Beauty and the Beast sul Canal Grande

Nel sempre ricco e variegato panorama degli eventi collaterali alla Biennale d’Arte di Venezia, quest’anno spicca una piccola e originale mostra dal titolo intrigante Beauty and the Beast. La sede dell’esposizione è scenografica, il cinquecentesco Palazzo Tiepolo Passi affacciato sul Canal Grande, e il tema trattato di grande attualità: il rapporto degli esseri umani con l’ambiente e la conseguente sua e nostra sopravvivenza.
Didier Guillon, presidente e direttore artistico del Gruppo Valmont (prestigiosa Casa svizzera di prodotti anti invecchiamento di alta gamma) cui fa capo la Fondazione Valmont, promotrice della mostra e impegnata nella diffusione dell’arte contemporanea e nel sostegno a nuovi talenti, ha coinvolto in questo progetto due brillanti artisti, l’americana Judi Harvest e il francese Quentin Garel, affidandone l’allestimento a un altrettanto valido duo di curatori, Francesca Giubilei e Luca Berta.
Ma veniamo alla sostanza. Harvest e Garel, prendendo spunto dalla celebre fiaba che dà il titolo alla mostra, hanno creato opere-metafora dei due personaggi, seguendo la loro personale poetica espressiva. Ecco, allora, Judi Harvest che per rappresentare la Bellezza si ispira al mondo delle api, dove regna l’armonia e la cooperazione, e crea un meraviglioso alveare (Monumental Hive) in porcellana, cera d’api, rete metallica, resina e foglia d’oro oppure vasi di miele in vetro di Murano e rete che sono anche vascelli-capsule del tempo (il nome inglese dell’opera, Honey Vessels, si presta alle due interpretazioni) per trasportare la bellezza nel futuro, con la speranza che la vita continui. Le api, infatti, non dobbiamo dimenticarlo, sono un indicatore ambientale sensibile e, se scomparissero, senza il loro lavoro di impollinazione sparirebbero anche centinaia di piante, tra cui decine e decine di quelle alimentari che ci forniscono cibo.
Garel si occupa della Bestia, cioè dell’uomo che, nonostante il forte legame con la natura e le altre specie, perde la sua umanità e, per sete di potere, distrugge il mondo in cui vive, cercando di sottometterlo. Si spiegano così le sue possenti opere in legno, bronzo e ceramica che rappresentano animali mutanti come i vitelli siamesi (Bosferatu) dei quali vediamo solo l’unica mostruosa testa, oppure creature selvagge e preistoriche delle quali restano solo parti di crani fossili e denti aguzzi, come per la balena killer (Cachalorca) e il macairodonte dai denti a sciabola (Tigre à dents de sabre). Anche quello che dovrebbe essere un familiare cranio di gatto (Felix), in legno e terracotta smaltata, colpisce e inquieta per le dimensioni non naturali.
Ma come possono dialogare due mondi così distanti, quello così bello ma fragile delle api e quello espresso dal lato bestiale della nostra natura? L’incontro avviene nella seconda sala dedicata alla mostra al piano nobile di Palazzo Tiepolo Passi che si illumina, dopo la penombra della prima sala, grazie alle luce che entra dalle finestre sul Canal Grande. È qui che si fronteggiano e iniziano a comunicare l’alveare di cui abbiamo già detto e il volto immenso, altrettanto meraviglioso, di un gorilla (Masque de gorille) in legno policromo, con un intenso sguardo umano.
Nelle due sale, a lato di quest’ultima, a formare un percorso espositivo e narrativo a Y, si trovano le possibili risposte a questo dialogo muto sul nostro futuro. A sinistra, nella stanza rossa, la conclusione positiva è rappresentata dalle centinaia di semi e frutti in vetro di Murano contenuti in tre teche. Realizzati da Judi Harvest utilizzando la lavorazione a lume (con bacchette di vetro da fondere sulla fiamma per i pezzi più piccoli e dettagliati), a cera persa (tecnica usata anche per la fusione del bronzo) e a mano libera (in fornace, con il vetro modellato con l’aiuto di strumenti in legno e ferro) raccontano i tre diversi stadi degli elementi naturali: la teca Past racchiude, infatti, i preziosi semi allo stadio primario da cui si svilupperà la vita, quella Present la vita già formata e, infine, la teca Future l’ibernazione delle varietà genetiche presenti in natura, da conservare per preservare il nostro futuro (e l’effetto frozen dato da Harvest alle sue creazioni fa pensare proprio alla banca mondiale dei semi che esiste in Norvegia in un ghiacciaio delle isole Svalbard).
A destra, invece, nella sala dell’incantesimo c’è la risposta negativa, effetto della perdita di umanità: rami di una una foresta pietrificata e malefica che si intrecciano e catturano i vasi di miele.
Ma poiché le fiabe devono avere un lieto fine, non tutto è perduto… perché i vasi di miele, che sono anche vascelli, sanno trovare la rotta verso il futuro.
Informazioni e orari:
La mostra è aperta fino al 26 novembre 2017 a Palazzo Tiepolo Passi, San Polo 2774, Venezia, con orario 10 – 18. Chiusa il lunedì, ingresso gratuito.