STORIA

100 TONNELLATE E 3000 PAGINE: MILANO NELLE LAPIDI

100 TONNELLATE E 3000 PAGINE: MILANO NELLE LAPIDI –

MilanoPlatinum Storica National Geographic

In collaborazione con la prestigiosa rivista STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC esploriamo il patrimonio di memorie racchiuse nelle iscrizioni presenti ovunque a Milano, una delle città italiane il cui patrimonio lapidario è più ricco, più vario e più curioso.


100 TONNELLATE E 3000 PAGINE: MILANO NELLE LAPIDI

Messaggi dal passato

A Milano c’è una storia scritta sui muri: è un libro di quasi tremila pagine e pesa circa 100 tonnellate, sconosciuto ai più, abituati alla fretta e poco avvezzi a stare a naso in su. Si tratta delle lapidi sparse per la città: circa tremila, appunto, testimonianza della tenacia con la quale i nostri avi hanno voluto lasciare segni indelebili del loro presente, di personaggi, glorie e sventure, a noi, uomini e donne del futuro. La lapidistica milanese è, per quantità, varietà e curiosità, una delle più ricche d’Italia. Negli anni Settanta il giornalista Alberto Delfino fece un monumentale censimento delle lapidi milanesi, rivelando storie bizzarre, toccanti ed eroiche.

Martiri del Risorgimento

Ci sono le lapidi dedicate a luoghi e personaggi del Risorgimento. In via Monte di Pietà 15 sono ricordati Luigi Porro Lambertenghi e Silvio Pellico, ormai dimenticati tra le pagine di polverosi libri di scuola: Il marchese Luigi Porro Lambertenghi illustre per iniziative e per opere umanitarie e patriottiche abitò in questa casa prima di sottrarsi con l’esilio ai processi politici del 1821, nei quali veniva condannato a morte. Qui fu arrestato Silvio Pellico il 13 ottobre 1820. Questo ricordo fu posto per voto del Comune. E di fronte, al numero 14: Milano a chi sofferse il martirio e precorse la vittoria consacra – 1821-1921. Il conte Federico Confalonieri, che con l’indomita fortezza dell’animo e con il lungo martirio dello Spielberg insegnò ai suoi concittadini con quali sacrifici e con quali virtù si preparano migliori destini alla patria, fu in questa casa arrestato la notte del 13 dicembre dell’anno 1821 – Il Comune pose.

Assalto al Duomo

Un episodio poco conosciuto è quello ricordato in Corso Venezia 37. Il muro non è quello originale: la lapide era originariamente sulla fiancata della “Casa dei Ciani” o “Casa rossa”, una tipica costruzione lombarda purtroppo abbattuta durante la speculazione edilizia del 1930. Il conte Luigi Torelli, nelle Cinque Giornate fremente di audacia balzò per primo sul Duomo, dando impeto di vittoria alla rivoluzione. Un’azione puramente dimostrativa ma sicuramente suggestiva.

Cuore di romano antico e nome sbagliato

La lapide più “sbadata” è quella che cambia il nome ad Amatore Sciesa e lo fa diventare Antonio. Eroe risorgimentale per eccellenza, popolano seguace di Mazzini, andò a morte sereno, rifiutando la comoda via della delazione. Se ormai anche lui è chiuso tra le pagine di libri antichi (ma io ricordo di averne sentito parlare alle elementari…!), la sua storia è scolpita sotto il cielo, all’angolo tra via Cantù e Piazza Pio XI: Tiremm innanz – Così con cuore di romano antico, incamminato a morte, Antonio Sciesa milanese all’austriaco gendarme che vita e denaro gli offriva a patto di delazione, sprezzante e sdegnoso rispondeva. L’errore nel nome deriva dal fatto che fu il tribunale austriaco, nell’emettere la condanna capitale, a riportarlo sbagliato.

Gaetano Previati, Fucilazione di Amatore Sciesa, 1875 ca. (public domain, via Wikimedia Commons)
Gaetano Previati, Fucilazione di Amatore Sciesa, 1875 ca. (public domain, via Wikimedia Commons)

Quando viale Certosa era campagna

Ci sono poi molte lapidi che ricordano la presenza di artisti. Per esempio, in via Lanzone, angolo S. Ambrogio, c’è la casa abitata da Francesco Petrarca dal 1353 al 1358. Laura era morta nel 1348 e Petrarca aveva vagato un po’ per tutta Italia, finché a Parma aveva incontrato l’arcivescovo Giovanni Visconti, che gli aveva offerto un incarico a Milano al servizio della sua famiglia. Petrarca abitò in via Lanzone, recandosi spesso anche “in campagna”, in una villa messagli a disposizione dai Visconti  nei pressi della Certosa di Garegnano (in fondo all’attuale viale Certosa).

Giordano Bruno, protettore degli operai

Milano è una delle poche città italiane ad aver dedicato una lapide a Giordano Bruno. Verso la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, molte società operaie di mutuo soccorso si diedero proprio il nome di Giordano Bruno. La lapide, semplice ma polemica, si trova in piazza Mentana: Giordano Bruno, banditore audace di altissimi e fecondi veri, maestro di libertà in secolo nefando per doppia tirannia di principato e di chiesa ascese impavido il rogo il XVII febbraio MDC – Il popolo ricorda e spera – CCCVII anni dopo la sua morte scolpisce il nome del Martire per auspicio di giorni meno indegni di lui.

Giordano Bruno in Campo de' Fiori a Roma (public domain, via Wikimedia Commons)
Giordano Bruno in Campo de’ Fiori a Roma (public domain, via Wikimedia Commons)

Dibattiti tra Canova e Napoleone

In via Santa Maria Valle 2 c’è un’iscrizione un po’ misteriosa che va spiegata: Reduce dai memorandi colloqui con Napoleone I a Parigi, Antonio Canova ospite dell’amico Giuseppe Bossi, dimorò in questa casa nel dicembre 1810. Giuseppe Bossi, amico di pittori e scultori e a sua volta artista, aveva ospitato Canova, il massimo scultore neoclassico italiano. L’accenno ai colloqui tra Canova e Bonaparte si riferisce al fatto che lo scultore aveva aspramente rimproverato l’imperatore per il suo sistematico saccheggio di opere d’arte italiane da portare in Francia. Ma le sfuriate del Canova evidentemente non ebbero l’effetto sperato.

Turisti famosi

Frequenti anche le lapidi “turistiche”, che registrano il passaggio di personaggi illustri: così per Mozart, in piazza San Marco 2, un tempo sede dei Padri Agostiniani dai quali il musicista fu ospitato dal 23 gennaio al 15 marzo 1770. In corso Venezia 51 abitò Stendhal dal giugno all’ottobre del 1800, mentre in via Tommaso Grossi 2 si testimonia il soggiorno di Giacomo Leopardi, dal 30 luglio al 26 settembre 1825, invitato dall’editore Stella per dirigere una ristampa delle opere di Cicerone. Più recente, ma evocativa, quella dedicata a Ernest Hemingway, ferito sul fronte del Piave e accolto e curato nell’estate del 1918 in una casa di via Armorari 4, adibita a ospedale della Croce rossa americana: Qui inizia la favola vera di “Addio alle armi”.

Le forti voci del presente e i presagi dell’avvenire

La vita di Alessandro Manzoni è tutta in quattro lapidi. In via Uberto Visconti di Modrone 16, dove nacque il 7 marzo 1785; nella chiesa di S. Babila, dove venne battezzato il giorno dopo; in via Fatebenefratelli 11, dove un tempo c’era il Convitto-scuola Longone: Ricordi questa lapide che qui nel vecchio, glorioso Longone fu convittore e alunno Alessandro Manzoni; fanciullo meraviglioso, accoglieva nella fervida mente visioni d’arte, pensieri di bontà e di bellezza, tormenti e speranze, le forti voci del presente, i presagi dell’avvenire. In via Morone 1, infine, visse e morì Alessandro Manzoni. Così, laconicamente.

A morte il chiaro di luna

La più eccentrica è probabilmente quella dedicata a Filippo Tommaso Marinetti, in corso Venezia 21/A: Questa è la casa dove nel 1905 Filippo Tommaso Marinetti fondò la rivista Poesia: da qui il movimento futurista lanciò la sua sfida al chiaro di luna specchiantesi nel Naviglio.

Un artista sfortunato

I nomi e gli eventi sarebbero ancora numerosi: Alessandro Volta, Francesco Hayez, Giuseppe Verdi, Melchiorre Gioia; poi le lapidi con memorie resistenziali, che meriterebbero un percorso a parte. Mi piace chiudere, per le circostanze sfortunate della sua morte, con il pittore Tranquillo Cremona, ricordato in via Solferino 11. Nato a Pavia nel 1837, Tranquillo Cremona morì il 10 giugno 1878 per un atto di imperdonabile leggerezza: un’infezione contratta stemperando i colori sulla mano nuda, senza guanti, lo stroncò dopo un’agonia di due giorni.

Tranquillo Cremona, Le curiose, 1876-1877 (public domain, via Wikimedia Commons)
Tranquillo Cremona, Le curiose, 1876-1877 (public domain, via Wikimedia Commons)

PER APPROFONDIRE – 100 TONNELLATE E 3000 PAGINE: MILANO NELLE LAPIDI

  • Alberto Delfino, La storia di Milano nelle lapidi. Un libro da 100 tonnellate. Pubblicazione edita dall’Ufficio Stampa del Comune di Milano, marzo 1972.