Andrea Berton, nel firmamento degli chef

Andrea Berton, nel firmamento degli chef – Chef Ambassador per EXPO Milano 2015 e vincitore di molti tra i più prestigiosi premi culinari, Andrea Berton ci ha accolto nella sala privata del suo omonimo ristorante, tra i grattacieli del quartiere milanese di Porta Nuova. Nel novembre 2014, a meno di un anno dall’apertura, il ristorante ha ottenuto la prima stella Michelin, a cui si è aggiunto lo scorso 19 giugno il prestigioso premio “Tre forchette” rilasciato dal Gambero Rosso. Ma lo chef friulano, invece che dei suoi premi, ci parla dell’amore che fin da bambino nutre per la cucina.
Quando e come è nata la sua passione per la cucina?
Da bambino, verso i 7-8 anni, quando i miei genitori mi portavano a mangiare nei ristoranti. A me piaceva stare davanti alla porta della cucina e guardare quello che succedeva lì dentro, ero incantato dal vedere tutti i cuochi che si muovevano.
Come descriverebbe la sua cucina?
Attuale, la mia cucina vuole identificare l’ingrediente già alla vista, perché per me l’aspetto estetico di un piatto è importante e deve subito richiamare il gusto. La mia è una cucina immediata.
Ci può raccontare come nascono i suoi piatti?
Non c’è un’unica regola. A volte nascono da qualcosa che mi incuriosisce e così provo a portare la stessa forma in un mio piatto, cercando di trovare gli ingredienti giusti che possano bilanciare l’aspetto estetico e l’aspetto gustativo. Un piatto prima di essere servito ai clienti viene provato e assaggiato molte volte e solo quando siamo pienamente convinti viene inserito nel menù.
Quando facciamo le prove dei nuovi piatti, normalmente su dieci piatti ne approviamo due; alcuni li archiviamo e ci torniamo a lavorare qualche mese dopo con dinamiche nuove.
Come sceglie i componenti della sua “brigata”?
Umiltà e voglia di lavorare: queste sono le principali caratteristiche che deve avere un membro della mia brigata. Poi, naturalmente, ci sono l’intuizione, la curiosità, il gusto, la manualità… sono tante caratteristiche che si devono possedere per fare bene questo lavoro.
Ci può raccontare la sua esperienza con lo chef Gualtiero Marchesi?
Sicuramente è stata una delle esperienze più importanti della mia vita, perché nel 1989, al mio primo lavoro, ho iniziato con quello che in quel momento era il miglior ristorante d’Italia.
Lei ha lavorato in cucine importanti in Francia e UK e ha viaggiato in tutto il mondo per trovare nuovi sapori. Quali sono le differenze tra la cucina italiana e quella degli altri Paesi?
Le esperienze all’estero mi sono servite per capire i metodi di lavoro diversi, ed è importante un confronto con le altre realtà. Noi in Italia abbiamo una grande fortuna: la nostra è la cucina più conosciuta al mondo e quella con i migliori prodotti, solo che finora non siamo stati capaci di valorizzarla nel modo giusto. Questo è sempre stato il nostro limite, ma negli ultimi 7-8 anni c’è stato un cambio di percezione della cucina italiana all’estero e questo ci sta portando grandi vantaggi: la nostra non è più la “cucina della mamma”, ma quella dei professionisti, una cucina che dà molto e che crea grande interesse. Io mi rendo conto quando viaggio, per esempio in Asia, che c’è un interesse fortissimo verso la cucina italiana e verso chi la fa bene, grazie anche ai cuochi italiani che hanno portato all’estero la nostra cucina.
In una passata intervista ha detto che l’ingrediente che non deve mai mancare nella ricetta perfetta è il “buonsenso”. Ci può spiegare meglio questo concetto?
Non dicendo un ingrediente vero ho detto il buonsenso perché in cucina ci vuole buonsenso nel mettere insieme gli ingredienti, nel capire come va gestita una cucina… A mettere insieme tanti ingredienti sono capaci tutti.
Invece un piatto, quando viene assaggiato in un ristorante come il mio o simile al mio, deve far vivere un’esperienza e quindi ogni ingrediente deve rendere il piatto qualcosa di straordinario.
Il ristorante di Andrea Berton è su http://www.ristoranteberton.com/it/
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