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Birra artigianale e sai cosa bevi?

Birra artigianale e sai cosa bevi?

Milano Platinum AIS Milano

In collaborazione con AIS Milano.


I primi giorni di luglio 2016 è stata approvata dal Parlamento italiano una nuova normativa, lungamente attesa da tutto il comparto, che definisce cosa è la “birra artigianale” e chi la può produrre.

Così il testo: “Si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione“. Dunque per poter essere chiamata “artigianale” una birra deve essere prodotta da un piccolo birrificio indipendente che per essere definito tale deve limitare la sua produzione a 200.000 ettolitri all’anno (contando anche la produzione conto terzi) e non avere legami di proprietà con altri birrifici né produrre sotto licenza.

Contrariamente alla normativa precedentemente in vigore, vi è ora distinzione tra microbirrificio e grande impianto industriale; l’intento appare chiaro e va nel senso di tutela delle piccole realtà produttive alle quali potranno, successivamente, essere applicate anche aliquote di imposizione fiscale vantaggiose o oneri amministrativi ridotti.
Negli ultimi anni il numero dei piccoli birrifici è cresciuto rapidamente; oggi si contano oltre 700 piccole realtà produttive che nel 2014 hanno prodotto complessivamente 450 mila ettolitri (il 3% della produzione nazionale) per un fatturato medio annuale intorno al mezzo milione di euro.

Anche il processo di produzione viene coinvolto nella definizione prevedendo un indispensabile intervento umano e vietando l’applicazione di alcune delle pratiche tipiche della produzione industriale quali la pastorizzazione e la microfiltrazione. Questa previsione evita la confusione possibile con la birra industriale o, meglio, con quella sottoposta a processi produttivi industriali.

Ma non basta questo a definire una birra artigianale come birra di qualità. Purtroppo la normativa non menziona in alcun modo le caratteristiche qualitative e le materie prime utilizzabili per la preparazione di una birra di artigianale. Se è vero che il metodo di produzione definito può divenire sinonimo di qualità non si può dire lo stesso per l’utilizzo delle materie prime. Inoltre la normativa nulla dice in merito all’utilizzo di additivi chimici o di conservanti.

Nella norma vi è un semplice rimando all’incentivazione della produzione e della trasformazione del luppolo sul territorio nazionale (compatibilmente con i vincoli definiti dalla legislazione comunitaria in materia di aiuti di Stato); la mancanza di una definizione delle materie prime da utilizzare o degli additivi vietati non aiuta certamente il consumatore nell’individuazione di prodotti di qualità.

di Paolo Valente


In collaborazione con AIS Milano.

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