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Aria per l’Acqua

Aria per l’acqua – Uno dei temi che l’umanità deve essere in grado di affrontare in futuro è l’approvvigionamento delle risorse idriche. Tanto per avere un quadro della situazione in cui ci si potrebbe trovare, basta osservare quanto già si verifica in molte zone dell’Africa, in cui la carenza di acqua potabile è alquanto diffusa, generando disagi notevoli, che portano a malattie causate dalle condizioni igienico-sanitarie fortemente deficitarie.

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani sancisce, fin dal 1949, il diritto all’acqua potabile; eppure, l’11% della popolazione mondiale, pari a 768 milioni di persone, non riesce a procurarsi neppure l’acqua necessaria per la sopravvivenza.

Fortunatamente, anche per queste problematiche così gravi, la tecnologia offre un apporto sempre maggiore, sempre più al passo coi tempi e sempre più utile all’uomo, e negli ultimi tempi è diventato chiaro che il modo migliore di produrre acqua è …. estrarla dall’aria.

Per sponsorizzare questo tipo di ricerca sono stati istituiti diversi premi internazionali, tra cui il premio XPRIZE, nato nel 1994, che ha come obiettivo l’incentivazione a progettare nuove tecnologie che aumentino la possibilità di sopravvivenza delle popolazioni più svantaggiate.

Da questo nucleo è poi nato il WATER ABUNDANCE XPRIZE, sotto l’egida di Tata Group e di Australia’s Aid Program. Il premio mette in palio 1,5 milioni di dollari per il miglior team che metta a punto un macchinario in grado di soddisfare le seguenti linee guida:

  • Estrarre almeno 2.000 litri di acqua al giorno dall’atmosfera;
  • Avere un costo totale per litro non superiore ai due centesimi di dollaro;
  • Usare energie rinnovabili al 100%.

Quest’anno il premio è stato attribuito alla startup Skysource, che ha creato il prototipo di un container che, utilizzando l’aria, ricrea al suo interno nuvole artificiali, quindi condensa, che viene poi imbottigliata per diventare acqua immediatamente utilizzabile; tutto ciò partendo dalle biomasse e per mezzo di energie rinnovabili al 100%.

Il prototipo si chiama WEDEW (Wood-to-Energy-Deployed-Emergency- Water) ed è nato sotto la guida dell’architetto David Hertz  e della moglie Lara Doss-Hertz, fotografa.

Si tratta di un container, come detto, esattamente simile a quelli utilizzati per il trasporto merci, chiamato Skywater.

Grazie all’energia generata dalle biomasse (composte da trucioli, noci di cocco e legna messi in un gassificatore), nel container avviene l’incontro di aria calda e aria fredda che genera condensa che a sua volta viene raccolta e imbottigliata.

Inoltre, dal processo di vaporizzazione delle biomasse, si ottiene anche carbone, che può essere utilizzato come fertilizzante per il terreno.

Essendo prodotta in un container, l’acqua può essere utilizzata ovunque, anche in situazioni d’emergenza, in luoghi che hanno subito calamità etc.

La gassificazione delle biomasse, come spiega Skywater, non è una semplice combustione; il processo converte le materie prime vegetali in elettricità, condensa e biochar. Inoltre, lo spazio necessario per la gassificazione delle biomasse è pari a quello di un pannello solare, costando però un decimo di quello.

Le biomasse sono largamente disponibili in molte parti del mondo gratuitamente, essendo i sottoprodotti dell’agricoltura, delle foreste e, addirittura, dei disastri naturali.

WEDEW genera 25 KWh di energia rinnovabile pronta all’uso e può funzionare come una microcentrale per l’accensione di luci e la ricarica di apparecchi elettronici.

Inoltre, crea posti di lavoro là dove esistono i sottoprodotti vegetali già citati in precedenza.

Se facciamo un passo indietro nel tempo, scopriamo che nel 2015 l’Università di Pavia aveva collaborato alla realizzazione di un progetto che non aveva le stesse caratteristiche di autosufficienza, ma aveva comunque l’obiettivo di produrre acqua utilizzando l’aria.

Il sistema realizzato si chiamava Awa Modula (Air to Water to Air) ed era sponsorizzato dalla Seas, Societè de l’Eau Aerienne Suisse.

La macchina era alimentata a elettricità, e consentiva l’uso di fonti rinnovabili, dall’energia solare a quella eolica. Inoltre, produceva aria fredda per la climatizzazione e calore per il riscaldamento dell’acqua sanitaria.

Per spiegarne il funzionamento, il direttore generale della Seas aveva proposto come esempio lo sbrinamento di un vecchio frigorifero che, scongelando, produceva acqua.  In pratica, il loro sistema doveva mantenere la temperatura a due gradi qualunque fosse  quella esterna. L’acqua raccolta veniva poi filtrata e resa potabile con l’aggiunta di sali minerali.

Approfondendo invece un contesto più commerciale, Sharp ha messo a punto un generatore d’acqua che viene proposto come distributore d’acqua per gli uffici. Si chiama Skywell, costa 4.299 Euro, ed è disponibile anche in leasing.

Anche questo macchinario produce acqua potabile utilizzando l’aria circostante e la corrente elettrica. E’ stata ideata da una startup partecipata di Sharp, prendendo come spunto i macchinari destinati a zone di guerra o soggette a calamità naturali.

L’obiettivo principale è la riduzione di uso di plastica che, secondo Sharp, si aggira sulle 700 bottigliette al mese per un ufficio di grandi dimensioni.

Anche Skywell è molto versatile, basta attaccarla ad una presa elettrica ed è pronta.

L’acqua prodotta, anche in questo caso dal raffreddamento e dalla condensazione dell’aria, viene sottoposta a sette stadi diversi di depurazione, dai raggi ultravioletti al trattamento all’ozono. L’acqua viene poi convogliata in due cisterne, una per l’acqua fredda e l’altra per l’acqua calda, che può essere riscaldata fino a 92 gradi.

La produzione media giornaliera è di 18 litri, superiore a quella dei tradizionali distributori che si trovano di solito negli uffici.

Inoltre, la macchina è dotata di uno schermo touch da 7 pollici che permette di dialogare con lei, e di creare profili personali di consumo o di risparmio della plastica.

Chissà che non ci aiuti a liberare i nostri  mari dalla tremenda devastazione a cui sono sottoposti a causa dei rifiuti plastici!