CULTURA

CAFFÈ COVA

In collaborazione con Milano da Vedere.

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CAFFÈ COVA

Quanta storia può nascondersi dietro a un banco di dolci? Tanta, se siamo a Milano e specialmente se si parla del Caffè Cova. Si va indietro parecchio eh, comodi.

Il Regno d’Italia è da poco caduto e  Napoleone vive prigioniero a S. Elena. Gli odiati austriaci sono tornati in una città che vede aggirarsi fra le vie un ex soldato al servizio napoleonico e con un grande talento. Ha trovato lavoro in via De Cristoforis,  dove sicuramente un occhio esperto si è accorto del talento di questo ragazzo, Antonio Cova, pasticcere nato e già Mastro. La Scala è già il teatro del mondo e si affaccia ancora su una semplice via, niente piazza. Intorno al teatro tante botteghe, ma non un locale degno dei VIP scaligeri, che preferiscono forse incontrarsi al coperto del Figini in Duomo quando non sono nei salotti o nel teatro stesso.

Antonio ha l’occhio lungo così, nel 1817, apre il suo caffè proprio all’angolo tra via Verdi e via Manzoni. Il primo ancora in età da asilo e l’altro nemmeno trentenne, giusto per capirci. Il locale porta subito il suo nome e nasce così il Caffè Cova. Mossa azzeccatissima, perché la galleria Vittorio Emanuele è ancora lontana di decenni, mentre la prima galleria milanese, la De Cristoforis, arriva solo nel 1832. Il caffè Cova diventa immediatamente il ritrovo degli artisti, dei musicisti, dei maestri. In breve il caffè si trasforma nella fucina culturale della Milano di inizio secolo. Un lusso esclusivo. Tutti vengono qui, tutti si incontrano qui. Nobili, letterati, politici. Chiunque conti, si siede al Caffè Cova.

Volevate un dolce? Qui. Volevate un cocktail? Qui. Il caffè si ingrandisce e accoglie le nuove generazioni milanesi e con esse culla il fervore milanese del ’48 bisbigliato al Cova, preparato nei salotti ed esploso nelle strade. Poi si torna alla vita di tutti i giorni. Teatro, composizione, un giornale tra le mani e Giuseppe Verdi esce dal Cova e passeggia in piazza Scala, ora aperta. Nel frattempo sono state costruite le gallerie di Milano, i nuovi salotti, ma il Caffè Cova resta il punto di riferimento, per Verdi come per Toscanini, fino al disgraziato agosto del ’43. Il caffè è distrutto, come la città. Il teatro è subito ricostruito, mentre il locale si sposta e riprende vita in Montenapoleone per non spostarsi più. Esclusivo, elegante, Cova continua la sua storia, insieme a Milano.


GALLERIA CAFFÈ COVA

 


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