Alberto Massucco, intervista al primo italiano con una vigna nello Champagne

Imprenditore nel settore della metalmeccanica, piemontese, appassionato di sfide e da sempre innamorato di quella parte della Francia che evoca, già nel suo nome, la bellezza, il fascino e la sinuosità di un vino che in tutto il mondo parla la sola lingua dell’eccellenza e dell’eleganza.
Di stampo sabaudo, elegante e fermo, Massucco fa una scelta di campo netta e precisa nella ricerca e nella selezione dei suoi champagne.
Il primo Italiano a possedere una vigna nello Champagne: è forse questa oggi la prima cosa che si pensa quando si nomina Alberto Massucco. Cosa significa per lei questa unicità, sia da un punto di vista professionale che dl un punto di vista della sua vita privata, di uomo?
Non immaginavo di arrivare a tanto, tutto quello che è accaduto e che sta accadendo supera ogni mia aspettativa. Dal punto di vista professionale ovviamente è il massimo della soddisfazione perché, in questo modo, posso dedicarmi completamente a questo meraviglioso mondo che è lo champagne!
Tutto è cominciato nel 2017 con un’azione di scouting, attraverso la quale ho selezionato le maison da importare e distribuire in Italia. Questa attività ha preso l’avvio piuttosto velocemente e, altrettanto velocemente è stata affiancata l’attività di produzione.
In questo modo ritengo che, professionalmente, non si possa davvero desiderare di più: importatore, produttore e proprietario di vigne.
Dal punto di vista della mia vita privata naturalmente questo implica un grande impegno, ma del resto, laddove c’è passione, c’è tutto. Anzi, dal momento che per anni ho dovuto rinunciare a viaggi di piacere, soprattutto in Champagne, a causa di impegni di lavoro e istituzionali, ora sono nuovamente in grado di tornare a viaggiare e dedicarmi così a questa mia grande passione.
Da importatore a produttore, un’evoluzione coerente ma di certo non scontata! Ci racconti di questo percorso…
Come detto, si è trattato di una evoluzione naturale.
Certamente l’incontro e la frequentazione di stimati produttori di Champagne, è stato determinante in questo. Ne sono nate amicizie e rapporti tali il cui risultato è che, a questo punto, ormai, mi considerano uno di loro.
Hanno capito il mio impegno, la mia dedizione e la mia serietà.
Manca poco all’arrivo delle 500 bottiglie numerate di “Mon idée de Cramant“, immagino si tratti di qualcosa di davvero esclusivo… Com’è nata questa etichetta?
Sì, l’uscita è prevista per giugno 2022. L’idea è nata durante una degustazione di vins claire. Quando abbiamo assaggiato questo, origine delle uve 100% Cramant, ho capito subito che sarebbe diventato un grande champagne, merito certamente del villaggio Grand Cru di Cramant, ma anche della sua eccezionale annata, la 2018.
Ricordo di aver pensato: ecco, per me un grande Blanc de Blancs della Cotes de Blanc, di questo villaggio, dovrebbe essere proprio così!
Ed è nata immediatamente l’idea di fare una tiratura limitata di 500 bottiglie.
Per Cuvée Mirede, invece, dobbiamo aspettare il 2023. In un mondo fatto di “tutto e subito”, la vinificazione ci insegna che il tempo dell’attesa non è un tempo “vuoto”, ma al contrario uno spazio di creazione. Come vive questo momento, e cosa significa la nascita di questa speciale Cuvée?
Naturalmente sono molto legato a questa Cuvée, che ho dedicato a mia moglie, purtroppo scomparsa. Lei però è a conoscenza di tutto, sapeva che lo champagne che porta il suo nome avrebbe dovuto riposare per qualche anno e che io, avrei dovuto essere molto paziente in questa attesa.
E’ un omaggio a una grande donna, che mi ha sempre sostenuto e incoraggiato e che mi ha aiutato a raggiungere grandi obiettivi nella mia vita.
Ciò che lei afferma è vero, questo tempo sospeso dell’attesa non è affatto vuoto, ma è creazione. Il vino ha bisogno di tempo, la natura deve fare il proprio corso e noi umani non possiamo fare altro che rassegnarci e adeguarci. Potrebbe anche essere un insegnamento prezioso.
Torniamo indietro. Imprenditore nel settore della metalmeccanica, quando e come si è avvicinato al mondo del vino e ha deciso che non sarebbe più stata solo una passione?
Mi sono avvicinato al mondo del vino sin da piccolo e, in particolar modo, allo champagne all’età di 15 anni.
Ho capito che non sarebbe più stata solo una passione quando ho affidato la gestione del “quotidiano” in azienda e ho potuto volgere lo sguardo a ciò che ho sempre amato.
In questi anni da importatore, qual è stato il filo conduttore per scegliere le etichette?
Sicuramente il prodotto è importante, ma un ruolo determinante lo hanno avuto anche le persone. Con i produttori si instaura un rapporto che va al di là di quello meramente commerciale. Se non c’è feeling con le persone, non è possibile, per me, instaurare una collaborazione lavorativa, soprattutto in questo ambito.
Tutte le etichette sono frutto della mia personale selezione. Rappresento ciò che mi piace.