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Alice in Doomedland, il “Paese delle Meraviglie” in mostra a Venezia

Fino al 27 febbraio 2022 a Venezia è possibile visitare Alice in Doomedland, la mostra tematica organizzata a Palazzo Bonvicini da Fondation Valmont e dai curatori Luca Berta e Francesca Giubilei, che rivisita Alice in Wonderland in una chiave più contemporanea. 

Le tematiche della ricerca dell’io e dell’attraversamento dell’inconscio tipiche del romanzo di Lewis Carroll sono state reinterpretate da Didier Guillon, Isao, Stephanie Blake e Silvano Rubino. I quattro artisti hanno creato un percorso immersivo e personalizzato, lontano da schemi prestabiliti e volto a stimolare tutti i sensi del visitatore per farlo interrogare e riflettere sul mondo contemporaneo.

È una mostra generata da un grande lavoro collettivo in cui ogni artista ha riportato in vita il romanzo tramite installazioni contemporanee, che sono frutto dei diversi approcci degli artisti: esperimenti acustici, filmici, colorativi, olfattivi, ceramiche e illustrazioni si amalgamano per arricchire le sale del Palazzo Bonvicini.

 

Arte collaborativa, l’esempio dell’installazione The Garden Dreamers

L’esempio lampante del lavoro collaborativo degli artisti è The Garden Dreamers, una sala accogliente e contemplativa in cui ogni artista ha contribuito nella sua ideazione. Dal lavoro di Isao e Stephanie Blake ne è conseguito un manto erboso che per la sua struttura e design ricorda un giardino alla francese che rispetta la stravaganza del Paese delle Meraviglie, arricchito da un viaggio olfattivo a cura di Didier Guillon, che ha raccolto le fragranze tipiche delle montagne svizzere per poi diffonderle in The Garden Dreamers

L’aspetto filmico e poetico è stato, invece, curato da Silvano Rubino, il quale ha creato un video con cui si possono ripercorrere i passaggi chiave del romanzo di Lewis Carroll.  

Una trovata artistica che potenzia il valore simbolico della mostra è la creazione di un percorso in cui ingresso e uscita coincidono tra loro. The Garden Dreamers è il punto di congiunzione, la porta d’ingresso verso il mondo di Alice e il luogo in cui inizia e finisce il percorso che porta il visitatore ad indagare una nuova prospettiva e consapevolezza di sé nel mondo. Una volta terminata la visita, si potrà osservare l’installazione da una prospettiva diversa rispetto a quella di partenza, dal momento che quest’ultima sarà messa in discussione grazie all’emozionante viaggio interiore vissuto all’interno della mostra. 

 

Il percorso nel mondo di Alice

Oltre al The Garden Dreamers ogni artista ha contribuito a creare un’altra installazione. 

Dal giardino si giunge alla sala allestita da Silvano Rubino, Crossing. Ad occhi chiusi. L’allestimento è volto a far compiere al visitatore un viaggio interiore, giocando con scritte di luci al neon e giochi di contrasto di colori: il viola, più scuro vuole evocare ciò che è nascosto dall’inconscio, mentre il giallo rappresenta la luce e la coscienza di sé. 

La sensazione di oppressione che emerge nel libro viene rappresentata da Drink me di Isao e Stephanie Blake tramite la creazione di Alice, una bambola imponente che occupa l’intera sala. La dimensione inadatta di Alice, vuole far mettere in discussione il rapporto con lo spazio circostante e far ripensare a come il proprio corpo si muove all’interno di esso. 

Didier Guillon, infine, tramite The Room of Tears  ha voluto collegare la storia di Alice in Wonderland ai giorni nostri, materializzando dieci possibili sfide personali e universali che potrebbero presentarsi davanti all’uomo. Le sfide personali possono essere legate all’apparenza o alla comunicazione, mentre le sfide universali sono collegate ad eventi che includono la collettività come migrazioni, riscaldamento globale e crisi sanitarie. 

Didier ha deciso di inserire queste sfide all’interno di gabbie blu, né aperte né chiuse, che lasciano un finale aperto in quanto la risoluzione della sfida dipenderà da come o da se si deciderà di affrontarla.

 

The Mad Tea Party, l’installazione di Publicolor

A seguito di un concorso indetto appositamente per ricercare nuovi artisti, è stata selezionata l’installazione dell’organizzazione no profit newyorkese Publicolor. Publicolor è attiva da 25 anni e ha lo scopo di supportare i ragazzi tra i 12 e i 24 anni tramite laboratori creativi e tutoraggio per limitare il rischio di dispersione scolastica. 

Per questa mostra i ragazzi dell’associazione hanno rappresentato uno dei momenti cruciali del romanzo: il momento del tè. In The Mad Tea Party sono riusciti a trasmettere la stravaganza che caratterizza il Paese delle Meraviglie, attraverso la ricostruzione in 2D e 3D della tavolata, contrapponendo una sensazione di leggerezza all’assenza di speranze per un futuro migliore.

 

2001: Odissea nello spazio, la proiezione cinematografica

In conclusione del percorso si unisce la proiezione di 2001: Odissea nello spazio

La proiezione si allinea alla temporalità della mostra, ed è possibile seguire qualche spezzone del film, oppure farsi interamente trasportare in un’altra dimensione appositamente creata da Stanley Kubrik per indagare il rapporto tra l’intelligenza umana e la scienza.