CULTURASTORIA

1969-2019: i 50 anni dell’Apollo 11 e dell’uomo sulla Luna

1969-2019: i 50 anni dell’Apollo 11 e dell’uomo sulla Luna – Il 12 aprile 1961 il cosmonauta sovietico Jurij Gagarin è il primo uomo a volare nello spazio, a bordo della navicella Vostok 1. Il 20 luglio 1969 l’astronauta statunitense Neil Armstrong era il primo uomo a porre piede sul suolo lunare, seguito da Buzz Aldrin, mentre Michael Collins li attendeva in orbita a bordo del modulo di comando dell’Apollo 11.
In poco più di otto anni l’umanità era riuscita ad abbandonare il proprio pianeta e a portare un essere umano su un altro corpo celeste.
Gli anni che separano i due straordinari risultati sono costellati da missioni e programmi spaziali, tra successi e insuccessi, che caratterizzeranno la “corsa allo spazio”, altro terreno di scontro nella guerra fredda tra le due superpotenze USA e URSS.
A dare il via alla corsa allo spazio è l’Unione Sovietica, con il lancio dello Sputnik, il primo satellite artificiale in orbita intorno alla Terra, lanciato il 4 ottobre 1957. Gli Stati Uniti invece incontrano diversi problemi, che mettono i bastoni tra le ruote ai progetti dell’appena nata NASA (istituita il 29 luglio 1958 con il National Aeronautic and Space Act firmato dall’allora presidente Eisenhower).
Gli Stati Uniti tuttavia incontrano una serie di problemi, che ne ritardano la competitività rispetto all’Unione Sovietica. Dopo essere infine riusciti a portare nello spazio il primo americano, Alan Shepard (il 5 maggio 1961, a bordo della navicella Freedom 7 del programma Mercury), gli Usa decidono di puntare al “bersaglio grosso”: la Luna.

 

“Earthrise”, la celebre immagine scattata il 24 dicembre 1968 dalla missione Apollo 8 – NASA / Bill Anders [Public domain], via Wikimedia Commons

A spronare il Paese a uscire da questo impasse è il presidente John Fitzgerald Kennedy, che il 25 maggio 1961 tiene un discorso al Congresso, annunciando l’ambizioso progetto “far sbarcare un uomo sulla Luna e riportarlo sano e salvo sulla Terra” entro la fine del decennio. L’impresa sembra a molti una pazzia e un azzardato salto nel buio, oltre che estremamente dispendiosa: si è calcolato che l’investimento totale, nell’arco di un decennio, sarà equivalente a 100 miliardi di dollari attuali.
La NASA raccoglie la sfida e in un solo anno una squadra di oltre 500.000 persone tra tecnici, ingegneri e personale si mette alacremente all’opera per dare vita al programma Apollo.
A Houston nasce il Manned Spacecraft Center (oggi Lyndon B. Johnson Space Center), che nel settembre del 1962 sarà visitato dal presidente Kennedy, accompagnato dagli astronauti Scott Carpenter e John Glenn. Sarà in questa occasione che il 12 settembre, alla Rice University, Kennedy terrà un discorso che entrerà nella storia, appellandosi all’orgoglio della nazione con la celebre frase: “Abbiamo scelto di andare sulla Luna e di fare altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili”.
Le difficoltà da superare per il programma Apollo saranno molte, e alcuni si chiederanno anche se ne valga davvero la pena. Soprattutto dopo il 27 gennaio 1967, quando durante un’esercitazione la navicella Apollo 1 verrà distrutta da un devastante e tragico incendio, uccidendo i tre astronauti a bordo: Virgil “Gus” Grissom, Edward White e Roger Chaffee.
Il programma tuttavia riprenderà, prima con una serie di missioni prive di equipaggio (Apollo 4, 5 e 6) e successivamente con quattro missioni con equipaggio (Apollo 7, 8, 9 e 10), i cui successi portano una ventata di fiducia e ottimismo.

 

L’Apollo 11 viene lanciato il 16 luglio 1969 tramite il razzo vettore Saturn V – NASA [Public domain], via Wikimedia Commons

Il grande giorno è finalmente arrivato: il 16 luglio 1969 è la data fissata per l’inizio dell’avventura dell’Apollo 11, la missione che porterà il primo uomo sulla Luna.
Il lancio dal complesso di lancio 39 di Cape Canaveral, in Florida. A bordo i tre astronauti scelti per la storica missione: Michael Collins (pilota del modulo di comando), Edwin “Buzz” Aldrin (pilota del LM) e Neil Armstrong (comandante della missione). A portare in orbita l’Apollo 11 è il colossale Saturn V, il razzo multistadio sviluppato con la supervisione di Wernher von Braun.
Il potente vettore porta in orbita la navicella dopo dodici minuti dal lancio. Dopo aver compiuto un’orbita e mezza, ha inizio una fase chiave della missione: il terzo stadio del Saturn V spinge la navicella sulla traiettoria verso la Luna, e circa 30 minuti dopo la coppia composta da modulo di comando (denominato Columbia) e modulo di servizio (Eagle) si separa dall’ultimo stadio del razzo per la manovra di aggancio con il modulo lunare.

 

La Terra vista da Apollo 11 poco dopo aver lasciato l’orbita terrestre  – NASA [Public domain], via Wikimedia Commons

L’Apollo 11 inizia quindi il suo viaggio verso la Luna, entrando nella sua orbita il 19 luglio. Dai grandi oblò del Columbia l’equipaggio osserva la desolata superficie della Luna, concentrando l’attenzione sul Mare della Tranquillità, il punto previsto per l’allunaggio. La scelta del sito di allunaggio era stata effettuata sulla base dei rilevamenti effettuati dalle sonde Ranger 8 e Surveyor 5, e si riteneva avesse una conformazione piuttosto piatta e liscia, senza grosse difficoltà per la delicata manovra di allunaggio e per le successive attività extraveicolari.
Finalmente, il 20 luglio Armstrong e Aldrin entrano nell’Eagle, il modulo lunare, dando il via agli ultimi preparativi in vista della discesa sul suolo lunare. Il distacco avviene prima che l’Apollo 11 passi dietro la Luna, facendo perdere il segnale e le comunicazioni con Houston. La manovra avviene con successo, mentre dal Columbia Collins osserva l’integrità della navicella e il corretto dispiegamento delle gambe per l’allunaggio. L’eccitazione per l’imminente impresa trapela dall’esclamazione di Armstrong, “The Eagle has wings!” (“L’Aquila ha le ali!”).
Tutto sembra andare come da manuale, ma è a questo punto che iniziano i problemi. Le comunicazioni con Houston sono molto disturbate, tanto che Collins deve fare da tramite con il LM, riferendo ad Armstrong e Aldrin le indicazioni dalla NASA. A eggiorare la situazione, Armstrong si rende conto che l’Eagle sta superando la posizione prevista dal piano di volo (più tardi si capirà che all’origine vi erano anomalie gravitazionali, causate da concentrazioni di massa al di sotto della superficie lunare).
Arrivati a soli 10 km dalla superficie lunare, ecco un altro problema: un errore del computer di navigazione, indicato come allarme 1202. L’equipaggio e il controllo missione cercano freneticamente di capire di cosa si tratta, e la soluzione arriva dal giovane ingegnere Steve Bales, guidance officer (GUIDO) a Houston. Bales intima di far proseguire la missione, spiegando che l’allarme indica che il computer si sta riavviando (successivamente verrà appurato che il problema era dovuto a un sovraccarico di dati).  
La vicenda testimonia l’affidabilità dell’AGC (Apollo Guidance Computer) e del sistema operativo di guida, realizzato presso il MIT sotto la supervisione della giovane programmatrice Margaret Hamilton.
A poche centinaia di metri dalla superficie, Armstrong si rende conto che il sito dell’allunaggio si presenta più roccioso del previsto, con grandi massi che potrebbero danneggiare la navicella e compromettere la missione. Armstrong decide di pilotare manualmente l’Eagle, sorvolando la zona in cerca di un punto migliore per l’allunaggio. Deve tuttavia fare i conti con il carburante: la manovra imprevista richiede un consumo maggiore, e giunti a 30 metri dalla superficie l’Eagle ha propellente disponibile solo per altri 90 secondi (parte del carburante servirà naturalmente per il rientro).
Finalmente Armstrong ordina lo shutdown e l’Eagle compie un allunaggio morbido, a oltre sei chilometri dal punto previsto per l’allunaggio.

“Houston, Tranquility Base here. The Eagle has landed”: Armstrong annuncia che l’Eagle si è posato sulla superficie lunare, alle ore 20.17 (in Italia sono le 22.17) di domenica 20 luglio 1969.
Il controllo missione a Houston esplode finalmente in un boato di gioia e sollievo.

 

Una delle poche immagini di Neil Armstrong sulla Luna, fotografato da Buzz Aldrin  – NASA [Public domain], via Wikimedia Commons

Il programma della missione prevedeva, dopo aver completato i controlli, che i due astronauti riposassero per qualche ora, per poi prepararsi all’uscita. Armstrong e Aldrin, comprensibilmente, non chiusero occhio. I due astronauti procedettero quindi con i preparativi per la prima attività extraveicolare sulla superficie lunare, con l’ok di Houston.
Il portello viene quindi aperto, e non senza qualche difficoltà Armstrong inizia la discesa sulla superficie lunare. Mentre percorre i nove gradini della scaletta, Armstrong tira l’anello a “D” per aprire il Modular Equipment Stowage Assembly (MESA) posto su un lato dell’Eagle, attivando anche la telecamera, per riprendere in diretta lo storico evento.
Sei ore dopo l’allunaggio e dopo aver pronunciato la storica frase “That’s one small step for [a] man, but [a] giant leap for mankind” (“Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l’umanità “), Neil Armstrong è il primo essere umano a camminare su un altro corpo celeste.
Dopo circa 20 minuti viene raggiunto da Buzz Aldrin, che descrisse il panorama lunare come una “magnifica desolazione”.
I due astronauti piantano insieme la bandiera degli Stati Uniti, per poi procedere con la raccolta di campioni del suolo lunare da riportare sulla Terra.
Vengono inoltre posizionati diversi strumenti scientifici, tra cui un sismografo passivo e un retroreflector (dispositivo composto da celle multi-specchio, orientato in modo da riflettere la luce di un laser puntato dalla Terra verso la Luna).

 

Buzz Aldrin fotografato da Neil Armstrong – NASA [Public domain], via Wikimedia Commons

Sulla Luna gli astronauti lasciano anche altri oggetti: una targa della missione Apollo 1 (in memoria dei tre astronauti morti tragicamente), una borsa commemorativa con una replica in oro di un rametto d’ulivo e un disco contenente le dichiarazioni di buona volontà dei presidenti Eisenhower, Kennedy, Johnson e Nixon, oltre ai messaggi dei leader di 73 Paesi. Lasciano anche una placca con l’iscrizione: “Qui uomini dal pianeta Terra
 misero piede per la prima volta sulla Luna 
nel luglio del 1969 d.C.
Siamo venuti in pace per tutta l’umanità”.

 

L’impronta di Aldrin sulla superficie lunare – NASA [Public domain], via Wikimedia Commons

Mentre Armstrong e Aldrin erano sulla superficie lunare, in orbita li attendeva Michael Collins, che alcuni definirono “l’uomo più solo del sistema solare”. Durante le 21 ore trascorse in orbita, Collins tuttavia non si sentì mai solo, provando piuttosto “consapevolezza, soddisfazione, fiducia, quasi esultanza”.

 

Lo stadio di ascensione di Eagle mentre si avvicina a Columbia, per la manovra di “rendezvous”  – NASA [Public domain], via Wikimedia Commons

Arriva infine il momento del ricongiungimento con il modulo di comando Columbia, e una volta effettuato il modulo lunare venne rilasciato in orbita lunare (in seguito si sarebbe schiantato sulla superficie).
Il rientro sulla Terra avviene il 24 luglio, con l’Apollo 11 che si tuffa nel Pacifico. I tre astronauti vengono recuperati dalla “USS Hornet”, dove ad accoglierli trovano il presidente Nixon. Secondo quanto prevede la Extra Terrestrial Exposure Law, i tre astronauti vengono posti in quarantena fino al 10 agosto.
Il 13 agosto i tre astronauti vengono celebrati con una “ticker-tape parade” a New York, e il 16 settembre terranno un intervento durante una sessione congiunta del Congresso. Le celebrazioni continueranno in un tour mondiale dal 29 settembre al 5 novembre, che porterà gli astronauti in 22 Paesi.

Con l’Apollo 11 si realizza il sogno di John Fitzgerald Kennedy, che purtroppo non poté assistere al compiersi dell’impresa:

“We choose to go to the Moon! We choose to go to the Moon…We choose to go to the Moon in this decade and do the other things, not because they are easy, but because they are hard; because that goal will serve to organize and measure the best of our energies and skills, because that challenge is one that we are willing to accept, one we are unwilling to postpone, and one we intend to win, and the others, too”.

“Abbiamo deciso di andare sulla Luna. Abbiamo deciso di andare sulla Luna questo decennio e di fare altre cose, non perché siano semplici, ma perché sono difficili, perché questo obiettivo ci permetterà di organizzare e di mettere alla prova il meglio delle nostre energie e capacità, perché questa è una sfida che vogliamo accettare, non abbiamo intenzione di rimandarla e abbiamo intenzione di vincerla, così come le altre”.

[Rice University, Houston, 12 settembre 1962]