Carricante, il volto bianco dell’Etna

Carricante, il volto bianco dell’Etna
![]() |
![]() |
In collaborazione con AIS Milano.
La DOC Etna prevede le tipologie Rosso, Rosato, Bianco e Spumante; oggi conta tre milioni di bottiglie complessive, meno di diecimila i bianchi. La riscoperta dello spirito bianchista del vulcano è infatti storia molto recente.
Quando negli anni Novanta alcune grandi aziende vinicole iniziarono a investire sull’Etna, portando linfa e quella visibilità che ha incoraggiato anche il lavoro dei viticoltori locali, l’attenzione si concentrò sul nerello mascalese, per l’innegabile qualità del binomio vitigno-territorio ma anche per la vocazione rossista degli imprenditori, che provenivano soprattutto dal Piemonte.
Il successo iniziale e tuttora perdurante del nerello mascalese ne fece il vitigno simbolo della viticoltura etnea, relegando in un cono d’ombra il vero autoctono dell’Etna: il carricante. Se, infatti, il primo è diffuso in tutta la Sicilia portato dai greci attraverso la Calabria, il carricante fu selezionato dai viticoltori di Viagrande, un comune etneo, e si trova esclusivamente sulle pendici del vulcano. Fino agli anni Cinquanta era il vitigno a bacca bianca più diffuso della provincia di Catania; i tentativi di introdurlo altrove rimasero senza successo. È presente soprattutto sul versante est dell’Etna, nelle contrade più elevate, troppo fredde per la maturazione del nerello, per quanto nei vigneti più vecchi spesso convivano entrambi. È un vitigno neutro dal punto di vista aromatico, con ph basso ed elevata acidità fissa, in particolare acido malico, scarsi terpeni e caratterizzato nel tempo dallo sviluppo di molecole di TDN, che rivelano note di idrocarburi.
È vinificato spesso in purezza, benché la DOC ne preveda minimo il 60%, 80% nella tipologia Superiore, che ha l’ulteriore vincolo di provenienza delle uve, ristretto al solo comune di Milo. I vitigni concorrenti sono soprattutto il cataratto e la minnella bianca, altro vitigno autoctono ed esclusivo del vulcano. L’uno apporta struttura, alcol e morbidezza; l’altra, neutra come il carricante, ha il vantaggio di garantire la vendemmia grazie alla sua maturazione precoce, a differenza di questo che, vendemmiato a ottobre anche inoltrato, teme le frequenti piogge autunnali che colpiscono soprattutto il versante orientale.
Il clima, freddo e piovoso e dalle escursioni termiche importanti, è solo uno dei fattori che contraddistinguono la viticoltura sull’Etna. I suoli lavici e drenanti, diversi per stratificazioni e composizioni, le esposizioni e l’altitudine sono determinanti nel caratterizzare i vini, soprattutto per vitigni come il carricante, vere pellicole fotografiche che raccolgono l’immagine autentica del territorio.
A modellare questa fotografia ci sono però due grandi filtri, il millesimo e il fattore umano. Il sistema di allevamento, i contenitori di vinificazione e di maturazione, lo svolgimento o meno della fermentazione malolattica, l’uso del vitigno in purezza: molte e determinanti sono le variabili affidate all’uomo e ciascun produttore sceglie la propria strada. Difficile stabilire la migliore: la valutazione resta, fortunatamente, soggettiva e relativa. L’importante è non reprimere l’identità caratterizzante del carricante, il suo spirito aspro e forte che, nel bello scrivere di Soldati “raccoglie e fonde, nella sua freschezza e nella sua vena nascosta di affumicato, le nevi perenni della vetta e il fuoco del vulcano”.
di Anita Croci
In collaborazione con AIS Milano.
![]() |
![]() |