenti di tristezza e malinconia.

In questo periodo nasce la serie degli archeologi , che culmina nel 1929 con Il Consolatore, opera in cui De Chirico riesce, con la gestualità delle mani, con l’inclinarsi del capo dei due manichini, a rendere palpabile il sentimento di vicinanza che unisce i due soggetti nell’atto consolatorio. Nel loro busto compaiono forme colorate che ricordano le contemporanee opere di Savinio, in cui sono raffigurati giocattoli, simbolo dell’infanzia perduta.

Savinio, nel 1930, inizia a popolare i suoi quadri con figure altrettanto enigmatiche, corpi umani con teste zoomorfe.

In particolare, sono le donne a comparire in queste sembianze, più di tutte la madre, Gemma Cervetto, che ne La vedova, seduta su una poltrona, con sontuosi abiti ottocenteschi, ha la testa di un pellicano, a simboleggiare l’animale che più di tutti si dedica ai propri figli, nutrendoli anche della propria carne.

Lo stesso tema è sviluppato in L’annunciazione e in Niobe. Nel mito, Niobe è madre di sette maschi e sette femmine, e se ne vanta con superbia. Gli dei decidono di punirla uccidendo tutti i suoi figli.

Allora Niobe prega Zeus di tramutarla in pietra e di lasciarla piangere in eterno.

In queste opere, Savinio esprime tutto il suo sdegno per la visione borghese della donna, pur permeando anche questo messaggio con lo stravolgimento della logica e l’atmosfera di fiaba tipici delle sue tele.

Nella sala seguente, Città, luogo della mitologia moderna , troviamo alcune opere tra le più rappresentative di De Chirico.

D’altronde, De Chirico fa risalire la sua “epifania “ al 1909, quando l’artista, passando per Piazza Santa Croce a Firenze, concepisce il suo primo capolavoro metafisico, Enigma di un pomeriggio d’autunno.

E’ nelle piazze d’Italia che De Chirico trova gli elementi che gli occorrono per trasporre su tela il pensiero di Nietzsche, quell’enigma inesplicabile che si traduce in porticati che sembrano infiniti, in ombre umane che non hanno padrone, in un senso di sospensione spazio-temporale, in un non-susseguirsi di scene, nonostante il fatto che le architetture siano inserite in uno spazio teatrale, che lascia lo spettatore in attesa di un “dopo” che non arriva mai. E così, nell’Enigma della partenza, l’immobilita’ della scena è spezzata solo da una minuscola vela che si intravede nello sfondo.

L’atmosfera è onirica, la rappresentazione della vita come regno dell’assurdo è al massimo livello, con la raffigurazione nella piazza di oggetti di solito confinati in spazi chiusi o, al contrario, di elementi architettonici racchiusi in una camera.

Anche Savinio si affida alla città per creare contesti teatrali e metafisici che spesso (come in Gomorrhe) affrontano il tema dell’instabilita’ della società moderna, del suo crollo inevitabile, oppure esaltano l’atmo sfera di incantesimo delle sue città “d’aria”, che sembrano fatte di zucchero.

Segue la sala Cavalli, centauri, gladiatori.

De Chirico definisce questo periodo “barocco “: i suoi cavalli sono vibranti, animati da una vita inesauribile, sono agili e potenti, ma hanno un’espressione mite perché, come lo stesso De Chirico afferma, gli animali sono per lui esseri indifesi, ed è per questo che li ama.

In alcune opere c’ è anche qualche citazione di eventi contemporanei, come la pubblicità di Coppiello per Cinzano in Cavallo e zebra, e il cavallo rosso in Chevaux sauvages che si rifà al cavallino della pubblicità di Chocolat Poulain; o, per le tele raffiguranti gladiatori, gli spettacoli che venivano allestiti all’epoca in Bois de Boulogne a Parigi.

La sala seguente, dedicata alle Nature morte, mostra di nuovo la capacità di De Chirico di infondere un senso nuovo alle cose, come in Natura morta con pesci, in cui si fondono elementi di solito situati o in spazi interni o all’aperto, sempre con l’escamotage della finestra a “inventare” uno spazio teatrale, metafisico.

La sala della Ritrattistica mette in luce le caratteristiche dell’estetica saviniana, che fonde romanticismo, classicismo e avanguardia, ed esalta le doti avanguardistiche di De Chirico che, anticipando Andy Warhol, si ritrae in un momento di banalità quotidiana, con le pantofole ai piedi e i vestiti dimessi, mentre dipinge un nudo di donna (Autoritratto del 1934).

L’ultima sala, quella del Teatro, vede i due fratelli accomunati dalla loro grande passione, illustrando le rispettive collaborazioni con bozzetti e costumi di scena.

Il viaggio nel mondo dei Dioscuri termina qui, lasciandoci convinti che, seppure i due fratelli abbiano affrontato tematiche simili in modi diversi, che hanno reso più noto De Chirico per la sua indubbia genialità, sia come padre della pittura metafisica che come mentore del Surrealismo,  il loro lavoro resta, come dice Breton, indissociabile nello spirito.

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Info

DE CHIRICO E SAVINIO: UNA MITOLOGIA MODERNA 

Fondazione Magnani-Rocca
Mamiano di Traversetolo, Parma

Dal 16 marzo al 30 giugno
Dal martedì al venerdì dalle 10 alle 18
Sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 19